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La Basara vien dal mare
Il Secolo XIX
Mercoledì 2 gennaio 2008
Le tradizioni dell’Epifania genovese
tra cappon magro e lasagne “bianche”.
Ma da alcuni anni la vecchina arriva in barca
A TAVOLA
La cucina,
nelle feste, seguiva
consuetudini
che infondevano
sicurezza |
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TRA CIELO E TERRA
La Befana,
passando dal
camino, univa cielo
e terra segnando
l’inizio dell’anno |
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ALLO sguardo di un ospite di oggi, il menu della Befana scorre come una coda delle
abbuffate precedenti. Anzi, più è leggero, e meglio appiattirà i sensi di colpa. Invece
un secolo o due fa, quando mangiare non era così colpevolmente di moda, a Genova anche
il giorno dell’Epifania, dell’apparizione dei Re Magi, vantava una propria ricetta di
base. Era la lasagna “gianca” e al pesto a profumare le sale da pranzo. Secondo il detto:
«Epifàgna, gianca lasagna».
In più, il giorno dei Re Magi non veniva considerato come l’ultima festa che le altre
si porta via, bensì la prima importante dell’anno nuovo. Nel ribaltare il significato
di una giornata, per molti genovesi dal dialetto doc,il 6 gennaio era “a pasqueta”,
ovvero la prima ricorrenza importante prima della grande “Pasqua”. Ricorrenza che, a
sua volta, era seguita non dalla “Pasquetta” ma dal più solenne “lunedì del
dell’Angelo”.
LA PASQUETA. La parola “pasqueta” riferita all’Epifania non è un’esclusiva
ligure. Secondo il Dizionario etimologico dei dialetti italiani (Utet,1992) stilato
da Cortellazzo e Marcato, “pasqueta” viene usato anche da Piemontesi, Lombardi, Veneti,
Emiliani e Romagnoli. Alle tradizioni ritrovate ai fornelli, si è dedicato Franco Bampi,
una delle anime della “A Compagna”, l’associazione che dal 1923 studia e mantiene vive
la storia e le consuetudini genovesi. La cucina, soprattutto nelle feste, seguiva
consuetudini che infondevano sicurezza, è il pensiero di Bampi. E ogni parola rispondeva
a una ragione precisa: «Le lasagne erano “gianche” perché candida era la pasta, ovvero
rigorosamente senza uovo, così come vuole l’autentico impasto alla genovese» fa notare
lo studioso.
Bampi, docente a ingegneria, cita, tiene a ricordarlo, Giovanni Rebora, docente di
storia economica ed ex direttore del dipartimento di Storia moderna e contemporanea
dell’università di Genova, morto nel corso del 2007: «L’Epifanìa - precisa lo studioso
- aveva la propria ricetta. E quindi il proprio proverbio: epifàgna, gianca lasagna».
Per tradizione la pasta doveva essere tipo “mandilli de sea”, “di carta sottile” così
come i maccheroni: i genovesi di una volta li mangiavano lievi e poco bolliti. «Le
lasagne cosiddette alla Portofino - fa sapere Bampi - non sono di tradizione genovese.
Perché il pesto non andrebbe mai cotto».
Lapasta, quindi, segna il calendario. Perché se all’Epifania la “lasagna gianca”
era d’obbligo, la teglia della Befana seguiva una lista di piatti sicuri e certi come
il cambio di stagione. A Santo Stefano si pranzava con ravioli di carne e “tuccu”:
carne fatta andare per il sugo buono, il brodo dei maccheroni, invece, doveva essere
“u broddu cu canta in terza” così come ricordò l’attrice Maria Vietz, a indicare un
amalgama di “pittu” (cappone), di magro (muscolo) e di maiale. «Erano tutti piatti
combinati con gli avanzi», sottolinea Bampi la povertà di certe antiche mense.
Dove poi, non arriva la spiegazione scientifica aleggia la fantasia. «Nelle feste
anche all’Epifania veniva cucinato il pesce, senza dimenticare il cappon magro». Ma
com’era la ricetta originaria? «Il pesce si mangiava semplicemente bollito. - sostiene
Bampi - la dicitura “alla ligure”, ovvero con pomodoro e olive, non è autentica. È dei
nostri giorni». Il cappon magro, re di tutte le feste alla genovese, era ed è ricetta
complicata, molto nutriente, ma «non ricoperta di gelatina, come spesso accade oggi,
e neppure impastata di salsa verde: questa andava messa da parte in modo da non coprire
alla sensibilità del palato, gli altri gusti di pesce e verdure».
Rare le occasioni di mangiare bene, per molte famiglie l’Epifania non era l’occasione
per una sfilza di regali bis: «I gochi li portava soltanto u Bambin Gesù. La Befana -
racconta Franco Bampi - dispensava frutta come mele, mandarini, arance o noci. Ai più
fortunati donava dolci. E il carbone era uno spauracchio per tutti». Brutta e
dall’immancabile neo, la Befana scendeva in picchiata sui camini genovesi ed aveva al
suo fianco una sorta di marito. La “Basara”, così come veniva chiamata, faceva paura ai
bambini tanto quanto “u Barbùn” (in realtà u Barbàn, ndr), una specie di
orco, tirato in ballo dai genitori per ammonire i piccoli. Certo, diversi erano i metodi
educativi un secolo fa e differenti le rotte della Befana: «Che poi si mescolò in qualche
modo alla figura del 6 gennaio», sintetizza il ricercatore. In cucina, si sa, venivano
appese le calze di lana o cotone nella speranza che la Befana o chi per lei, le riempisse
di dolci. Le scarpette di cioccolato non esistevano tanto meno quelle fasciate con i
colori della squadra del cuore. Ma molto è cambiato, al punto che da alcuni anni la Befana
dei bambini genovesi arriva addirittura dal mare. Accadrà anche domenica prossima alle
15 circa, al porto antico (calata Falcone e Borsellino), quando la Befana-Basara “marinara”
scenderà a terra da una barca con un carico di doni.
GIÙ PER IL CAMINO. Quando invece passava dal camino - osservano gli antropologi
- univa cielo e terra e segnava l’apertura del nuovo anno. La Befana parlava anche di
vita e di morte, di rigenerazione e prosperità. Secondo l’enciclopedia Treccani,
rammenta Bampi, il personaggio della vecchina, immaginato dalle popolazioni di tante
parti del mondo, passa sulla terra tra il 1 e il 6 gennaio. Nell’ultima misteriosa notte
della sua comparsa, il mondo cambia: gli alberi si caricano di frutti, le acque sono oro
liquido, e le fanciulle pongono foglie d’ulivo sulla cenere calda del camino per trarre
profezie d’amore. Basara o Befana, nel Novecento la vecchina ha smosso anche un dibattito
politico: nel 1977 il governo Andreotti la cancellò dalle “feste comandate”. Ci vollero 9
anni prima che, nel 1985, la festa dell’Epifania tornasse ad essere un giorno di festa
per tutti.
ANNALISA RIMASSA
rimassa@ilsecoloxix.it
La Befana solca le acque del porto antico di Genova
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