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Gazzettino Sampierdarenese
Anno XXXIII - N. 3
23
marzo 2005
Un “giocoso manuale per ben parlare in
genovese”
Maniman il "libellulo" di Franco Bampi
È un nostro collaboratore, abita tra noi, ed è il suo momento essendo
un super esperto del nostro dialetto. Io, son nato sul tavolo di cucina
in via Battista Agnese, a San Pier d’Arena; ma i miei genitori erano di
altre regioni ed ovviamente non hanno potuto insegnarmi il genovese; lui
invece non solo lo ha “sorbito” assieme al latte materno, ma può ringraziare
i genitori che l’hanno poi allevato parlandogli anche in dialetto. Di suo
ci ha messo: arrivare ad essere un brillante docente universitario; aver
vinto recentemente un prestigioso premio culturale bandito dalla Associazione
A Compagna; essere dirigente del MIL (Movimento Indipendentista Ligure);
avere una delle più belle famiglie quale tutti desidereremmo avere.
A dicembre è entrato in vendita nelle librerie, edito da “Il Golfo”, a
soli 7,75 euro un suo "libellulo" intitolato “Maniman” e sottotitolato
“giocoso manuale per ben parlare in genovese”. Come scritto nella prefazione,
“riesce a tener insieme due elementi che troppo spesso vengono giudicati
fra loro inconciliabili: la leggerezza, e quindi il piacere della pagina,
e il necessario rigore della proposta divulgativa”.
Gli ho chiesto se il genovese è dialetto, o una lingua come l’inglese,
francese, spagnolo ed italiano. Mi ha spiegato che sicuramente “era una
lingua”, più nobile di un dialetto perché possedeva una parola per ogni
oggetto della natura e dell’uomo: ma negli ultimi cinquant’anni essendo
diminuita nell’uso di tutti i giorni, le sono venuti a mancare i termini
nuovi, quelli per i manufatti moderni, dagli astronauti al computer:
questo particolare potrebbe degradarla a dialetto. Ma ciò non toglie la
sua importanza storica: la parlata genovese nacque e fu scritta prima -
quantomeno contemporanea - dell’italiano dell’Alighieri, ma la lingua
toscana-italiana fu favorita dalla storia stessa dello Stivale,
la quale visse gli anni più attivi e culturalmente decisivi, dal 1200 al
1800, prevalentemente al di là degli Appennini; mentre i Liguri, isolati
dagli stessi monti, linguisticamente rimasero aperti solo dove trafficavano
le navi.
Maniman è parola che - come ci avverte l’autore - non compare sui vocabolari
della lingua genovese, pur essendo invece l’elemento saliente del carattere
dei liguri: siamo quelli del “primma me gh’apenso...”, “stemmo a vedde...”,
meglio non apparire, altrimenti... La mia metà di sangue, quella ligure, emerge
quando leggendo il libretto mi accorgo che “è vero, un po’ sono così anch’io”;
e lo dico sorridendoci sopra, per simpatica scoperta di me stesso e nel contempo
orgoglio di esserlo.
Da secoli e secoli fino ad oggi, la storia elenca che tra i liguri ci sono
stati spesso dei grandi uomini di valore internazionale; ma non sempre riconosciuti
nel mondo, perché non piaceva loro mostrarsi, molto probabilmente velati dal
“maniman”. Ed a mio avviso, anche il super-conosciuto Mazzini, nell’intimo era
così.
Ez.Ba. [Ezio Baglini]
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