[ Indietro ] Ciassa Sarzan, 'na neutte de frevâ
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O l'é milleeuttoçentotrentequattro. 'N'ombra a l'aranca a-a çimma de 'n caroggio A l'é a fin, gh'é guardie dapertutto, La drento, in mezo a corbe de carbon, «Stæ sciu zoenotto, ch'òua o ciu o l'é fæto!». Doî euggi lampézan comme sciamme Chi diva ste paròlle, quella neutte Ernesto Pisani |
Piazza Sarzano, una notte di febbraio
È il milleottocentotrentaquattro. / Il quattro di febbraio, avanti giorno. / Un'ombra s'affretta alla sommità d'un vicolo / sfiorando le vecchie case assopite. / Fa un passo e sussulta, tende l'orecchio / per ricevere dalla piazza la voce amica / degli altri patrioti, per dare l'avvio / ad una sollevazione voluta dal Mazzini. / Ma il tradimento ha scompigliato tutto. / «Fermo! Altolà!»: un grido lo raggiunge alle spalle / e mette le ali ai piedi alla persona / che si ritrova sulla piazza come un lupo / braccato senza speranza di salvezza. / È la fine, ci sono guardie dovunque, / e solo Dio a cui raccomandarsi. / Ma una porta si schiude, ed una voce: / «Presto, di qua!». Un lampo, e torna il buio. / Toc! Toc! «Chi è?»... «Avete visto un uomo?"... / «Un uomo? A quest'ora? Non abbiamo visto nulla!». / E passi via di corsa per altre strade. / Là dentro, tra cestoni di carbone, / cataste di legna, ceste di verdura, / c'è un cuore che batte ancora per l'emozione. / «Animo, giovanotto, ora il peggio è passato!". / «Ma Voi, per me, giocate con la vostra vita!". / Sorride la donna, e infonde coraggio: / «Starete qui un paio di giorni, poi vedremo! / Ho dei lavoranti alle calate, / ho le barche da carbone,... tranquillizzatevi!". / Due occhi azzurri lampeggiano come fiamme / al tremolante chiarore del lume. / «Òh, santa donna, io vi devo la vita!". / «Non è nulla, si fa il possibile! / E... come vi chiamate? Da dove venite?". / «Giuseppe Garibaldi... e sono di Nizza!". / «Un bel nome... un nome fortunato!". / Chi diceva queste parole, quella notte / era Natalina Pozzo di Sarzano / la mia quadrisava, donna di Genova.
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