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Benedetto XV: un grande pontefice genovese nella storia
del Novecento
di Giovanni Battista Varnier*
Un papa sconosciuto, l’ultimo pontefice genovese, il papa della pace e
della carità, il pastore più dimenticato del XX secolo: le definizioni
sono tante. Si tratta di un pontificato ricco di interesse e che desta
curiosità, ma scarsamente studiato, perché breve e, fino a poco tempo
fa, con poco materiale a disposizione degli studiosi.
Anche a Genova Giacomo Della Chiesa non è conosciuto, pur essendo
rimasto sempre legato alla sua terra.
Nasce il 21 novembre 1854, dal marchese Giuseppe (Genova 26 febbraio
1821 - Roma 25 maggio 1892) e da Giovanna Migliorati (Genova 17 aprile
1827 - Pegli 4 luglio 1904), discendente da un casato a cui appartenne
papa Innocenzo VII. Negli anni del liceo manifesta una vocazione
religiosa per influenza del prozio il cappuccino Giacomo da Genova,
figlio del marchese Giovanni Antonio Raggi, ministro di Stato di re
Carlo Alberto.
Il 5 agosto 1875 è proclamato dottore in Giurisprudenza nell’Università
di Genova. E’ il primo pontefice a conseguire il titolo in una
Università laica. Si trasferisce a Roma e il 16 novembre del medesimo
anno entra nel Collegio Capranica per studiare teologia. Nel 1878 viene
ordinato sacerdote e frequenta i corsi dell’Accademia dei Nobili
Ecclesiastici.
Abita a Roma con la famiglia a palazzo Brazzà in piazza Sant’Eustachio.
Segue il Spagna il nunzio Mariano Rampolla del Tindaro e, tornato in
sede nel 1887, nel 1901 viene promosso sostituto alla Segreteria di
Stato.
Il 22 dicembre 1907 è consacrato vescovo da Pio X e destinato alla sede
di Bologna, come successore del card. Domenico Svampa. Creato cardinale
il 25 maggio 1914 (dopo la morte del Rampolla) il 3 settembre del
medesimo anno è eletto papa.
Attraversa la guerra europea e le conseguenze dell’immediato dopoguerra
e, nonostante la mancanza di una sovranità territoriale ostacolasse le
comunicazioni della Santa Sede, la sua azione persegue tre obbiettivi:
invocare la fine del conflitto; umanizzare la guerra, alleviare le
sofferenze. Resta famosa la nota del 1° agosto 1917, inviata a tutte le
potenze belligeranti, contenente proposte di pace concrete e pratiche,
che si chiudono con quella definizione (che dobbiamo leggere senza
estrapolare dal testo) di sperare di giungere “quanto prima alla
cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più apparisce
inutile strage”.
Nel dopoguerra affronta le conseguenze sul piano religioso degli enormi
mutamenti territoriali a seguito del crollo di quattro imperi e della
nascita degli Stati nazionali e, anche se si poteva ritenere che la
politica del pontefice durante il conflitto avrebbe alienato le simpatie
dei governi, si verificò il contrario e numerosi Stati allacciarono
rappresentanze diplomatiche con la Santa Sede.
A ricordo della sua opera di benefattore dei popoli senza distinzione di
nazionalità e di religione nel 1920 fu eretta a Costantinopoli una
statua dello scultore Pietro Canonica che ritrae Benedetto XV
benedicente tra i due continenti.
Sul piano religioso Ernesto Buonaiuti definì l’età di Benedetto XV come
“La reviviscenza cattolica”. Si può ricordare: il 27 maggio 1917 la
promulgazione del Codice di Diritto canonico; il 16 maggio 1920 la
canonizzazione di Giovanna d’Arco e, nel medesimo anno, la fondazione
dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano e, inoltre, la
promozione all’episcopato dei due successori: Pio XI e Pio XII.
Ammalato di bronchite influenzale, morì il 18 gennaio 1922.
Quello di Benedetto XV non fu quindi soltanto un pontificato centrale
nella storia del novecento, fu soprattutto un grande pontificato;
Gabriele De Rosa lo definisce “fra i più intensi e importanti della
storia contemporanea della Chiesa”. Un pontificato che merita di essere
meglio ricordato da tutti i Genovesi.
* Giovanni Battista Varnier, ordinario di Storia e
sistemi dei rapporti tra Stato e Chiesa presso la Facoltà di Scienze
Politiche dell'Università di Genova
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