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Il Secolo XIX
Sabato 31 dicembre 2000
Lettere al Decimonono
Ma questi auguri sono proprio "cari"?
Il tempo di Natale, si sa, è tempo di auguri. Auguri affettuosi,
cordiali, amichevoli, oppure tanti, tantissimi auguri, auguri infiniti,
e perfino un ardito augurissimi. E chi è incontenibile si cimenti in
auguri pazzeschi, favolosi, indescrivibili, e quant’altro la fantasia
possa suggerirgli. Ma «cari auguri»? Da chi li manda? Tanto meno
da chi deve riceverli! Il giudicare i nostri auguri come cari, cioè
graditi al punto da essere amati, è cosa di assoluta pertinenza del
destinatario, e non del mittente! Questo, più o meno, scriveva il grande
linguista Aldo Gabrielli che pure citava questo giudizio: «Uomo ignoto
alle lettere e così bestiale scrittore che in una lettera stampata
si è sottoscritto Vostro carissimo amico!» E non aveva ancora ascoltato
il nuovissimo avverbio «caramente» (ti saluto caramente, sic!) che per
quanto ho esposto proprio non può esistere perché non ha senso dire
«in modo caro». Aboliamo quest’uso che sta purtroppo dilagando, specie
in televisione, e restituiamo la logica del senso corretto alle parole
che usiamo.
Franco Bampi
Genova, 30 dicembre 2000
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