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Che l'inse?
dicembre 2009 - numero 49
Bollettino informativo della Associazione Repubblica di Genova
Perché tenere vivi i dialetti?
Franco Bampi
Alcuni, una minoranza in realtà, sono scettici sull’insegnamento dei dialetti
nelle scuole. L’argomento che costoro adducono è che il dialetto non serve e che
è meglio se i giovani imparano innanzi tutto l’italiano e poi, come seconda lingua,
l’inglese. Il dialetto diventerebbe un inutile appesantimento del corso di studi.
La risposta a queste argomentazioni non è difficile. Mi chiedo, e chiedo al
lettore: perché difendere le fasce delle Cinque Terre, le Torri di Albenga o Porta
Soprana? La risposta è quasi ovvia: sono testimonianze che la storia ci ha consegnato
e che noi dobbiamo consegnare ai nostri figli. Certo questi sono beni “materiali”.
Ma oggi ben sappiamo che oltre ai beni “materiali” (le cose) esistono anche i beni
“immateriali” (la tradizione orale) ebbene il genovese è un bene “immateriale”.
Ed è antico: l’Anonimo Genovese scriveva le sue rime in volgare genovese tra il
1291 e il 1311. Per confronto ricordo che Dante ha scritto la Divina Commedia in
volgare toscano tra il 1306 e il 1321. Le parlate liguri che conosciamo noi oggi,
con le ampie diversificazioni che esistono tra città e città e, all’interno delle
città, tra quartiere e quartiere, si sono formate in almeno 700 anni di storia.
Oggi il rischio è che tra 20 anni il genovese sia scomparso perché le famiglie
genovesi (loro e non altri!) hanno a un certo punto deciso di non trasferire più
la nostra antica parlata ai figli. Allora mi chiedo e chiedo al lettore: perché
le fasce e le torri sì, e il genovese no? Qual è la differenza “logica” tra le
due istanze? Nessuna!
Ecco perché è largamente apprezzabile l’impegno che il presidente Burlando si
è assunto quando ha accolto la proposta dell’associazione A Compagna, da me presieduta,
per introdurre l’insegnamento del genovese e delle altre parlate liguri nelle
scuole elementari. Un insegnamento che è fatto su base facoltativa, per far
sapere ai giovani liguri di oggi, che provengono ormai da molte parti del mondo,
che qui esiste ed è ancora viva un’antica lingua, il genovese, che noi adulti
vogliamo consegnare loro confidando in loro per la sua conservazione o, meglio,
per il suo rilancio. Una lingua che, nel medioevo, era lingua franca, che raccoglie
in sé altre lingue mediterranee, dall’arabo allo spagnolo, una lingua ricca di
una letteratura scritta ininterrotta che va dal 1291, appunto, ad oggi. Una
lingua che significava unione, comprensione, tolleranza, e assieme affari,
traffici, commerci; una lingua che sapeva di mare, ma anche, e tanto, di
entroterra montagnoso e boscoso. Una ricchezza che i parlanti in dialetto
possiedono appieno e che va trasferita alle giovani generazioni con il sistema
che da sempre supplisce le carenze delle famiglie: il sistema scolastico!
Pur già gravata da mille impegni e da innumerevoli aspettative, la scuola ha
ancora oggi quel ruolo educativo e conoscitivo che la rende centrale nella
formazione dei giovani. Ebbene questa nostra scuola ha accettato con entusiasmo
e con ampia partecipazione l’idea di contribuire al progetto per l’insegnamento
del genovese nelle scuole.
Il progetto, in questa prima sua realizzazione, vede coinvolte tutte le classi
elementari del comune di Genova. Questa scelta è sostanzialmente motivata dal fatto
che l’ambito territoriale è significativo per numero di abitanti e che la parlata
genovese nell’ambito comunale può ritenersi sufficientemente uniforme evitando di
dover diversificare il materiale didattico, come invece sarebbe necessario se la
sperimentazione fosse fatta in un ambito territoriale più ampio.
Il progetto si articolerà in tre fasi. La prima consiste nella realizzazione
del materiale didattico: un manuale di grafia, per leggere e scrivere in genovese,
due manuali sulle coniugazioni dei verbi, un semplice vocabolario italiano genovese,
un libro di lettura tutto scritto in genovese e un libro di storia, perché si
ritiene che la cultura della lingua locale non possa essere disgiunta dalla
conoscenza di ciò che sul territorio ligure è accaduto. E la storia della
Repubblica di Genova è una storia unica, affascinate e, purtroppo, ancora poco
conosciuta dagli stessi genovesi.
Nella seconda fase si terrà un corso di formazione per gli insegnati che hanno
accettato di condurre questa sperimentazione. Agli insegnanti, che devono essere
di madrelingua genovese, verranno esposte ed illustrate le peculiarità grammaticali
e sintattiche della lingua genovese, in particolare in quelle parti in cui
differisce dall’italiano. In questo modo la conoscenza del genovese da parte
degli insegnanti diventerà attiva e supererà la conoscenza della sola lingua
parlata.
La terza fase è quella più importante: nell’anno scolastico 2010-2011 gli
insegnanti svolgeranno il corso di insegnamento della lingua genovese. L’utilizzo
delle tecniche di insegnamento e del materiale didattico prodotto è lasciata
alla piena autonomia dell’insegnante il quale, alla fine della sperimentazione
darà un suo giudizio sull’esito del corso e sulle eventuali modifiche da
apportare sia al materiale didattico sia all’impostazione dell’insegnamento.
A questo punto saremo pronti per insegnare le parlate locali in tutta la Liguria
e avremo così contribuito a salvare le plurisecolari parlate della nostra bella
e affascinante terra: la terra di Liguria.
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