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Gazzettino Sampierdarenese
Anno XXXIV - N. 3 24 Marzo 2006

Per Genova sarebbe un segnale di condanna dell’umiliante saccheggio del 1849

Il tesoro dei Savoia sia dato a Genova

 

Maria Josè di Savoia ingioiellata

 

La Banca d’Italia ha deciso di sbloccare l’enorme tesoro dei Savoia, finora custodito, ma non visibile, nei sotterranei della Banca d’Italia a Roma.

Innanzi tutto ricordo che questo tesoro è il cosiddetto tesoro della Corona. Dopo il voto del referendum e 8 giorni prima dell’esilio, precisamente il 5 giugno del 1946, il ministro savoino Falcone Lucifero consegnò a Luigi Einaudi, allora governatore della Banca d'Italia, un cofanetto foderato di velluto azzurro a tre piani contenente 15 gioielli di brillanti (circa 3500) e perle (circa 2000). La stima del tesoro, molto del quale dovuto ai saccheggi e agli ingenti bottini di guerra che i Savoia fecero anche a spese di altre pacifiche popolazioni italiche (penso alla Repubblica di Genova e al Regno delle Due Sicilie), si aggira intorno a due o tre miliardi di euro (tremila, cinquemila miliardi delle vecchie lire) oltre al valore storico dei singoli preziosissimi manufatti.

Subito si è mosso il piemontese on. Raffaele Costa domandando che tale tesoro sia assegnato alla città di Torino e sia reso visibile dal pubblico. In tal modo esso diventerebbe una notevole attrazione turistica; forse anche per questo, il Sindaco di Torino ed il Presidente della Regione Piemonte stanno appoggiando tale iniziativa.

Qui da noi, invece, si è mosso il Mil, Movimento Indipendentista Ligure, che chiede a tutti i parlamentari liguri, a tutti i candidati liguri e a tutte le Istituzioni liguri (Regione, Provincia e Comune di Genova) di attivarsi affinché tale tesoro sia assegnato alla città di Genova. A motivazione di questa richiesta il Mil ricorda il vergognoso saccheggio dell’aprile 1849, autorizzato da Vittorio Emanuele II (proprio quello che troneggia in mezzo alla magnifica piazza Corvetto), il quale insultò tutti i Genovesi definendoli «vile ed infetta razza di canaglie» nella lettera, scritta in francese, per ringraziare il generale dei bersaglieri Alfonso La Marmora del massacro compiuto: «Non potevate fare di meglio e meritate ogni genere di complimenti».

Ma non solo il Mil si è mosso. In una sua precedente interpellanza rivolta a quattro ministri, il senatore diessino Aleandro Longhi ha quantificato in circa 3948 miliardi di vecchie lire (circa 2 miliardi di euro) i danni subiti dalla città di Genova, aggiungendo inoltre che «la perdita, illegittimamente subita, dell’indipendenza di un popolo (in questo caso di quello ligure), dei suoi valori e della sua civiltà è inestimabile e non risarcibile se non con il ristabilimento del diritto leso».

Ecco perché il Mil chiede che il tesoro dei Savoia venga trasferito qui: per far sì che Genova possa ottenere un parziale risarcimento per gli enormi danni che dovette subire per ordine dei Savoia e, soprattutto, perché resti un segno visibile e indelebile dell’umiliante saccheggio del 1849.

Franco Bampi

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