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Guglielmo Embriaco

Testa di Maglio

«Il Dialogo», n. 1 - marzo 2000

Chi scende da Sarzano verso il mare, magari percorrendo l’antica Via di Mascherona, giunge in Piazza Embriaci. Lì, dietro il cinquecentesco Palazzo Brignole Sale (Piazza Embriaci 5), ed in esso in parte incorporata, svetta una torre: la Torre degli Embriaci.

Strana storia possiede questa torre. È alta circa 41 metri, tutta in conci bugnati di pietra a vista, con sottili feritoie nelle cortine murarie per l’illuminazione; alla sommità è coronata da una triplice cornice di archetti pensili sempre più aggettanti. Fu restaurata nel 1927 da Orlando Grosso, il quale aggiunse una merlatura guelfa. Di recente un fulmine ne colpì la sommità danneggiandone la merlatura. Ad oggi non è stata intrapresa alcuna opera di ripristino a causa di una singolare questione proprietaria, abbastanza tipica delle case del centro storico genovese. La Torre Embriaci, infatti, è quasi interamente di proprietà comunale, salvo un vano che appartiene ad un privato essendo incorporato in un appartamento dell’adiacente Palazzo Brignole Sale.

Fu eretta nel XII secolo dalla famiglia degli Embriaci (che in genovese si dice Imbriæghi) forse a loro tutela o forse faceva parte di mura a difesa della pubblica incolumità. Quale strumento di offesa e di difesa le torri erano costruite molto alte, anche se l’eccessiva vicinanza (nel XIII secolo a Genova le torri private erano almeno 66, la metà alla fine del XV) ne elideva la pericolosità, non limitandone tuttavia la valenza squisitamente simbolica. Ciò non evitò che nel 1196 Drudo Marcellino, podestà di Genova, ordinasse che nessuna torre potesse superare l’altezza di 80 palmi (circa 20 metri). Mentre tutte le altre torri vennero mozzate, una lapide posta alla sua base ricorda che la Torre degli Embriaci, nonostante fosse alta 165 palmi, fu risparmiata forse in ricordo delle gloriose imprese di Guglielmo Embriaco in Terrasanta o forse per rispetto del singolare monumento.

Guglielmo Embriaco partecipò alla prima Crociata, sollecitata nel 1095 da Urbano II contro i profanatori di Gerusalemme e del Sepolcro di Cristo, persecutori implacabili dei pellegrini d’occidente. La sua opera fu decisiva per la conquista di Gerusalemme. Sbarcato a Giaffa volle distruggere le sue galee affinché i nemici non se ne potessero impossessare; col legname così recuperato costruì alcune torri per poter espugnare Gerusalemme. La mattina del 15 luglio 1099 i Crociati si lanciarono all’attacco della Città Santa e, nonostante la strenua resistenza dei Turchi, la conquistarono. E così, per opera del valore e dell’ingegno dei Genovesi, i Crociati conquistarono Gerusalemme. L’Embriaco combatté ancora in Terrasanta e contribuì con valore alla conquista di Cesarea il 31 maggio 1101. Nella divisione del bottino i Genovesi ebbero la preziosa reliquia sempre venerata nella Cattedrale di San Lorenzo sotto il nome di Sacro Catino, lungamente creduto di smeraldo e nel quale la tradizione vuole che Cristo abbia mangiato l’agnello di Pasqua.

Come spesso accade per le cose e le glorie di Genova, i libri di storia, quando trattano della prima Crociata, ricordano Goffredo di Buglione, ma non osano menzionare l’Embriaco. Solo Torquato Tasso, nel canto XVIII del suo capolavoro Gerusalemme Liberata, cita il grande Genovese: ... in fra i più industri ingegni / ne’ meccanici ordigni, uom senza pari. Ma una Torre ancora ce lo ricorda, finché l’incuria vorrà risparmiarla.

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