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La Liguria... alessandrina!

Franco Bampi

«Il Dialogo», n. 4 - ottobre 2001

Chi ha avuto la possibilità di ammirare le stupende carte di Matteo Vinzoni (1690 – 1773), il più importante cartografo della Serenissima Repubblica di Genova, si sarà accorto che la “Liguria” da lui disegnata è più estesa dell'attuale Regione Liguria, ormai ridotta a una striscia di terra che dal Mar Ligure quasi subito diventa Piemonte. E parimenti non sarà sfuggito il fatto che alcuni comuni non facenti parte dell'attuale Regione Liguria portano nel nome l'aggettivo «Ligure». Sono tutti comuni della provincia di Alessandria e precisamente in Val Borbera abbiamo Albéra Ligure, Cabella Ligure, Cantalupo Ligure, Carrega Ligure, Mongiardino Ligure, Roccaforte Ligure, Rocchetta Ligure, e nel Novese Novi Ligure e Parodi Ligure. Tutto questo ha una precisa ragione che, come sempre, ci verrà spiegata dalla storia.

Dopo le annessioni di vari territori al Regno di Sardegna, i Savoia sentirono l'esigenza di riordinare le amministrazioni locali. Per fare ciò venne approvato il Regio Decreto n. 3702 del 23 ottobre 1859 (la cosiddetta «Legge Rattazzi») che predispose nuove circoscrizioni amministrative. Il Regno venne diviso in province, circondari, mandamenti e comuni e si emanò un nuovo ordinamento dell'amministrazione comunale e provinciale. Le nuove province non erano altro che le vecchie divisioni del 1818 ed i circondari coincidevano con le vecchie province. Nel caso particolare della Liguria, tuttavia, a queste modifiche nominali si accompagnò una diversa distribuzione dei circondari. Si smembrò la vecchia divisione di Savona e si riunirono il circondario (già provincia) di Acqui alla provincia di Alessandria ed i due circondari (già province) di Savona ed Albenga alla provincia di Genova. Da quest'ultima si staccò poi il circondario di Novi e lo si riunì alla provincia di Alessandria.

L'inaspettata decisione di annettere i comuni di Fraconalto, Voltaggio, Canosio, Parodi, Bosio, Rocchetta Ligure, Vignole, Novi alla Provincia di Alessandria è imputabile all'allora ministro Urbano Rattazzi, alessandrino, che si valse dei poteri straordinari conferitigli nel 1859 per ampliare la sua provincia. Provocò scontento che durò decine di anni. Non bisogna infatti dimenticare che il circondario di Novi gravitava su Genova da quando tra il 950 e il 951 Berengario II creò la marca della Liguria Orientale (Marca Obertenga) che si spingeva fino a Tortona ed Ovada. Novi non volle dimenticare i suoi legami con la città ligure e quando, per evitare confusione con altri luoghi omonimi dovette scegliersi un toponimo aggiuntivo, scelse l'aggettivo «Ligure». Il Decreto Reale dell'11 gennaio 1863 sancì tale denominazione. Così fecero anche gli abitanti degli altri comuni che vollero conservare, almeno nel nome, il forte ricordo di essere state terre governate dai genovesi e appartenute alla Liguria finché l'iniqua Legge Rattazzi del 1859 non decise di incorporarli nella provincia di Alessandria. E così forte era questo sentimento nel suo popolo che Gavi ritenne addirittura superflua l'aggiunta!

Bene ha quindi fatto il nostro direttore, avv. Tiscornia, a ricordare nell'Editoriale dello scorso numero che oggi, dopo tanti anni, si potrebbe finalmente far cessare il sopruso che le genti di allora subirono, ma non condivisero. Nell'Editoriale vengono anche precisati i vantaggi che un tale ripristino produrrebbe per gli attuali abitanti. Io mi auguro che il governo regionale sappia crearne altri migliorando la qualità della vita e rendendo sempre più vantaggiosa l'attività lavorativa in Liguria come lo era sotto l'antica Repubblica di Genova.

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Il Dialogo - Luglio 2001

L'EDITORIALE

LUIGI TISCORNIA

Le riunioni si succedevano frequenti in quanto la Repubblica Italiana attendeva la propria Costituzione e quindi qualche articolo fu scritto in modo molto scheletrico: tanto che non mancarono, è ovvio, i critici, specie per l'art. 131 il quale si limita a dichiarare: "Sono costituite le seguenti regioni". Ed in effetti appariva evidente, in ordine alla loro articolazione territoriale, la mancanza di "indispensabili elementi di giudizio" (On. Mortati: Sessione del 16 dicembre 1946): posto che in ordine delle regioni i costituenti avevano utilizzato, si disse nell'occasione, solo il criterio "storico statistico".

Nessun accenno era infatti mai emerso a proposito dei loro confini: i quali restavano evidentemente quelli che erano stati contrassegnati, un secolo prima, dalle varie vicende del tempo.

Diversa era la situazione della Liguria, per la quale i confini erano stati segnati ad opera del Ministro del Regio Governo Urbano Rattazzi, il quale al momento della loro delineazione non poté naturalmente far a meno di ricordare di essere nato ad Alessandria: la quale città gli ha intitolato una lunga strada centrale, rettilinea e un po' grigia, che, sia pure, non sarà stata in tal modo dedicata solo per la confinazione.

Fatto si è che con i confini della Liguria, quali erano al tempo Sabaudo e a quelli della Costituzione - e quali sono ancor oggi - non hanno nulla a che fare con quelli che contrassegnavano, nei secoli, gli spazi della Repubblica e non per nulla taluni Comuni, forzatamente incamerati nel Piemonte, non mancarono di aggiungere alla propria denominazione la parola "Ligure".

Bene: è giunto il momento, a tanti anni dalla Costituzione, che Novi Ligure - per indicare, a puro titolo di esempio, uno di tali Comuni - torni ad essere ligure non solo per l'aggettivo aggiunto.

In questo momento è piena indagine, in pieno movimento - in piena burrasca, meglio ancora - la questione delle regioni, sull'onda lunga introdotta dalle Leggi Bassanini, mentre i mutati colori politici di molti Presidenti hanno fatto sì che non vi sia più, per le loro Presidenze, quella uniformità di partito che ha contrassegnato il nostro recente passato: come ha dimostrato il fatto che la dibattutissima questione delle attribuzioni geografiche dei posti di lavoro (che erano state veramente discusse in ogni luogo, Bruxelles compresa) sia stata risolta grazie a qualche semplice riunione dei Presidenti interessati.

Può pertanto dirsi che il momento è questo: anche per la creazione, sia pure solo in fieri, del Polo di Nord Ovest. Perché poi dovrebbe verificarsi un tal spostamento di confini?

Non mancheranno di domandarselo i miei concittadini, sempre restii a tutto quello che costituisce novità: mentre è facile al contrario rendersi conto che un aumento così ampio degli spazi regionali non può che comportare per intanto una maggiore importanza - fatte le proporzioni - per la nostra Regione: nei confronti delle altre, rispetto alle quali i Liguri sono sempre, numericamente, i più piccoli della classe.

A parte che i territori che dovrebbero essere recuperati non sono fatti solo di Appennino - e cioè di montagne e di boschi - ma anche di attività produttive di non ultima importanza: attività che - in parte vicine, un tempo, al mare - si spostarono verso nord solo per mancanza di spazio, di comunicazioni e di infrastrutture.

Se vogliamo l'aumento della popolazione comporterebbe anche una variazione di ordine demografico ed in definitiva è da ritenersi che gli abitanti di tali zone non sarebbero dispiaciuti di una rettifica del genere: perché per una qualunque loro questione di pratiche regionali devono effettuare, oggi, un percorso lunghissimo, quando, a modifica di regione avvenuta, gli uffici risulterebbero a due passi.

Né in ogni caso vi è motivo di preoccupazione, in ordine a questo aspetto della questione, per il semplice motivo che, tornando alla Costituzione, esiste un suo preciso articolo 132: per il quale "Si può, con referendum e con Leggi della Repubblica, sentiti i Consigli Regionali, consentire che Province e Comuni che ne facciano richiesta, siano staccati da una regione ed aggregati ad un'altra".

L'argomento è evidentemente di una importanza grandissima e con risvolti di ombre e luci così differenziati da non poter naturalmente interessare un semplice articolo di giornale quale questo: il quale si limita a ricordare, parlando di se stesso, che esso tratta spesso argomenti che nessuno tocca mai o che, se si vuole, tutti si guardano bene dal toccare.

Ma è evidente che in ogni cosa occorre che vi sia sempre un primo: da quando, anni fa, tale Giasone "dal Pelio spinse nel mar gli abeti e primo" introdusse la navigazione.

No, nessuna cultura: semplice reminiscenza scolastica.

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