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Verbale del Consiglio Provinciale
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Verbale dell'adunanza del Consiglio Provinciale
11 settembre 2002
Ufficio Resocontazione Elettronica
PROT. n. 78203 Ha presentato una mozione il Consigliere FALLABRINI in merito
ALLA RICHIESTA DI RISARCIMENTO DEL DANNO CAUSATO DALLA CASA SAVOIA ALLA CITTÀ DI
GENOVA NEL 1849.
SEGRETARIO GENERALE
Premesso che il Consiglio Provinciale di Genova, nella seduta del 9 aprile 2002
ha approvato a larga maggioranza, su proposta del Movimento Indipendentista Ligure,
una mozione che vuole rivendicare ed esaltare le tradizioni repubblicane e di
libertà
dell'antica Repubblica di Genova; che nel giugno 2002 il MIL ha inoltrato al Parlamento
Europeo una petizione per il riconoscimento dei danni causati alla città di Genova
dai Savoia durante il sacco di Genova nel 1849; che il 18 luglio 2002 il senatore
genovese Aleandro Longhi ha interpellato il Governo italiano per sapere se esistono
elementi per il riconoscimento dei danni causati alla città di Genova nell'aprile
del 1849 dal re Vittorio Emanuele II o, in subordine, che almeno gli eredi di Casa
Savoia chiedano ufficialmente perdono alla città di Genova;
IL CONSIGLIO PROVINCIALE DI GENOVA
IMPEGNA il Presidente della Giunta Provinciale ad appoggiare una vertenza politica
e giudiziaria nei confronti degli attuali eredi Savoia, affinché risarciscano alla
città di Genova i danni causati dal loro avo Vittorio Emanuele II o che almeno
chiedano ufficialmente perdono alla città.
FALLABRINI (Liguria Nuova, ndr.)
Questa iniziativa, che io avevo già proposto prima della vacanza di agosto a tutti
i Capi gruppo del Consiglio Provinciale, è la continuazione di altre iniziative
istituzionali correlate che abbiamo preso nel Consiglio Provinciale già l'anno scorso.
Infatti, vorrei ricordare, anche perché molti Consiglieri Provinciali sono nuovi,
che appunto il gennaio 2002 la nostra prima Commissione Affari Istituzionali aveva
dato audizione al Movimento Indipendentista Ligure che, leggo il testo della mozione
per sintesi, da diversi anni compie ricerche e si fa portatore dei valori storici
dell'antica Repubblica di Genova, il cui nucleo è incluso proprio nell'ambito del
Comune e della Provincia di Genova stessa. Considerato che detti valori, i quali
costituiscono un inestimabile patr1monio culturale, sono espressione della civiltà
del popolo ligure nei secoli non devono andare dispersi, ma valorizzati e divulgati.
E rilevato anche che l'attuale portato moderno e progressista dei principi formatori
di quella potenza marinara, politica, finanziaria, che è stata la gloriosa Repubblica,
quali la forma istituzionale repubblicana, l'ordinamento interno di stampo federalista,
la centralità e l'importanza del lavoro, lo spirito cosmopolita tollerante e multietnico.
E, considerato anche che la Liguria è stata per oltre 700 anni una nazione sovrana ed
indipendente, detta indipendenza non risulta mai essere stata rinunciata in quanto
la Repubblica non ha accettato la statuzione del Congresso di Vienna del 1815 e non ha
mai votato, questo vorrei rimarcarlo, a differenza di altre Regioni italiane alcun
plebiscito per l'annessione all'Italia.
Allora si diceva: il Consiglio Provinciale auspica che i suoi predicati principi e
valori vengano riconosciuti e denunciati nel redigendo Statuto della Regione ligure.
Questo era nel gennaio, poi, da allora, sono successi alcuni fatti che da un lato il
MIL ha preso ulteriori iniziative presso il Parlamento europeo, attraverso una petizione
per il riconoscimento di questi danni materiali e morali, poi soprattutto nel luglio
il Senatore genovese dei DS, Aleandro Longhi, ha interpellato il Governo italiano
attraverso un'interpellanza a risposta scritta per sapere se esistono elementi per
il riconoscimento di questi danni. Questa situazione che può sembrare lontana invece
è attualissima come voi ben sapete perché tra poco, nei prossimi giorni, avremo il
via libera per il rientro dei Savoia nella nostra Nazione e il rientro dei Savoia
comporta la riacquisizione di tutti i diritti dei Savoia, compresi anche i diritti
patrimoniali ed economici, per cui probabilmente i Savoia chiederanno indietro allo
Stato italiano beni che ammontano a miliardi e miliardi.
Allora il Sen. Longhi nella sua interpellanza, che non sto a leggere tutta ma solo
stralci significativi, aveva attualizzato il valore dei danni che la Commissione del
1849 aveva riconosciuto a Genova in 70 mila miliardi ad oggi. Quindi noi, siamo
genovesi, non vorremmo che come cittadini genovesi ed italiani dovessimo dare molti
miliardi ai Savoia indietro e alla città di Genova non venga riconosciuto neanche
l'ufficialità dei danni subiti, se non materiali almeno morali.
D'accordo con i vari Capigruppo, come già allora era stata votata una mozione,
trasversalmente ho presentato al solo scopo di introdurre il dibattito questa mozione
che è apertissima ovviamente a qualunque emendamento. Per cui chiedo che si faccia
un'Espressione d'Opinioni da parte del Consiglio Provinciale ufficiale attraverso
un documento che, comunque, appoggi queste iniziative del Senatore genovese che ha
interpellato il Governo italiano, che dovrà rispondere prossimamente, ed anche per
esaltare in questo mondo globalizzato anche con questa iniziativa i valori storici,
le nostre radici, i valori locali che penso in un mondo globalizzato sia sempre più
interesse morale ed economico conservare e salvaguardare. E in questa ottica la mia
è stata una presentazione tecnica di un documento aperto ad emendamenti che giungano
dalla maggioranza e dall'opposizione per trovare un punto comune che possa essere
d'interesse del Consiglio.
Vorrei far notare che, indipendentemente da queste iniziative, che sono iniziative
dei primi di agosto, nel mese di agosto un mensile ad alta tiratura - io ho distribuito
adesso le copie dell'articolo -, autonomamente ed indipendentemente da ogni iniziativa
dei genovesi, non siamo riusciti neanche a contattare bene l'autore di questo articolo,
ha messo in tre pagine di questo mensile a tiratura nazionale proprio questi problemi
affrontati dal Movimento Indipendentista Ligure nella situazione del rientro dei Savoia
e nella valutazione realistica dei danni morali e materiali arrecati a Genova nel 1849.
Quindi, in quest'ottica di adesione ad emendamenti che possono giungere dai vari
Gruppi politici, aspetto eventuali proposte da discutere, da inserire come emendamenti
o integrazioni a questa proposta.
BOZZO (Alleanza Nazionale, ndr.)
Mi trovo d'accordo sulla prima parte esposta dal collega Fallabrini. Sono passati
pochi mesi, c'è stato il cambiamento del mandato, io avevo accettato - mi riferisco
al gennaio del 2002 - quale Presidente della I Commissione di proporre all'o.d.g. dei
lavori della Commissione l'audizione con gli esponenti del Movimento Indipendentista
Ligure. In larga misura apprezzavo il loro lavoro, anche se non condividevo alcune
loro finalità, e ritenevo, lo ritengo tuttora, che l'apporto dato da questo movimento,
specialmente per ciò che riguarda la storia patria intesa come storia della nostra
terra, terra di Liguria, del genovesato, fosse non solo utile, ma indispensabile sotto
un punto di vista tecnicamente storico e di riporto della storia dell'epoca, per la
stesura in particolar modo dello Statuto della Regione Liguria che dovrebbe essere di
elaborazione, o almeno all'epoca delle audizioni in merito. Ritenendo che le radici,
la memoria storica indubbiamente diano un contributo, notevole, nella prefazione ma
quantomeno nello spirito, anche in virtù delle scelte dell'attuale Governo, le scelte
del Parlamento innanzitutto in fatto di federalismo.
L'autonomia, lo vediamo da certe Regioni, do l'esempio del Friuli Venezia Giulia
che nella sua autonomia la definisce "la piccola patria", è una Regione a
Statuto Speciale e quindi può ottemperare a quello, e mi riferisco a quel punto che
io ritengo sempre che un'audizione sia stata favorevole, non debba morire fine a se
stessa con un'audizione, ma è un contributo valido, che è agli atti anche per il lavoro
di altri enti.
Nella seconda parte dell'esposizione il collega Fallabrini non mi trova d'accordo
per una ragione specifica. Intanto si ringrazia il fatto che la storia non si possa
riscrivere due volte, è proprio il valore della storia, gli avvenimenti vanno esaminati,
ma non è che ci sediamo lì a riscriverli, è un mio punto di vista, sarà personale,
sarà oggetto di contestazione, accetto qualsiasi forma di dibattito in merito. Ritengo
che formalmente la Repubblica di Genova sia finita nel 1815, in realtà la Serenissima
Repubblica, così si può definire, che era diversa dalla Repubblica ligure fatta in
periodo napoleonico, è finita nel 1797 come era finita la Repubblica di Venezia col
trattato di Campoformio, più o meno erano parallele, L'invasione napoleonica ha dato
il colpo di grazia a questi stati che erano sovrani da lungo tempo.
Diciamo che nel 1815, per un breve periodo, fu restaurata, ma come tutte le cose
restaurate durò talmente poco che lo spirito della Repubblica che fu
"dimenticata" al Congresso di Vienna, o volutamente dimenticata, non andiamo
ad esaminare le parti storiche, non era più la Repubblica che aveva lo spirito della
Serenissima Repubblica.
A prescindere da quel fatto, comunque, tutto ciò che è avvenuto successivamente, -
la storia la si può interpretare, ho detto precedentemente, non la si può riscrivere,
interpretare fatti avvenuti successivamente nel 1849, nel caso specifico degli
avvenimenti che qui si citano - sono avvenimenti in cui ci saranno stati anche dei
tentativi di restaurazione, ma ci sono anche delle forme contrastanti in materia che
definiscono che il trattato con l'Austria, a fine della Prima Guerra di Indipendenza,
con l'abdicazione di Carlo Alberto, non era accettato non soltanto nel territorio
della Repubblica di Genova, ma anche nel territorio del Regno di Sardegna. Quindi ci
furono diverse forme di sollevazione, indubbiamente questa ci tocca da vicino.
E il ricordo di tanti morti che sono avvenuti nel 1849, ma c'erano stati anche
tantissimi morti - anche se poi l'episodio della vicenda storica cita solo quello
di Balilla - cent'anni prima. Non pensiamo che fu una pietra a scacciare gli Austriaci
perché combatterono diversi mesi in città e dintorni, non se ne andarono con tanta
facilità e ci furono altrettanti morti.
Quindi, dato che non si può riscrivere la storia, io, personalmente, mi rifiuto
di votare, non parteciperò a11a votazione di questa mozione per una ragione specifica,
che se facessimo un balzo indietro nella riscrizione storica dovremmo quanto meno
mettere in discussione i nostri rapporti diplomatici con la Francia per il bombardamento
del l684 che subì la città di Genova dal Re Sole. Ci sarà il Conte di Parigi, non so,
la famiglia d'Orleans in diretta può avere degli eredi per poter rivendicare. O per
ciò che riguarda il discorso austriaco, potremmo scrivere al prof. Otto d'Asburgo,
all'Università di Innsbruck, che come erede diretto dovrebbe risponderne.
Non vorrei che una cosa seria - che io ritengo seria come certe attitudini che ha,
e lo ribadisco in questa sede, il Movimento Indipendentista Ligure per ciò che riguarda
la prima parte del discorso che ritengo valido - poi non scendesse in cose che ritengo
meno serie. Il fatto che un rotoca1co di tiratura nazionale abbia riportata la cosa
come notizia, lo sappiamo che i rotoca1chi qualsiasi forma simpatica di un
atteggiamento di notizia la riportano.
Vorrei, invece, parlare della cosa seria, indipendentemente dalla visione
istituzionale di ciascuno di noi, anche dal punto di vista dell'istituzione. Il
Parlamento, in modo quasi unanime o a larghissima maggioranza, ha votato recentemente
per l'abrogazione della XIII norma della Costituzione, norma transitoria. La Famiglia
Savoia, nei cui confronti vigeva l'istituto dell'esilio - tra l'altro lo ritengo un
istituto di gran lunga superato in un discorso civile - è stato abrogato, per cui
ritornano in Italia come i cittadini Savoia, che avranno diritto di voto, forse anche
diretto di elettorato attivo e passivo, avranno vita come ciascuno di noi in questa
città. È difficile, non rivendicando la loro funzione diretta, poter chiedere un
"conto", che può essere anche giustamente un risarcimento di natura morale,
ma è difficile parlare di risarcimento, citavo gli esempi poc'anzi, mi riferivo al Re
di Francia o agli austriaci, di cose avvenute; perché allora ci sarebbero dei
risarcimenti con certe nazioni per cose più recenti: bombardamenti dell'ultima guerra,
rastrellamenti. Se facessimo la nota dei risarcimenti di quello che può aver subito
il territorio, non finirebbe certamente con una mozione sola.
Lascio al mio gruppo sicuramente la libertà di voto personale, ciascuno secondo il
loro modo di interpretarla. Personalmente non do né un voto a favore né contrario né
mi astengo, ma non partecipo alla votazione.
NORERO (Lista Di Pietro, ndr.)
Anch'io volevo puntualizzare, dire perché non sono d'accordo con il Consigliere
Fallabrini e puntualizzare perché la verità della storia è una, in parte sono
d'accordo con il Consigliere e già il Consigliere Bozzo ha detto qual è la verità
storica. È assurdo chiedere l'abbattimento, per esempio, dai giornali che leggevo,
che richiedono l'abbattimento di tutti i monumenti del Re, di Vittorio Emanuele II
e inoltre se si trovano presenti nella Regione Liguria.
Su questo ho cercato di documentarmi e nel 1849 non si può ritenere il Re
responsabile di una repressione avvenuta, che era proprio una guerriglia urbana che
attentava alla sicurezza dell'unità di uno stato. Un momento grave per il Regno di
Sardegna, a seguito della sconfitta dovuta alla Prima Guerra di Indipendenza. Si
dimentica che il Re Vittorio Emanuele II era un sovrano costituzionale e non si
occupava certo di ordine pubblico, essendo competente per tale materia il Ministro
degli Interni.
Addirittura c'è una lettera del Re al Generale Alfonso La Marmora, in cui chiede
proprio di tranquillizzare gli animi, le intenzioni ostili alla Costituzione che si
oppongono al governo e chiede anche di distruggere le calunniose insinuazioni che
si tenta di spargere contro la persona del Re, quasi che avesse partecipato ai
tradimenti.
Questi sono documenti e così ce ne sono degli altri, in cui la verità storica deve
essere precisata. Perché chiedere al Consiglio Provinciale che impegni il Presidente
della Giunta in una vertenza politica addirittura giudiziaria. Io non voglio essere
responsabile di questo dando mio voto. Grazie.
CALORIO (Margherita, ndr.)
Come hanno già detto i colleghi che mi hanno preceduto, il mio intervento sarà
brevissimo e verterà proprio sulla interpretazione storica. È importante che
si interpretino i fatti storici con la mentalità di allora e non con le categorie
ontologiche di oggi, altrimenti rischiamo di strumentalizzare la storia.
Allora, nel 1849 la situazione era particolarmente delicata, si usciva da una
guerra, infatti l'insurrezione di Genova nasce il 27 di marzo, un giorno dopo
l'annuncio dell'armistizio di Vignale. Quindi, l'insurrezione era particolare, si
innestavano fatti politici perché c'erano la sinistra e la destra del Parlamento,
la destra ovviamente era per una repressione e per una abrogazione dello Statuto
Albertino emanato un anno prima, il 5 marzo del '49. E voglio così per inciso
ribadire che in quell'anno cambiarono ben sette presidenti del Consiglio,
(l'instabilità vediamo che è proprio insita nelle nostre strutture democratiche).
Ebbene in quell'anno invece la sinistra, i democratici, l'estrema sinistra più
che altro propendeva per una ripresa della guerra con la velleità di sconfiggere
l'Austria, quando invece l'esercito era pressoché sguarnito e privo di difese.
Questo è importante ribadirlo.
Sul fatto che si debba, quanto meno, prendere le distanze dalla dinastia dei
Savoia, consegniamo i re e i luogotenenti al giudizio della storia e a quello che
gli storici ci diranno, però credo che gli eredi siano già caduti piuttosto in basso,
per cui penso che il solo fatto di citarli li nobiliti. Ricordiamo che Montale
diceva che la storia è una rete con delle maglie e da queste maglie resta qualcosa
che poi rimane nella nostra memoria. Ebbene, penso che della dignità e del prestigio
della corona sabauda, all'epoca dell'ultimo re, penso che proprio niente sia
scappato dalle maglie e sia stato trangugiato nell'oblio.
Credo che si debba dare onore al merito al MIL per avere comunque interpretato
i valori della nostra storia che sono insiti nella cultura di tutti noi.
CONTI (Rifondazione Comunista, ndr.)
Il gruppo di Rifondazione Comunista su questa mozione e proposta di ordine
del giorno non può che votare a favore, anche se affronta in maniera parziale
una sola delle tantissime responsabilità che ha la Casa Savoia. Da questo punto di
vista, il gruppo di Rifondazione Comunista già nelle premesse dichiara di votare
a favore di questo ordine del giorno, che oggi si pone ancora più all'attenzione,
lo rilevava il Consigliere Fallabrini, all'ordine del giorno dopo l'abrogazione
della norma transitoria costituzionale, che faceva sì che i Savoia fossero in
esilio, permettendo il rientro dei Savoia.
Credo che questa scelta di fare rientrare i Savoia In Italia sia una ferita che
è stata inferta alla democrazia, un'offesa a questa democrazia ancora non compiuta,
costruita con fatica sulle macerie non solo del fascismo, ma anche di questa casa
regnante che lo aveva voluto e sostenuto sino alle estreme conseguenze. Credo che
per lo meno, visto che dopo i tempi di votazione nel Parlamento di quest'abrogazione
della norma transitoria sono avvenute altre approvazioni di leggi, come quella
famosa della legge Bossi-Fini, si debba chiedere che quanto meno la casa Savoia,
gli eredi tornino con gli stessi modi e le stesse regole previste dalla norma sui
migranti, quella delle impronte digitali.
In questi anni, c'è stato tutto un processo di revisionismo che in qualche modo
ha spiegato che gli eredi maschi di Casa Savoia, costretti all'esilio da quella
norma transitoria ora abrogata, avevano il diritto a rientrare in Italia perché
non c'entravano nulla con le colpe dei padri. Il fatto è che le colpe dei padri
sono una successione di orrori dove l'elemento posto oggi in questa mozione è uno
dei tantissimi, forse uno piccolissimo dei tantissimi, enormi orrori che questa
Casa ha fatto. Orrori che le nuove generazioni poco conoscono e non conoscono
assolutamente.
In questi anni c'è stata molta retorica strumentale, un concetto di revisionismo
storico che ha voluto ridare credito alla dinastia per fare dimenticare i governi
reazionari, i generali assatanati dalla voglia di fucilare contadini, operai e
studenti, i crimini del fascismo, la guerra.
Si è posto il problema di Vittorio Emanuele II che veniva chiamato "re
galantuomo", un soprannome un po' anomalo ma che in realtà era un uomo feroce,
capace di trasformare i suoi generali in carnefici; soprattutto inventò, questo re,
quelle che erano le premesse per la lotta al terrorismo, che è stata invocata
dal presidente degli Stati Uniti lo scorso anno, a proposito di collegamenti
con l'argomento iniziale della seduta. La prima grande repressione del suo regno
fu contro i contadini del sud, che fu propagandata come lotta ai briganti, quando
in quel periodo i contadini si rifiutavano di entrare nelle file dell'esercito dei
piemontesi e soprattutto si rifiutavano avendo paura per i diritti di coltivazione
di quella terra, che era comunale e che in qualche modo la Casa Savoia voleva
privatizzare. Partì un'offensiva, quella che negli anni scorsi, nella guerra moderna,
è stata definita azione di guerra chirurgica. È stata mandata al sud una forza di
120 mila uomini che bruciarono, nel giro di 14 mesi, 16 città e fucilarono migliaia
di contadini, senza fare alcuna distinzione tra i briganti - che effettivamente
c'erano ed erano un problema, ma comunque limitato - e chi rivendicava il diritto
di coltivare la terra e aveva in qualche modo, per una tradizione di terra, una
sorta di risentimento verso i piemontesi che occupavano quelle terre.
Ma anche i regnanti successivi di questo re non furono all'altezza di queste
situazioni, anzi incrementarono questi orrori. Per non parlare del successore Umberto
I, che veniva definito "re buono". Ebbene sotto il suo regno, con la
lotta al terrorismo, fu praticata la repressione santa e breve, che fu applicata
a tutti i conflitti sociali, che in quell'epoca, fine '800, in qualche modo
rappresentavano una contestazione. Furono mandate le truppe a fucilare, con il
pretesto della lotta contro l'internazionale anarchica, i braccianti che avevano
dato vita al movimento dei fasci siciliani. Ma soprattutto la grande ferocia del
7 maggio 1898, quando ci fu la più grande repressione della storia del nostro
Paese, quando il partito socialista, in allora messo fuori legge dalla Casa Savoia,
aveva promosso agitazioni contro l'aumento del prezzo del pane. Il Governo giudicò
che l'atteggiamento del Prefetto e del Questore, che prevedevano manifestazioni
pacifiche, era troppo tenero e mandò invece le truppe. Successe che col comando
del generale Bava Beccaris, capo del presidio militare, ci fu la proclamazione
dello stato di assedio e migliaia di operai furono fucilati, ci furono le sparatorie
con i moschetti e i cannoni su una manifestazione di piazza pacifica.
Poi l'ultimo fu Vittorio Emanuele III, che è quello che ha consegnato l'Italia
a Mussolini, che è rimasto alla finestra quando Mussolini si è assunto la
responsabilità morale del delitto Matteotti, che ha permesso a Mussolini di
sopprimere la libertà di stampa e i partiti, che ha avallato l'aggressione fascista
contro l'Etiopia, contro la Repubblica Spagnola, che firma le leggi razziali del
1938, che sottoscrive l'alleanza dell'Italia con la Germania nazista e condivide
la responsabilità dell'entrata del nostro Paese nella Seconda Guerra Mondiale. È
il re che nonostante la disfatta dell'Italia rimane inerte fino al 25 luglio 1943,
quando il gran consiglio del fascismo detronizza Musso1ini. Dopo l'armistizio
dell'8 settembre lascia allo sbando le nostre truppe, abbandona Roma nelle mani
dei nazisti e si mette al sicuro con la precipitosa fuga notturna. I nostri padri
hanno scritto la Costituzione in qualche modo chiedendo un risarcimento alla Casa
Savoia, che era quella dell'esilio, oggi è stata rimessa nelle condizioni di rientrare
in Italia.
Termino l'intervento rafforzando il voto di Rifondazione Comunista su questa
occupazione che, anche se in piccola parte guarda alle responsabilità della Casa
Savoia, che però a nostro avviso sono da inserire in tutte le responsabilità
oggettive di questa dinastia. E per questa ragione noi avremmo preferito che mai
si arrivasse al punto che il Parlamento italiano abrogasse quella norma transitoria
per consentire agli eredi di rientrare in Italia.
CAVELLI, Presidente del Consiglio
Il Consigliere Fallabrini ha chiesto di intervenire. Io leggo però testualmente
il regolamento per evitare contestazioni. L'art. 71 al comma II parla dei Consiglieri.
Il proponente illustra e i Consiglieri parlano. Dopodichè dice che per la risposta
del Presidente della Provincia e degli Assessori è concesso un tempo di 15 minuti.
Il proponente può poi concludere nel limite massimo di 10 minuti. Ove non insista
sulla mozione, si passa alla votazione. Quindi ha titolo a parlare a chiusura del
dibattimento e non può intervenire in quanto Consigliere perché, essendo proponente,
l'illustrazione l'ha già fatta.
FALLABRINI (Liguria Nuova, ndr.)
Comunque non sono d'accordo, chiederò al Segretario Generale.
CAVELLI, Presidente del Consiglio
Lei può essere anche non d'accordo, però, sino a prova contraria, gli accordi li
sosteniamo dall'Ufficio di Presidenza. Io mi sono consultato, l'Ufficio di Presidenza
è su questa linea. Se il Consiglio invece pensa in un altro modo non fa altro che
votare e io le darò la parola. Non ho problemi. Se vuole fare una remissione al
Consiglio di questa situazione io lo faccio senza difficoltà. Non me ne voglia
Consigliere Fallabrini, ma le ripeto che l'art. 71 è chiaro.
FALLABRINI (Liguria Nuova, ndr.)
Io ho detto che chiederò, quando sarà presente, al Segretario Generale.
CAVELLI, Presidente del Consiglio
Perfetto, comunque lei non ha ora facoltà di parlare.
RONCAGLIOLO (Forza Italia, ndr.)
Signor Presidente, signori Consiglieri, anch'io mi ero preparato ripassando la
storia della Repubblica di Genova, che però è già stata esaminata da altri colleghi,
quindi ne faccio a meno per non tediarvi.
Io penso che l'interpellanza del Senatore Longhi e la mozione del collega
Fallabrini presentino degli aspetti interessanti e degli stimoli per una
rivisitazione degli avvenimenti storici, dalla fine del '700 all'Unità d'Italia.
L'argomento meriterebbe di essere trattato in un convegno di studiosi per fare
piena luce su eventi luttuosi che hanno toccato direttamente Genova e sulle
responsabilità, sia della classe dirigente di allora, sia dell'esercito piemontese
a proposito del vergognoso sacco di Genova.
Nel rimescolare le carte, nelle cose passate non sta la medicina, il farmaco dei
nostri mali intestini. Io penso che dobbiamo tenere presente che Vittorio Emanuele
II, responsabile allora della repressione, mantenne la bandiera del tricolore e lo
Statuto Albertino, la Costituzione di allora. Ormai il processo di unità nazionale
era avviato e sarebbe giunto a felice compimento. E Genova, forse, proprio per le
ingiustizie subite e per un particolare clima politico e culturale, ha saputo offrire
alternative importanti e profetiche per le strade da percorrere. Pensiamo a Giuseppe
Mazzini, ai fratelli Ruffini e ai tanti altri che compaiono nei libri di storia.
A distanza di tanti anni, chiedere i danni ai discendenti di Casa Savoia può
assumere un significato morale, obiettivo che però non può essere raggiunto; penso
che invece possa essere più proficuamente perseguito attraverso altre strade, per cui,
per esempio, la Provincia si faccia promotrice di uno studio di quelli che sono stati
gli avvenimenti di allora.
Io penso che seguire la strada di chiedere il risarcimento dei danni sia invece
una strada sbagliata. L'impostazione non è condivisibile come metodo dell'interpellanza
e della mozione. Sarebbe come dire ai Savoia: adesso tornate in Italia e pagate. Io
penso che si debba accettare in nome della pacificazione nazionale il rientro dei
Savoia. La nostra è finalmente una Repubblica, come aveva profetizzato Mazzini. La
nostra democrazia è solida. Perché, avere paura a dare la stura ad un livore represso?
Non dimentichiamo che Togliatti e De Gasperi, dopo la Seconda Guerra Mondiale e la
guerra civile italiana, votarono l'amnistia per i reati bellici.
Quindi, per conto mio, occorre voltare pagina e consentire agli studiosi di
riesaminare questa pagina della storia. Io penso che questa sia l'unica strada che
possa salvare la verità e la dignità. Ad una mozione così concepita io non partecipo
al voto.
ZITO (Forza Italia, ndr.)
Io non ripercorrerò fatti storici, i vari excursus, così bene descritti dai nostri
colleghi del Consiglio. Certo, dico la verità, ci troviamo in difficoltà di fronte a
questo tipo di mozione che, da una parte, richiede un risarcimento di tipo economico
e patrimoniale, però nello stesso tempo si fa una sorta di richiesta di perdono alla
città di Genova. Io credo che questo sia soltanto un gesto che nulla potrebbe cambiare
di quanto già avvenuto nei fatti storici. Se così fosse, davvero bisognerebbe
richiedere dei risarcimenti a molti altri popoli di molti altri paesi, fin dal '500,
quando le monarchie tradizionali hanno fatto dell'Italia una terra di dominio, nei
tempi in cui soltanto forse la cultura riusciva ad essere un nobile prodotto italiano.
Per cui, noi ci troviamo un po' in difficoltà su questa mozione, forse anche per come
viene posta in alcuni suoi punti. Riteniamo che invece sia più giusto avere un
atteggiamento di apertura nei confronti dei Savoia, quindi di riuscire a sviluppare
un atto di democrazia e di civiltà nei loro confronti, che dovrebbe essere lontano
da questi vincoli o condizionamenti. Pertanto il gruppo di Forza Italia si astiene.
PRETE (Democratici di Sinistra, ndr.)
Credo che questo argomento abbia invitato un po' tutti i Consiglieri a spolverare
i loro ricordi storici. Io ho fatto un procedimento inverso. Come l'amico Roncagliolo,
faccio il medico di famiglia. Tra i miei pazienti ho molti anziani che ricordano
ancora i racconti dei loro nonni. I racconti dei loro nonni, che quindi risalgono
a quest'epoca, tengono conto di quella realtà quotidiana, realtà fatta di enormi
difficoltà di spostamento. Teniamo presente che l'antica via romana è stata sostituita
solo da Napoleone con una via un pochino più agevole, la via napoleonica, e soltanto
successivamente da Carlo Alberto con quella che ancora adesso è la statale del Bracco,
attuale via Aurelia, che porta da Sestri Levante fino a La Spezia.
Queste difficoltà erano legate al fatto che sul territorio esistevano bande, prima
il Consigliere Conti ha ricordato il brigantaggio meridionale, ma forse non si è mai
parlato a sufficienza del brigantaggio esistente anche a livello settentrionale.
Questo fenomeno era meno eclatante ma forse è stato anche un po' dimenticato dalle
cronache; esisteva ed era causato dagli stessi motivi che l'avevano fatto nascere al
sud: la renitenza alla leva, che non si sentiva come qualcosa di legato al proprio
territorio, le difficoltà economiche, per cui in una famiglia far mancare la forza di
un giovane significava spesso fare precipitare questa famiglia nella miseria. Non
dimentichiamoci anche che spesso, quando c'era una malattia in una famiglia, le
famiglie dovevano ricorrere agli strozzini per potere affrontare una terapia, visto
che i medici magari lavoravano anche gratis - e li si pagava con un cappone a Natale
- ma i farmacisti no, i farmacisti pretendevano il pagamento immediato dei farmaci.
Quindi, tutte queste condizioni che si creavano all'interno del territorio creavano
delle difficoltà di vita che sono rimaste impresse nelle generazioni. Mentre invece
di questi eventi storici, dei quali parliamo stasera, il ricordo è molto più sfumato.
Io però vorrei far riflettere tutta la nostra assemblea sul fatto che se si devono
chiedere ai Savoia dei risarcimenti, credo che il discorso debba certamente essere
ampliato rispetto a quello di questo periodo perché qui - e non mi ripeto perché sono
già state fatte delle dettagliate analisi storiche - di responsabilità ai Savoia di
danni morali e materiali al nostro Paese credo che se ne possano fare moltissimi.
Quindi credo che questo tipo di mozione, se la si vuoi votare, debba essere certamente
modificata in modo da renderla più aderente a quello che può essere oggi un'espressione
di sentimenti, ma che deve comunque suonare come condanna morale per una famiglia
che certamente non ha fatto del bene alla nostra nazione, comunque è compito del
mio Capogruppo proporre le modifiche. Grazie.
CAVELLI, Presidente del Consiglio
Ha chiesto la parola il Consigliere Oliveri e ne ha facoltà. Nel frattempo anticipo
che sono stati distribuiti gli emendamenti proposti dal Capogruppo DS all'o.d.g.
OLIVERI (Democratici di Sinistra, ndr.)
lo non sono assolutamente in grado di aggiungere nulla di più rispetto a quello
che hanno già detto alcuni colleghi in precedenza, sia dal punto di vista dell'esatta
ricostruzione storica degli avvenimenti citata nella mozione del Consigliere
Fallabrini, su cui ho anche rilevato qualche dissonanza. Tanto meno credo ci sia
nulla da aggiungere, almeno oggi, ai due interventi che ho particolarmente apprezzato,
quelli del Consigliere Conti e del Consigliere Prete.
Faccio una brevissima riflessione ed illustro i due emendamenti che ho proposto
alla mozione.
La prima riflessione è che se noi dovessimo approvare un documento che, partendo
dai fatti del 1849, ci mettesse in condizioni in questo Consiglio di poter formulare
un giudizio sul ruolo che ha giocato per tanta parte della storia del nostro Paese,
oltre che della comunità genovese e ligure, della famiglia Savoia dovremmo dedicare
uno sforzo di approfondimento ulteriore e scrivere qualche pagina che abbia il
conforto di qualche documento storico. Su questo le ricerche non mancano, come quella
del movimento che ha, in qualche misura, dato il via per quel che ci riguarda a
questo tipo di discussione, né credo che dovremmo essere alla fine gentili per quel
che riguarda il giudizio politico. Mi pare di poter dire, al di là delle scelte del
Parlamento italiano, che la perniciosità della famiglia Savoia per la nostra gente
è stata quanto mai acuta.
Detto questo noi oggi siamo chiamati a pronunciarci su un documento che fa
riferimento ad uno specifico accadimento, prende atto di due iniziative, la petizione
al Parlamento europeo e l'interrogazione al Governo, chiedendo al Presidente e
alla Giunta di sostenere queste vertenze. Proprio per la discussione che c'è stata
sino ad oggi, sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista dell'allargamento
dell'orizzonte temporale di giudizio sulla famiglia, sino ad arrivare al connubio col
fascismo e sino a che, con la promulgazione della Costituzione, si è messo nelle
condizioni questa famiglia di non nuocere, credo che il dispositivo che ci propone
il Consigliere Fallabrini non sia adeguato e sia, per quanto attiene la sua dimensione
istituzionale, un po' avventato. Nel senso che a me pare che ancora dobbiamo capire
se ci sono le condizioni per aprire una vertenza con la politica, ovviamente oltremodo
legittima, ma ci sono le condizioni per aprire una vertenza giudiziaria nei confronti
degli eredi Savoia e, se ci sono, a questo punto l'orizzonte si allarga e anche di
molto.
Quindi, il senso del mio emendamento è quello di non venire meno dell'attenzione
del Consiglio Provinciale rispetto alla questione, cosa che abbiamo dimostrato in
tempi anche recenti, però seguire la vicenda con l'attenzione dovuta e acquisire
gli elementi che devono essere utili ed indispensabili per proseguire con eventuali,
ulteriori iniziative.
Quindi l'emendamento era solo formale, nel senso che si cancella alla seconda riga
la frase "su proposta del Movimento Indipendentista Ligure" perché il
documento approvato dal Consiglio è stato proposto dai Consiglieri Provinciali che
ne hanno titolo e non altri. E, invece, il dispositivo proposto dal Consigliere
Fallabrini - ho avuto occasione in modo veloce di confrontarmi con lui e con qualche
altro Capogruppo su questo punto - sarebbe sostituito con "impegna il
Presidente a seguire con attenzione l'evolversi della vicenda, assumendo ulteriori
elementi presso gli uffici del Parlamento Europeo, dove è stata depositata la
petizione popolare, e del Governo italiano", dove è stata depositata
l'interrogazione del Senatore. Credo che con questo emendamento il documento
possa riscontrare il consenso della grande maggioranza del Consiglio.
Ass. MASSOLO (Assessore all'Istruzione, Democratici di Sinistra, ndr.)
Porto una riflessione a nome del Presidente della Giunta in quanto questa mozione
che è stata proposta abbiamo ritenuto non andasse confinata, come molto spesso
avviene in alcune cose, nel folcloristico e nel velleitario, ma che in qualche
modo portasse alla discussione un problema reale. E si è visto come questo tema,
seppur distante nel tempo, sia oggetto di valutazioni e riflessioni anche diverse,
ma sicuramente non superficiali e nemmeno di poco conto.
Io dirò pochissime cose, esprimendomi poi sul testo che condividiamo
sostanzialmente come Giunta, ma che avrebbe bisogno di un certo affinamento.
I Savoia non tornano o non sembra abbiano intenzione di tornare come cittadini
comuni, come persone che appartengono per nome ad una dinastia che è stata sulla
scena della storia, nel bene e nel male, e che quindi chiedono il silenzio e
quindi tornano. Quello che distingue i cittadini comuni dalle dinastie è che le
dinastie si fanno carico storico di quello che la dinastia ha fatto, non lo
tralasciano. Noi, cittadini comuni, ci possiamo trovare in tribunale a pagare i
debiti del padre, la dinastia ha un ruolo di riferimento nel tempo, è un qualche
cosa per la sua dignità reale che si pone come continuità, garanzia ed onore e
l'onore si deve conquistare in tanti modi, anche con atti concreti, trattandosi
di onore.
Sicuramente - qui un'espressione personale - io non ho a cuore l'unità di questo
Paese, però probabilmente se la composizione di questa unità fosse avvenuta nei
termini rosminiani piuttosto che nei termini sabaudi probabilmente, oggi, saremmo
tutti più adattabili ad un processo federalista e meno confusi e pasticcioni ed
impauriti da questa cosa perché il costruire le cose col consenso è sempre meglio
che costruirle con la forza. Non per niente la storia è un qualche cosa che - come
giustamente dice il Consigliere Bozzo - non si può interpretare, non si può
riscrivere; però quante volte sui libri di testo abbiamo visto della strage di
Bronte dei garibaldini, perché in qualche modo questi repubblicani garibaldini erano
un po' irrequieti e facevano anche le stragi dei contadini.
Però della strage di Genova stanno venendo fuori delle cose a livello di
conoscenza un po' più ampia ora perché è stato sollevato il problema. Si trattava
di un qualche cosa completamente trascurato nella storia patria. A Genova era successa
una strage nel senso che si era usato l'esercito, considerate le circostanze, ma in
qualche modo c'era stata un'efferatezza grossa e rispetto ad un principio, che credo
comunque abbia un valore anche rispetto al nuovo Statuto Regionale, che comunque in
virtù di un'annessione forzata senza plebiscito e, per quanto si era nel 1815, si
era ricostituita la Repubblica di Genova, quindi manifestando sostanzialmente una
volontà anche se in forme diverse, anche se nella debolezza politica del momento,
sicuramente la storia che afferisce al processo unitario dei vari Stati che erano
sulla penisola geografica italiana, Genova ha avuto un percorso completamente diverso,
è stata l'unica Repubblica forzatamente annessa allo Stato sabaudo.
Nel 1849, il disegno della casa Savoia non era quello dell'unità di Italia, era
di una espansione territoriale fino a quel momento lì, non c'era ancora l'intuizione
che intorno alla casa Savoia si poteva costruire l'unità di Italia. Eravamo ancora
nella logica ottocentesca, la casa Savoia aveva colto l'occasione per espandere il
suo territorio, quindi la cosa non si giustifica nemmeno in ragione dell'unità di
Italia. Forse in quel tempo, da quello che si capisce, i Savoia utilizzavano ancora
il movimento indipendentista per avere una posizione di maggior allargamento dei
loro domini.
Allora, posso anche capire che appare esagerata la richiesta di rimborso, però
apparirebbe anche esagerato se i Savoia tornassero in Italia chiedendo di rientrare
in possesso dei loro beni quindi il fatto di dire: forse sarebbe più quello che i
Savoia dovrebbero dare che quello che gli dovrebbe essere restituito, questo è il
senso della domanda.
Credo che dal punto di vista formale sarebbe scorretto, se come Provincia prendessimo
l'iniziativa, credo che sia la città di Genova e quindi caso mai una disponibilità
del Consiglio Provinciale, della Giunta a sostenere, se richiesto nelle forme richieste
da parte del Comune di Genova, un'azione di questo tipo perché la violenza è stata
fatta sulla città di Genova, naturalmente i riflessi sulla provincia, però la
delicatezza di non scavalcare l'Ente. Direi che oltre le cose che condividevo del
Consigliere Oliveri, questo fatto che non possiamo essere noi a promuovere ma dare
una disponibilità, questo si è deciso anche a livello di Giunta, a un'eventuale azione
del Comune di Genova.
Il fatto, però, che dà il senso ancora più completo di questa iniziativa del MIL
è quanto meno chiedere perdono e non è una cosa facile per i Savoia perché sulle
leggi razziali mica l'hanno chiesto. Allora, una dinastia che sta tornando riproponendosi
nella sua immagine di dinastia noi non chiediamo il trono domani, però siamo la
dinastia Savoia che rientra in Italia. Non è che c'è una rinuncia a quelli che
potrebbero essere eventuali... allora in qualche modo il fatto di chiedere perdono
non è una cosa banale, è che si chiede perdono rispetto ad errori. L'ha fatto la Chiesa
di chiedere perdono per l'Inquisizione, di chiedere perdono per certi fatti; e la
Chiesa ha una storia millenaria e una dignità forse un po' superiore alle dinastie
umane. L'ha fatto la Chiesa di chiedere perdono per Galileo. Cosa c'entrava il Papa
con Galileo? Però, si è sentita responsabile la Chiesa di dire: è stato un errore
della Chiesa. Quindi, il fatto che i Savoia dicano: è stato un errore dei Savoia
prendere a cannonate dei rivoltosi e stuprare delle donne, credo che chiedere perdono
sia una cosa necessaria.
Ma non solo, con pochi soldi potrebbero proporre una cosa in più, per quei morti
sepolti a poca distanza dal monumento che è in Piazza Corvetto (io sono contrario
ad abbattere qualunque monumento, posso capire che nella foga di una rivoluzione
si possano anche abbattere i monumenti, ma togliere dei monumenti è un atto poco
opportuno, però se ne possono aggiungere), e a quel monumento se i Savoia dicessero:
noi finanziamo un monumento per quei caduti vittime di una violenza ingiustificata
anche in quell'epoca, probabilmente potrebbe essere un segnale di nobiltà che dei
nobili come i Re potrebbero fare.
APPLAUSI DEL PUBBLICO.
CAVELLI, Presidente del Consiglio
Per cortesia, abbiate pazienza, la cosa è abbastanza delicata, nel senso che ci
sono degli emendamenti proposti. Il regolamento prevede che il proponente possa
parlare per dieci minuti per eventuale accoglimenti degli emendamenti proposti.
Dopodiché vi saranno le dichiarazioni di voto.
Io devo, però, fare una dichiarazione: questa storia l'ho vissuta personalmente in
una Commissione I e un valore politico deve essere dato e credo che mi sia concesso,
io raramente faccio interventi in Consiglio. Però non vorrei che anche questa cosa
fosse in effetti una perdita di tempo. Ricordo al Consiglio che, nonostante la grande
volontà che la Provincia ha messo, in modo unanime, di sottoporre e garantire
un'audizione al Presidente della Commissione della Regione Liguria, dott. Castellaneta,
che è capo della lista, Presidente il Consigliere Fallabrini, non ha non solo neanche
ascoltato la voce del MIL, ma non si è fatto neanche riconoscere dal Presidente Bozzo
e gli ha risposto dichiarandogli neanche la sua disponibilità o indisponibilità.
Questo ragionamento deve essere invece colto all'interno del nostro Consiglio.
Dico di più: lo stesso Castellaneta non si è fatto carico, per volontà, di
proporre lo stesso o.d.g. in Consiglio Comunale.
Allora delle due una: o noi proponiamo dei ragionamenti di alta politica e oggi
ho ascoltato interventi di grande valore, ai quali io non posso dare giudizio perché
sono un ignorante conclamato, e me lo riconosco, però sicuramente dobbiamo dare
corso ad iniziative che producano degli atti; perché se gli atti diventano solo
demagogia pura e non sono sostenuti dalle stesse persone che in effetti li propongono,
la cosa diventa veramente ridicola.
Allora il problema è perdere del tempo, occupare del tempo nei Consigli, quelli
più disponibili, quelli più democratici, quelli più sensibili anche alle istanze
dei movimenti più piccoli e magari meno significativi, ma che li appoggiano con
forza durante le elezioni e che non appoggiano sicuramente la maggioranza che ha
vinto oggi le elezioni in questa Provincia.
Allora, lo ripeto con molta sincerità e molta chiarezza: credo che sia corretto
che tutti sappiano, quando si fanno delle azioni come si fanno e come si devono fare.
E invito il Consigliere Fallabrini di farsi carico - poi ha diritto a replicare anche
senza schiacciare il microfono, dopo, se no non riesco a parlare io - di farsi garante
sia di ripristinare quell'impegno che aveva assunto nella Commissione, nella quale
io nel precedente mandato facevo parte e con il Presidente Bozzo ci eravamo fatti
carico di insistere presso il Consigliere Castellaneta di ricevere il MIL. Quindi di
dare già un percorso che non era quello di chiedere i danni, ma di dare dignità alla
Liguria e al Comune di Genova, cosa che non è stata fatta.
In seconda istanza, di proporre eventualmente in un Comune che ha titolo a ragionare
in questi termini dell'istanza che oggi questa provincia può solo, però, fare come
acquisizione di pensiero e non tanto come di indicazione.
Chiuso questo mio breve intervento, do la parola al Consigliere Fallabrini per
eventualmente accogliere o non accogliere gli emendamenti o suggerire percorsi
alternativi che lui ritenga più opportuno da proporre a questo Consiglio. Grazie.
FALLABRINI (Liguria Nuova, ndr.)
Come ho premesso all'inizio del precedente intervento la mia è stata una posizione
tecnica, cioè il nostro gruppo rappresenta un Consigliere, abbiamo proposto dopo
incontri, colloqui fatti con i gruppi maggiori una proposta, come ho detto all'inizio
emendabile al cento per cento. Quindi fatte salve le premesse su cui siamo abbastanza
d'accordo la stragrande maggioranza dei Consiglieri, sul dispositivo, come ho già
detto, ero apertissimo a qualunque posizione.
Quindi, prima di tutto io sono contento di avere imparato nel corso di questo
anno, come diceva l'Assessore Massolo, cose della storia genovese che io non conoscevo;
e penso che come non conoscevo io, probabilmente non le conoscevano anche molti
cittadini della provincia e del Comune di Genova. Quindi, siamo contenti in ogni caso
di aver capito qualcosa di più delle nostre radici, che non sono quelle del 1600 o
dell'Inquisizione o di Galileo, ma sono del secolo scorso.
Io ringrazio il MIL, faccio parte di questo movimento, mentre non ne fa parte
Castellaneta, io ho la mia libertà, la mia iscrizione al Partito Radicale a cui non
è iscritto Castellaneta. Io ho la mia autonomia politica e svolgo nel Consiglio
Provinciale quello che ritengo opportuno. In Consiglio Comunale, se non lo sapete,
probabilmente la prossima settimana, quando si inaugurerà il Consiglio Comunale,
verrà proposta da altri Consiglieri la tematica che è stata evidenziata, vorrei mettere
in chiaro questo, alla luce dell'opinione pubblica da chi è più autorevole di me,
cioè da un senatore genovese del primo partito che ha il consenso elettorale a Genova,
non certo dal modesto Consigliere Provinciale che ha il 3,8%. Quindi è un problema di
ordine generale, io ho fatto da veicolo tecnico.
Quindi, nell'ottica di questa impostazione che ho dato fin dall'inizio, io accetto
volentieri, perché li condivido, gli emendamenti proposti dal capogruppo del principale
partito del Consiglio perché mi sembra che in ogni caso siano significativi e non
lascino il Senatore Longhi isolato in questa vicenda. E non la facciano sembrare una
vicenda folcloristica, che come ha ben spiegato molto, molto meglio di me l'Assessore
Massolo, è una vicenda che ha moltissime implicazioni anche attuali, ma anche per il
dopodomani; perché quando si tratta di soldi noi genovesi prima di pagare, come
cittadini, della restituzione di miliardi ai Savoia potremmo anche poter dire la
nostra.
E purtroppo questo fatto storico è avvenuto, purtroppo nella storia nazionale questo
fatto non è evidenziato, se non lo evidenziano i Consiglieri genovesi, se non lo
evidenzia un parlamentare della città di Genova, ognuno deve fare il suo dovere, noi
facciamo il nostro come genovesi, probabilmente ci saranno delle rivendicazioni simili
anche in altre regioni italiane. Noi come Consiglieri della grande provincia di Genova
facciamo il nostro e speriamo che altri facciano ovviamente molto meglio.
Speriamo che l'argomento sarà attuale in ogni caso, non si tratta solo di
rievocazioni, probabilmente ne riparleremo il prossimo mese quando il Governo risponderà
al Sen. Longhi. Ne riparleremo quando vedremo come si comporteranno i Savoia. In questo
mensile è molto presente la Casa Savoia, quindi sanno che Genova in qualche modo si è
espressa. Genova non fa finta di niente, al di là degli schieramenti partitici.
Io ho fatto la mia parte come Consigliere Provinciale, fa parte di un mio percorso.
Spero che questa discussione sia utile in futuro, anche per il prossimo Consiglio
Comunale che dibatterà l'argomento la prossima settimana. Quindi accolgo con favore
i due emendamenti proposti dal Capogruppo Oliveri.
CAVELLI, Presidente del Consiglio
Prendiamo atto dell'accoglimento degli emendamenti, pertanto avendo accolto gli
emendamenti proposti dal Consigliere Oliveri l'ordine del giorno è esattamente il
seguente:
"Il Consiglio Provinciale di Genova nella seduta del 9 aprile 2002 ha approvato
a larga maggioranza" (viene tolto su proposta del MIL) "una mozione che vuole
rivendicare ed esaltare le tradizioni repubblicane e di libertà dell'antica Repubblica
di Genova". Gli altri due commi rimangono invariati. Il dispositivo finale viene
sostituito integralmente: "impegna il Presidente a seguire con attenzione
l'evolversi della vicenda assumendo ulteriori elementi presso gli uffici del Parlamento
europeo e del Governo italiano".
Questo è l'ordine del giorno da approvare. Chiedo se vi sono dichiarazioni di voto
al riguardo.
Nessun altro Consigliere avendo chiesto la parola, il Presidente del Consiglio mette
ai voti l'ordine del giorno emendato.
Procedutosi a regolare votazione per alzata di mano, fatta con l'assistenza degli
scrutatori, si constata il seguente risultato:
Presenti.....................................
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n. 22 |
Votanti...................................... |
n. 19 |
Maggioranza............................ |
n. 10 |
Voti favorevoli........................ |
n. 19 |
Astenuti.................................... |
n. 3 |
Il Presidente del Consiglio in conformità dichiara approvato l'ordine del giorno.
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