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Il Secolo XIX
Giovedì 4 gennaio 2001

Scoperti per caso negli ex macelli di Ca' de Pitta in Valbisagno importanti reperti architettonici neoclassici. È mistero sulla provenienza

Le antiche colonne? In discarica

La soprintendente ai Beni ambientali: «Ordinerò subito un'ispezione»

Due colonne intatte, cinque spezzoni e due capitelli. Pezzi di storia abbandonati tra i detriti e avvolti nel mistero.

A guardarle, con l'occhio del profano, sembrano le colonne del Carlo Felice. Gli esperti, invece, sostengono che le tesi più disparate: c'è chi dice che si tratta di reperti dell'ospedale di Pammatone, chi giura che provengono dalla Chiesa dell'Annunziata. Ma anche chi ha deciso di "confinarle" a Ca' de' Pitta, non si sa.

L'unica certezza è che si tratta di preziose colonne e capitelli in marmo. Frammenti di arte, dimenticati nel cortile dell'ex concimaia dei macelli della Val Bisagno, ormai ridotta a una discarica. Ieri, dopo la segnalazione del Secolo XIX, la soprintendenza ai beni artistici ha promesso: «Ce ne occuperemo noi». Parola della responsabile, Liliana Pittarello.

  

Le colonne neoclassiche abbandonate in una discarica (foto Welters)

 

Ma gli interrogativi che aspettano una risposta sono tanti. Primo fra tutti: torneranno al loro splendore?

È lungo, purtroppo, l'elenco delle opere d'arte che sono sparite dalla città. dai moli del porto antico ai cimeli di Staglieno, dalle statue di San Martino alla pavimentazione di Galleria Mazzini, all'angelo dell'Arecco. Senza dimenticare i tram e i filobus, testimonianze di storia cittadina accantonate troppo in fretta quando il trasporto urbano è passato tutto su gomma.

Cinque anni fa, Giordano Bruschi, allora consigliere di circoscrizione e attuale segretario provinciale di Rifondazione comunista, aveva denunciato l'esistenza delle colonne. «Ma - ha spiegato - non ho mai avuto risposte dall'amministrazione comunale. Credo che al sindaco dell'epoca, Adriano Sansa, non glielo abbiano mai riferito». Nel frattempo, le colonne sono state di nuovo coperte dai rovi. Fino a quando, qualche mese fa, i giovani del centro sociale Pinelli, che avevano occupato quello spazio abbandonato, le hanno riportate alla luce.

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