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Bampi: "C'era una volta il Carroccio, poi è diventato un partito
romano" |
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la Repubblica
Domenica 8 aprile 2012
L'intervista
Bampi: "C'era una volta il Carroccio
poi è diventato un partito romano"
Leggi l'articolo sul sito di "la Repubblica"
AVA ZUNINO
Non scherza quando dice: «Io ho lasciato ma in realtà sono stato espulso dalla
politica, e ritengo che sia avvenuto perché avevo un mio stipendio, decoroso, da
professore universitario». Franco Bampi, docente di Meccanica razionale alla facoltà
di Ingegneria, è stato tra i primi professori prestati alla politica. Esperienza
breve, per qualche anno nella Lega Nord e poi ancora più brevemente in Forza Italia.
Poi si è concentrato sulla genovesità,e oggi è console de A Compagna,
l'associazione per la tutela della storia e della lingua genovesi. Tra parentesi
le sue "lezioni" di genovese su Primocanale sono tra le trasmissioni più seguite.
TRANSFUGA
Franco Bampi lasciò la Lega negli anni '90
Erano i tempi della Lega che in Comune a Genova aveva un consigliere finito
in prima pagina, per aver utilizzato il lavabo dei bagni delle donne come water.
Cosa ci faceva uno come lei?
«Io prendo la tessera della Lega nell'ottobre del 1992. Avevo 41 anni ed ero
convinto di cambiare il mondo. Mi sono iscritto perché pensavo che con la Lega
fosse possibile. Non mi ero mai interessato di politica. Sono riuscito ad entrare
perché quella era la Lega di persone rozze, ignoranti ed io ero professore. Ero
professore ordinario come adesso, il massimo della carriera».
E' andato alla Lega ha detto: sono qui?
«Ho chiesto di fare ciò che ero capace, soprattutto scrivere. Ho fatto due
cose: le sezioni (sette o otto in una Lega che ne aveva moltissime, almeno una
per ciascuna delle 25 circoscrizioni in cui allora era divisa la città) e poi
ho tenuto un corso sul federalismo nella sezione di Voltri. Ho conosciuto molte
persone perché la Lega all'epoca rappresentava un forte desiderio di cambiamento».
Per il professore è stato facile entrare...
«In realtà Bossi e la Lega avevano il terrore di fare entrare persone nuove
perché temevano infiltrazioni».
Infiltrazioni di chi?
«Di qualcuno che potesse sfasciare il movimento. Io a queste cose non ci ho mai
creduto e devo dire che Bruno Ravera (fondatore della Lega in Liguria, ndr) era
aperto. Con lui ho un ottimo rapporto ancora oggi».
Cosa facevano con i nuovi arrivati?
«Tu entravi ed eri socio ordinario, un simpatizzante senza alcun diritto: non
potevi né essere candidato né votare. Questo per un anno o due, non ricordo
esattamente, in ogni caso questi anni non venivano calcolati in mesi, perché
altrimenti si rischiava di "arrotondare", ma in giorni: 720 giorni, cioè due
anni veri».
Così lei fa la "gavetta"...
«E poi la Lega è esplosa nei consensi e alle elezioni del 1993 io ero capolista
con Chiara Formentini numero due. La Lega ebbe un successo enorme: 29,6 per cento
a Genova, più dell'allora Pds solo che noi come partito correvamo da soli mentre
il Pds era in coalizione e diventa sindaco Adriano Sansa. Io divento capogruppo».
"Alle Lega della
Liguria non è mai
interessato nulla
Solo Lombardia
e Veneto" |
Poi cominciano i problemi all'interno della Lega. Giusto?
«Succede quando Bossi si allea con Berlusconi e ricordo un sentimento diffuso
che era anche il mio: a tantissimi non piace quell'alleanza però, una volta fatta
la gente si adegua. Per me diventa insopportabile quando Bossi fa il ribaltone
con D'Alema: allora ho dato le dimissioni. Mi ero anche già dimesso da capogruppo.
Ritenevo che chi era nella Lega dovesse essere più che pulito; non nel senso che
qualcuno non lo fosse ma nel senso che si dovevano mantenere determinati atteggiamenti:
ero molto rigido. Oggi forse lo sarei di meno. Comunque poi ho seguito la Lega da
fuori mantenendo ottimi rapporti».
Il cerchio magico non c'era ancora ma era un partito-famiglia?
«Non ho mai avuto la sensazione che ci fosse un nucleo di comando: comandava
Bossi. Si verificava quello che succede ovunque: chi è vicino al principe ha
qualche privilegio di più. Bossi aveva vicino Maroni, poi Castelli, la Pivetti.
Vivevano tutti al nord. C'era Miglio, un'ottima persona però quando c'è stata la
ragion politica Bossi non lo ha fatto ministro. C'erano piccole cose che
stridevano».
Per esempio?
«Mi ha sempre meravigliato che nella Lega non si sia mai potuto parlare della
Liguria che ha diritto a tornare indipendente: Bossi parlava di secessione che
è una cosa assurda ma della Liguria che ha questi diritti no. Non gliene è mai
importato niente perché non è né Lombardia né Veneto».
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