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Il Secolo XIX
Mercoledì 30 novembre 1994
A metà dell'800 si fece risalire la nascita al 1470, ma
l'Ateneo finì lo stesso in serie B
Università bugiarda
Genova falsò l'anno di fondazione
Due secoli in più per ingannare i Savoia
Una lunga ricerca d'archivio, poi la singolare
scoperta di due docenti. L'Ateneo genovese nacque in realtà nel 1670 grazie
ai gesuiti. Ma a metà dell'Ottocento lo storico Isnardi anticipò la nascita
di due secoli per dare più lustro all'Istituto e farlo accedere ai
finanziamenti del Regno di Sardegna. La bugia non resse e l'Università
genovese soffrì quarant'anni d'ombra
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di ANNALISA RIMASSA
La storia dell'Università di Genova fu cambiata per troppo amore, ma soprattutto
per avere un po' di quattrini. Fu un falso del secolo scorso: la data di nascita di
veri e propri corsi di laurea venne corretta per dignità, disperato orgoglio, nobile
stizza, facendola scendere fino al Medioevo, al 1471. Ma che cosa mosse lo storico
Lorenzo Isnardi - vissuto nella metà dell'Ottocento - a lanciare una "bugia"
da regalare ai posteri? Se hanno ragione le ultime scoperte, la frottola era
destinata ai potenti dell'epoca, i sovrani del regno Sabaudo decisi a declassare
l'ateneo genovese perché poco prestigioso. E i "tagli" - che gravavano
anche allora - avrebbero penalizzato l'Università.
A confutare la verità di Isnardi, autore nel 1861 della "Storia
dell'Università di Genova", in due volumi, è un'équipe di studiosi genovesi:
che nella nebbia del tempo hanno messo a fuoco tutt'altra data: 1670 anno in cui i
Gesuiti diedero inizio a una vera e propria università.
Come dare un velo di lustro a un'istituzione che rischia di perdere corsi e
docenti? Invecchiandola. Facendo credere che sia nata alla fine del Quattrocento, e
non nel troppo "vicino" Seicento. «Bisogna chiarire nella nostra
Università a qual punto siano i suoi stabilimenti scientifici...» avverte Isnardi
nella prefazione al primo volume della sua opera, e più avanti aggiunge che «sovente
ci convenne richiamare documenti di tempi anteriori, e nelle antiche istituzioni
ricercare la ragione di taluna delle presenti condizioni dell'Università». Quindi
capitolo dopo capitolo, elenca fonti, date e citazioni per sostenere la tesi di
un ateneo medievale. Punto principale dell'indagine è la bolla del pontefice Sisto
IV che riconosceva a Genova l'esistenza di facoltà, dottori e maestri «con tutti i
privilegi e tutti gli onori».
Ma la bugia non è andata avanti. La ricerca rende grazie alla "verità
storica", dicono gli autori di oggi, e approfondisce un capitolo oscuro della
vita accademica genovese. Nel momento delle grandi proteste studentesche le facoltà
si scoprono più giovani di due secoli. Dopo una lunga ricerca d'archivio, il gruppo
che fa capo a due docenti di legge, Rodolfo Savelli e Vito Piergiovanni, (e che conta
lo storico Salvatore Rotta, il bibliotecario Calogero Farinella e l'archivista
Alfonso Assini), ha scoperto che l'Università genovese nel senso moderno della
parola, è una creatura dei Padri di Sant'lgnazio di Loyola. «Il papa Sisto Rovere,
savonese, - spiega Vito Piergiovanni, docente di Storia del diritto italiano - nel
1471 concesse sì il privilegio a Genova di aprire un'università con tutti i crismi.
Ma non venne mai fatta. Probabilmente per ragioni economiche».
Passarono i secoli e a un ateneo in piena regola, pensarono invece i Gesuiti, che,
sostiene Savelli, già da cinquant'anni avevano istituito corsi e lauree. Ma è alla
fine del Seicento che viene organizzata una «compiuta università», utilizzando i
proventi delle cattedre lasciate in eredità ai Gesuiti dal nobile Ansaldo Grimaldi.
Era il 20 marzo 1670. E non il 1471 anno suggerito da Isnardi per "salvare"
l'ateneo.
La prova della svista era sotto gli occhi di tutti. Senz'altro davanti allo
sguardo di coloro che, tutte le mattine, da oltre tre secoli, varcano la soglia di
via Balbi 5. Palazzo seicentesco, sede della facoltà genovese di Giurisprudenza.
È lì su una parete vicina all'aula Rossello, che si trova una lapide scritta in
latino: ricorda l'ultimo atto che dà vita all'ateneo genovese. E la generosità del
Grimaldi chiamato dal generale della Compagnia di Gesù «cofondatore di detta nostra
università».
Diavolo di un Isnardi, però. Che per avvalorare la sua tesi, per scongiurare
l'impoverimento di cattedre e stipendi stabilite dal Regno, mise in discussione più
di un autore. Come Spotorno che nel dizionario del Casalis scriveva che "un
vero studio pubblico (ossia università) non lo ebbe Genova prima del 1773.
«Definizione poco esatta e arbitraria», lo liquida il paladino del "campus"
genovese. Ma perché tanta passione nell'invecchiare le facoltà? «A Isnardi non
andava giù l'annessione al Piemonte e il fatto che gli studenti genovesi corressero
il pericolo di dover andare a studiare a Torino, lo indispettiva moltissimo». Tanto
sforzo, però, servì a metà. Durante l'Ottocento l'ateneo genovese visse per una
quarantina d'anni in ombra. Lo salvarono unendosi in un consorzio, enti pubblici e
imprese dell'epoca. E nel 1885, precisa Rodolfo Piergiovanni, l'Università genovese
tornò nella lista di "prima classe".
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