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Lo stato sociale della Repubblica di Genova

Franco Bampi

«Il Dialogo», n. 1 - dicembre 2005

Il primo problema di tutti i popoli in tutti i tempi è la fame. Nel corso della storia questo problema venne affrontato in vari modi ed oggi, nel mondo, il complesso degli interventi a favore dei meno abbienti prende il nome di “stato sociale”. Qui, nella Repubblica di Genova, non solo nessuno fu lasciato morire di fame per la strada ma addirittura la Repubblica provvedeva alla dote delle giovani indigenti attraverso le rendite dei Luoghi di San Giorgio (le rendite azionarie dei Genovesi).

Inoltre, pur nei limiti della cultura dell’epoca, i Genovesi seppero adottare una legislazione sociale che garantisse i diritti del lavoratore. Ad esempio venne vietato (con ripetute grida probabilmente perché di modesta efficacia) il malvezzo di pagare, almeno in parte, il salario mediante corresponsione di cibarie - vino, pasta, grano, carni, ecc. – per non consentire ai maestri di trarne un illecito lucro equivalente ad una vera e propria decurtazione delle paghe. Sebbene norme di questo tipo fossero presenti in quasi tutti gli Stati italiani, solo nella Repubblica di Genova esse furono rese esplicite, generalizzate ed immutate nel tempo. In più esistevano qui norme a protezione dei salariati nei confronti dell'imprenditore che consentivano ai lavoratori il recupero dei salari non pagati che, in un'epoca di pieno e rigoroso privilegio, costituiscono alto titolo di merito per i governanti genovesi.

Esemplare fu il trattamento dei lavoratori delle cartiere di Voltri. Non solo era vietato il pagamento in natura dei salari, ma si stabilì il principio che, nel caso favorevole in cui il proprietario della cartiera o il mercante avessero venduto la carta al prezzo di lire trentasei la balla, o maggiore, anche i lavoratori dipendenti avrebbero dovuto goderne beneficio ricevendo ciascuno un maggior compenso di due soldi per balla fabbricata. Il padrone era tenuto al pagamento dei salari ogni sabato; in mancanza si poteva giungere anche ad imporre al maestro una forzata vendita all'incanto per procacciare i denari necessari alle paghe.

Forse sarà anche per questo modo di comportarsi che mai, e sottolineo mai, il popolo di Genova si è ribellato al suo governo.

Cosa dire oggi dei nostri governanti? A me pare inqualificabile la revisione forzosa degli estimi catastali dei palazzi di categorie basse (A4 e A5), spesso case di edilizia popolare e spesso comprati da chi era inquilino con notevoli sacrifici finanziari. A queste persone, tantissimi i pensionati, si chiede oggi di affrontare i costi della revisione catastale e della corresponsione di cinque anni di arretrati, il massimo consentito dalla legge!

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