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Genova: una capitale d'Europa

Franco Bampi

«Il Dialogo», n. 1 - marzo 2004

All'Expo Colombiana del 1992 i visitatori del Padiglione Britannico ricevevano un depliant bilingue di «Benvenuto», firmato dal Duca di Kent in cui era scritto: «Benvenuti al Padiglione Britannico di "Colombo '92: le navi e il mare", l'esposizione che celebra il 500° anniversario dell'epico viaggio di Cristoforo Colombo. L'Italia e il Regno Unito, due nazioni di navigatori, sono strette, oggi come nel passato, da numerosi forti legami. La bandiera di San Giorgio, una croce rossa su fondo bianco, fu adottata dall'Inghilterra e dalla Città di Londra nel 1190 per le navi inglesi dirette verso il Mediterraneo affinché potessero essere protette dalla flotta genovese. Per questo privilegio, il Monarca inglese corrispondeva al Doge di Genova un tributo annuale». Una cosa occorre evidenziare subito: erroneamente il Duca di Kent afferma che, nel passato, vi era un forte legame tra l'Inghilterra e l'Italia. L’Italia non aveva alcuna identità politica nel medioevo: i forti legami erano tra la potente Repubblica di Genova e l'Inghilterra! Si narra infatti che Riccardo “Cuor di Leone”, re d’Inghilterra, nel 1190 partendo per la terza Crociata abbia domandato a Genova il permesso di inalberare, pagando, la bandiera della città, la bandiera di San Giorgio, perché quella bandiera incuteva timore sui mari e veniva rispettata. Per questo la bandiera dell’Inghilterra è identica a quella del Comune di Genova. Questo episodio, ricordato anche da fonte inglese, conferma che Genova, e con lei tutta la Liguria, è stata una grande potenza marinara; e non si esagera se si afferma che nel Trecento, sconfitta Pisa e giunta ad una “patta” con Venezia sancita dalla pace di Torino (1381), era addirittura la più grande potenza del Mediterraneo e quindi di tutto il mondo d’allora.

Le cose cambiano nel Cinquecento: la scoperta dell’America e le nuove rotte atlantiche rendono piccolo il nostro Mar Mediterraneo che perde l’importanza che aveva avuto per secoli. Sempre in quel tempo, i due Doria, Andrea e Gian Andrea, hanno fatto nuove leggi e nuove alleanze. Tutto questo, per l’intraprendente classe dirigente genovese, ha significato un radicale cambiamento: da navigatori i Genovesi si sono trasformati in finanzieri capaci di prestare soldi a tutta l’Europa, di tenere in pugno re e imperatori, sopportando anche bancarotte fatte apposta dalle case regnanti per non onorare i debiti contratti con le famiglie di Genova.

Altri scenari, quelli odierni! Oggi i popoli europei hanno deciso di smettere di farsi la guerra e hanno dato vita all’Unione Europea. Ma la partecipazione della Liguria a questa Unione è parziale. Annessa illegittimamente al Regno d’Italia da un atto violento del Congresso di Vienna del 1814-15, come regione italiana, la Liguria non partecipa con la sua cultura, con la sua storia secolare e, soprattutto, con i suoi grandi valori, tra i quali ricordo la vera solidarietà (allora chiamata beneficenza) e il rifiuto della guerra come arma per sottomettere i popoli, valori che costituirebbero un “valore aggiunto” per tutta l’Unione. Non solo: complice la legge elettorale, la Liguria, con oltre un milione e mezzo di abitanti non riesce neppure ad eleggere un parlamentare europeo, mentre il Lussemburgo, che non raggiunge i cinquecentomila (meno della sola Genova!), ha diritto ad eleggerne ben sei! Nuovi stati piccolini ma indipendenti, come Malta, Cipro e le tre Repubbliche Baltiche, aderiscono all’Unione Europea e avranno gli stessi diritti dei grandi Stati. Forse sarebbe il caso di riflettere un po’ di più sulla storia della nostra terra per comprendere cosa si possa fare per ritornare a essere protagonisti in Europa, come lo fummo nei tempi passati, quando eravamo indipendenti e responsabili dei nostri destini.

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