Il Codice di Chitarrella
[ inizio pagina ] Note storicheChitarrella: chi era costui? L'unico fatto certo è che egli pubblicò, nel 1750, un trattato nel quale codificava le regole dello Scopone e di altri due giochi di carte in voga al suo tempo: il Mediatore e il Tressette. Per il resto nulla si sa di preciso: forse era un prete napoletano, forse un monaco domenicano. Il Saracino se lo immagina “come un buontempone spregiudicato che dettando le regole del gioco del Mediatore consiglia: Se puoi guarda il monte e le carte degli altri, le tue a suo tempo (regola n. 39). La stessa raccomandazione è ribadita nella regola n. 28 del Tressette. Con la regola n. 40 del Mediatore però costui si pone decisamente tra i tipi coi quali non è preferibile giocare dal momento che consiglia, nel mescolare le carte, di far mazzone, di mettere cioè tutte le carte buone unite!” (p. 41). Chitarrella ha tuttavia un merito speciale: quello di aver codificato un gioco piuttosto diffuso al suo tempo, un gioco, non dimentichiamolo, di antica origine italica. Il Codice del Chitarrella rappresenta ancora oggi il riferimento normativo più valido e autorevole per mantenere lo Scopone nella sua purezza storica e nella sua smisurata ricchezza di gioco. Origine dello scopone. Scrive Saracino (p.42). L’origine del gioco è certamente antichissima. Chitarrella nel suo trattato pubblicato nel 1750 ci dice che all’epoca sua il gioco era già diffuso al di qua e al di là del Po (regola seconda). Sappiamo che il gioco non è semplice: quindi il fatto che era giocato, oltre due secoli orsono, praticamente in tutta Italia ci fa supporre che debbano essere trascorsi parecchi secoli prima di arrivare ad una tale diffusione, specie se si tien conto del quasi totale analfabetismo di quei tempi e della situazione politica della nostra Penisola sminuzzata in tanti staterelli. In un’antica biblioteca di qualche angolo d’Italia forse esisterà qualche testo manoscritto che risalga all’epoca della invenzione o alle immediatamente successive, con tutte le brave tabelle dei calcoli su per giù come quelle fatte da noi. I primi praticanti del gioco dovettero costituire una élite ed essere davvero formidabili con tanto di testi e tabelle alla mano! Col passare del tempo il gioco si propagò tra le classi meno colte o addirittura incolte, i testi caddero in disuso e si continuò a mandare a memoria le nozioni apprese dalla viva voce degli anziani con l’inevitabile risultato della decadenza del gioco stesso. Chitarrella, che codificò tutti i giochi vigenti all’epoca sua, non ebbe certamente tra mano uno di quegli antichi testi manoscritti, altrimenti sarebbe stato molto più dovizioso di notizie su tutto il gioco mentre si contentò di fissare - senza andare in fondo alle cose - i termini essenziali del gioco stesso. Validità del Codice di Chitarrella. Come ho già detto, l'aspetto più importante delle regole del Chitarrella è quello di stabilire normativamente il modo in cui lo Scopone scientifico va giocato. Tuttavia, se entriamo nello specifico delle tecniche di gioco, il Codice del Chitarrella presta il fianco a molte critiche e molte regole vanno prese con le molle. Nel loro libro Cicuti e Guardamagna dedicano il primo capitolo, intitolato proprio Rilettura critica delle regole del Chitarrella, a una puntualizzazione teorica e pratica del contenuto tecnico delle regole. Nello specifico, le maggiori critiche si accentrano sul gioco dei sette. Pone dei problemi la regola n. 35, secondo cui il mazziere senza sette deve offrire lo spariglio dei sette. Così pure risulta imprecisa la regola n. 36 circa la presa dei sette da parte dei giocatori. Il lettore interessato potrà trovare nel libro di Cicuti e Guardamagna il dettaglio delle critiche alle due regole citate.
[ inizio pagina ] Il Codice di Chitarrella è scritto in latinetto. La versione italiana qui riportata è quella redatta dal Saracino. Le 44 regole di ChitarrellaScopo sic dicitur quia magna scopaRegola 1. Lo scopone è così chiamato perché è una scopa in grande: la scopa, detta anche scopetta, si gioca con tre carte, lo scopone con nove. E la scopa prende il suo nome dal punto che si fa prendendo tutte le carte in tavola, come se la si scopasse. Regola 2. I giocatori di scopone di qua dal Po adoperano generalmente le carte italiane, i cui semi (come s'è detto nel libro del Mediatore e del Tressette) sono quattro: spade, coppe, denari, bastoni. E ogni seme ha dieci carte: l'asso, il due, il tre, il quattro, il cinque, il sei, il sette e tre figure, la donna che vale otto, il cavallo nove e il re dieci. Di là dal Po si usano le carte che noi napoletani chiamiamo francesi, i cui semi sono quadri, cuori, fiori e picche. Nelle figure c'è il fante al posto della donna e la regina al posto del cavallo. Ma lo scopone classico si gioca con le carte italiane. Regola 3. La carta di maggior valore è il sette, di massimo valore fra i sette quello di danari che si chiama anche sette d'oro; ma il nome classico è sette bello. Seguono, in ordine discendente, il sei, l'asso, il cinque, il quattro, il tre, il due, il re, il cavallo, la donna, per ciò che riguarda la primiera; ma la carta prende quella che le è uguale, di qualsiasi seme, o una somma eguale formata con le carte inferiori. Quindi la carta massima è il dieci, la minima l'asso. Regola 4. Questo gioco si fa con quattro giocatori, due compagni contro due ed è uso frequente cambiare il compagno dopo una o due giocate, in modo che chi è di mano non perde il vantaggio. Giocare cambiando si dice fare il giro. Regola 5. Chi distribuisce le carte è chiamato cartaro o mazziere. Al principio del gioco il primo cartaro si sceglie a sorte, perché ha dei vantaggi, tra gli altri rimanendo ultimo in fine partita a giocare. La scelta si fa distribuendo delle carte scoperte e le convenzioni sono varie, a seconda della consuetudine o della volontà dei giocatori: generalmente chi riceve il primo asso è il primo a far le carte. Regola 6. Il cartaro scelto mescola, il giocatore a sinistra alza, quello di destra è di prima mano. Anche gli avversari possono, volendo, mescolare, ma il cartaro ha il diritto di mescolare per ultimo. Regola 7. L'uso più frequente oggi è di distribuire le carte dalla parte superiore del mazzo, ma nello scopone classico, per la maggior cautela possibile, la distribuzione si fa dalla parte inferiore. Regola 8. Si distribuiscono 36 carte, nove per ciascuno e quattro se ne mettono scoperte in tavola. A ciascuno si dà una terna di carte per tre volte. Se ne pongono quattro sul tavolo, due alla volta nelle prime distribuzioni. Ma così queste che quelle ad arbitrio del cartaro. Regola 9. Se il cartaro scopre in tavola tre re, rimescola e fa una nuova distribuzione, perché tre re impediscono le scope per tutto il corso della partita. Regola 10. Se nel distribuire le carte avviene un errore è in facoltà del primo di mano volere che si rifacciano le carte o si corregga l'errore. Ma se l'errore consiste in qualche carta caduta a terra o scoperta, bisogna rimescolarle; e le dà di nuovo lo stesso cartaro, perché né lui né chi è di mano devono perdere il proprio vantaggio. Ma in un gioco rigoroso, specialmente in una gara, è meglio riparare ad ogni errore rimescolando. Regola 11. Chi è di mano piglia, come si è detto, dalla tavola la carta uguale a quella che gioca o due o più carte che, sommate insieme, fanno il numero della carta giocata; ma, se in tavola c'è l'uguale, non si può fare la somma delle altre. Se le carte in tavola permettono di fare la somma in vari modi, il giocatore può scegliere quella che gli sembra più utile. Se, scoperta la carta, c'è da prendere, non si può rinunziare alla presa. Non volendo prendere si scopre una carta con cui prendere non è possibile. Regola 12. L'ultimo giocatore che prende, prende tutte le carte, anche quelle degli altri giocatori dopo di lui che restano senza presa. Regola 13. Quando la carta è giocata è assolutamente vietato ritirarla. Regola 14. Se il giocatore trova in tavola soltanto una carta uguale a quella che egli ha o soltanto più carte che sommate fanno la sua, mette una scopa che vale un punto. Allora la carta di scopa la pone sotto il mazzo delle carte prese da lui e dal compagno scoperta e visibile. Regola 15. In fine di giuoco con l'ultima presa non si può fare scopa. Regola 16. I punti detti di mazzo sono quattro: le carte, se uno ne fa più di venti, cioè più della metà del mazzo; i denari, se ha preso più di cinque denari o ori; Settebello; primiera. Regola 17. Per mettere insieme la primiera, le carte maggiori sono i sette, come si è già detto; seguono i sei, gli assi, i cinque, sino alle figure, che valgono meno di tutte. Regola 18. A ciascuna carta nella primiera si dà un numero particolare. Il sette è considerato ventuno, il sei diciotto, l'asso sedici, il cinque quindici, il quattro quattordici, il tre tredici, il due dodici. Tutte le figure, donna cavallo e re, valgono dieci. Regola 19. Messa insieme la primiera con le quattro maggiori carte, una per ogni seme, le due primiere avversarie si confrontano e vince quella che con le carte maggiori può sommare un maggior totale. Regola 20. Se le primiere sono pari, come se sono pari le carte o i denari, il punto si annulla. Regola 21. Nei confronti delle primiere tre sette e un due fanno pari contro un sette e tre sei. Regola 22. Se in una primiera manca del tutto un colore, vince l'avversaria, anche si risulta di una somma minore. Regola 23. Ai quattro punti di mazzo bisogna aggiungere le scope. Regola 24. Vincono i compagni che arrivano primi a 11 punti. Spesso però si va anche a sedici. Se tutte e due le parti fanno undici o sedici contemporaneamente, si seguita fino a che avviene una differenza. Regola 25. Alcuni, a imitazione del Tressette, arricchiscono - come dicono - lo Scopone, facendolo di tre gradi: semplice, se - andando a undici - gli avversari superano i cinque punti; doppio, se non li superano; triplice, se non fanno alcun punto, che si dice “andare cappotto”. Conseguentemente, si paga semplice o doppio o triplo. Regola 26. Nello Scopone di tre gradi, come nel Tressette, molti usano dichiararsi fuori prima della fine della mano, appena sono sicuri di aver fatto i punti necessari per arrivare a undici, e ciò per impedire che gli avversari superino i cinque o, nell'imminenza del cappotto, riescano finalmente a fare un punto. Ma quelli che amano lo Scopone classico, detto anche scientifico, preferiscono giocarlo senza dichiarazione d'esser fuori. Regola 27. Non è permesso vedere di nuovo le carte prese, tanto le proprie quanto quelle degli avversari, fuorché la prima presa. Da alcune parti si usa contare le proprie carte coperte. Ma bisogna ricordarsi che lo Scopone scientifico è un gioco molto rigoroso, nel quale i severi maestri non permettono né di vedere le carte di prima presa né di contare le carte coperte. Regola 28. Questa è la regola fondamentale dello Scopone: Il cartaro e il suo compagno cercano di mantenere pari le carte dello stesso valore, gli avversari di spaiarle. Mantener pari le carte nel corso del gioco serve per prendere bene durante il gioco stesso e ottimamente alla fine; perciò, se gli avversari le spaiano, bisogna cercare di riappaiarle. Per la stessa ragione gli avversari del cartaro devono insistere a spaiarle. Regola 29. Se chi è di prima mano però sa cominciare con una buona presa sulle prime quattro carte in tavola, facilmente scaturisce il mulinello, per cui due prendono continuamente e gli altri due giocano senza prendere. Regola 30. Quando il gioco è verso la fine, è meglio giocare un sette spaiato e conservare una carta pari. Regola 31. Chi non può prendere giochi una carta doppia, di cui cioè ha un'altra uguale in mano. Così induce il compagno a giocare la stessa carta, se l'ha e può farlo senza danno; se l'avversario la prende, la terza con grande probabilità cadrà in suo potere. Regola 32. Ma, anche potendo, il compagno non prenda la carta doppia del compagno, ma gliela lasci. Regola 33. Questa regola del giocare le carte doppie non esclude i sette, perché è meglio arrischiare uno dei due o tre sette che si hanno che doverli mettere in tavola alla fine senza alcuna speranza. Ma se è il cartaro che ha due sette, li giochi solamente in ultimo. Regola 34. Tuttavia il giocatore si ricordi che il sette bello non è solo un punto ma è parte importante della primiera; per cui, se il ritardo può compromettere la presa lo prenda subito. Regola 35. Il cartaro che non ha sette cerchi di spaiarli. Regola 36. Il cartaro non prenda il sette giocato dagli avversari ma lo lasci fare al suo compagno. L'avversario del cartaro prenda il sette giocato dal cartaro o dal suo compagno, non già quello giocato dal proprio compagno. Regola 37. Chi ha in mano il sette bello o due sette, prende sempre quello che è in tavola. Regola 38. Se ti sembra utile prendere anche col pericolo di scopa perché rimane in gioco solo una quarta carta senza sapere chi la possegga - il che si dice giocare contro la quarta - mostrati alquanto pensieroso affinché il tuo compagno capisca ed, evitato un primo pericolo, non incappi nel secondo. Regola 39. Con tre carte simili, anche se sono sette, bisogna giocarne una per tempo e non tenersele tutt'e tre sino alla fine. Regola 40. La scopa è libera. Il giocatore vi può rinunziare se lo ritiene inutile, giocando altra carta. Regola 41. Il cartaro attento, se si ricorda delle carte che sono rimaste spaiate, può alla fine della mano, quando egli è rimasto con due carte e gli altri con una, conoscere dalle carte in tavola quelle che hanno gli altri tre giocatori; e questo si dice fare il quarantotto. Ma si ignora l'origine di questa parola. Regola 42. Chi non ha memoria e non è capace di continua attenzione lasci lo Scopone e vada a giocare a noci. Regola 43. Mantenere le pariglie o sparigliare, evitare che gli avversari facciano il mulinello, capire l'opportunità della presa e trovare un rimedio in caso di bisogno, questo è lo studio grande e sottile che conferisce allo Scopone dignità di scienza. Regola 44. Ricordati, o buon giocatore, che non giochi soltanto con le tue ma anche con le carte del compagno. Bada di non farti allettare da una buona presa immediata, a rischio di pagarne poi il fio, perché la filosofia dello Scopone consiste nel guardare lontano e considerare, di là dal guadagno immediato, l'esito finale. Come negli affari, così nello Scopone. Ut in negotiis sic in scopone[ inizio pagina ] |