Nel 46 a.C. Giulio Cesare procedette a una riforma del calendario, dietro suggerimento, forse, dell'astronomo alessandrino Sosigene e, probabilmente, di vari filosofi e matematici.
Dopo aver assegnato la durata di 445 giorni all'anno 708 di Roma (46 a.C.), che risultò così, probabilmente, l'anno più lungo della storia, stabilì che la durata dell'anno sarebbe stata di 365 giorni, e che ogni quattro anni si sarebbe dovuto intercalare un giorno complementare. L'anno di 366 giorni fu detto bisestile, perché quel giorno complementare doveva cadere sei giorni prima delle calende di marzo (facendo raddoppiare il 23 febbraio), e chiamarsi così bis sexto die ante Kalendas Martias (= nel doppio sesto giorno prima delle calende di marzo).
Con la riforma di Giulio Cesare (che stabilì così la regola del calendario giuliano) l'anno restò diviso in 12 mesi, dei quali 7 di 31 giorni, 4 di 30 e 1 (febbraio) di 28 o di 29. Inoltre gennaio e febbraio diventarono i primi mesi dell'anno, anziché gli ultimi, com'era stato dai tempi di Numa Pompilio fino ad allora.