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Maledizione sul Genoa?
Il Secolo XIX
Venerdì 19 agosto 2005
Una maledizione di cent’anni fa
CLAUDIO CAVIGLIA
Mi hanno raccontato una storia incredibile. Non
so se è vera. Ma non importa. E voglio raccontarla
a tutti i genoani come me. Ragazzi, stringiamo
i denti, vada come vada: che sia serie C o serie A,
siamo quasi arrivati alla fine dei nostri patimenti. Perché
tra cinque anni si sarà compiuta la maledizione
che ci perseguita da un secolo. Non sono impazzito.
La storia che mi hanno raccontato è proprio questa:
all’inizio del ’900, quando fu costruito lo stadio di Marassi,
il vecchio Grifone fu colpito dalla maledizione
di una contadina, una manente di Villa Piantelli: «Genoa,
non vincerai nulla per i prossimi cent’anni, non
vedrai più la luce delle vittorie così come io non vedo
più la luce del sole».
Come si fa a non credere a questa storia? Basta
pensare a tutti i giocatori del Grifone caduti durante
la grande guerra, da Luigi Ferraris, al portiere Adolfo
Gnecco, dall’ala Carlo Marassi all’attaccante Alberto
Sussone, al terzino Claudio Casanova. Senza dimenticare
che durante il conflitto è morto anche James
Spensley (che si era arruolato come ufficiale medico
nell’esercito britannico) il “vero” padre fondatore del
Genoa. Poi le disgrazie del Genoa sono state un continuo
crescendo, benché inizialmente accompagnate
da qualche successo sportivo. Ma dopo lo scudetto
del ’24, la maledizione si è rafforzata, anche perché,
nel ’27 si sono aggiunti tribune e distinti che hanno
ulteriormente tolto il sole a Villa Piantelli e ai terreni
circostanti. E come non ricordare, allora, il furto dello
scudetto di Bologna? E la prima retrocessione in B?
E l’abisso della C? E tanti altri episodi che i tifosi sanno
a memoria: dal rigore sbagliato di Pruzzo al dramma
di Ravenna. Il Genoa ha sempre dovuto lottare contro
un destino stranamente e inspiegabilmente avverso.
Roba da Grifo, si dice. O no?
Ma che cosa è successo cent’anni fa? Perché siamo
stati maledetti? Tutto risalirebbe a quando il marchese
Musso Piantelli, socio del Genoa, decise di
mettere a disposizione un’area adiacente alla sua Villa
per costruire un nuovo campo da calcio. Che fu inaugurato
il 22 gennaio del 1911 e dunque il maleficio
centenario risale probabilmente all’anno precedente,
il 1910: ecco perché forse (facciamo comunque gli
scongiuri) siamo vicini ad uscire dal tunnel. Il marchese
Piantelli regalò dunque un pezzo del parco della
sua villa (che è ancora in piedi, dietro i distinti). Un
gesto di generosità verso l’amato Grifone, ma che
danneggiava indirettamente una contadina. La donna
era una manente del terreno, in parte sottratto per
costruire il campo da calcio, in parte “oscurato” dallo
stesso. Non è un caso, dunque, che di presenze di
forze malvagie, nei pressi dello stadio, si parli da sempre.
Come se la maledizione non colpisse solo i padroni
di casa di Marassi (quando il campo è stato
costruito i cugini non esistevano ancora) ma anche
l’area circostante a cui toglie il sole. Non è un segreto
per nessuno che la storica Villa, edificata nel ’500,
sia da sempre legata a fenomeni misteriosi. Negli anni
sono stati ricorrenti gli avvistamenti di una figura velata
di bianco che passeggiava tra le ampie vetrate.
Nel ’33, un gruppo di portuali, deciso a dimostrare
che nella Villa non c’era nessuno e tantomeno fantasmi,
fu preso a schiaffi nel buio di un salone. Nelle
vicinanze dello stadio, sempre negli anni ’30 una coppia
di sposini fu disturbata per mesi da colpi violenti
provenienti dai muri di casa e anche questo caso finì
sui giornali: si ipotizzò che il fantasma di Villa Piantelli
avesse cercato dimora altrove. Una controprova alla
storia della maledizione? L’ultimo raggio di luce, il Genoa
lo ha visto con la Coppa Uefa, pochi mesi dopo
la ristrutturazione dello stadio, avvenuta per Italia ’90,
proprio quando la luce - seppure per pochi mesi -
è tornata ad illuminare Villa Piantelli e i terreni circostanti.
Personalmente sono sempre stato uno strenuo
difensore dello stadio di Marassi e della mitica Nord.
Ma se la ricetta per rivedere grande il Genoa da subito,
senza aspettare altri cinque anni, fosse quella di
abbatterlo, non esiterei a presentarmi come volontario
con il piccone in mano. Ma sia chiaro: a Trasta mai!
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