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Il Secolo XIX
Venerdì 5 gennaio 2001

Da dove vengono gli antichi ruderi di Ca' de Pitta? Carlo Felice, Pammatone o Staglieno...

La città si riempe di detective sulle tracce delle colonne

A questo punto, forse, converrebbe chiedere aiuto a Indiana Jones. Perché scoprire da dove arrivano le antiche colonne abbandonate a Ca' de' Pitta non è facile. Gli anni hanno cancellato le tracce. E anche le memorie iniziano a essere sbiadite.

In attesa che la Soprintendenza effettui il sopralluogo (e provi a datarle in maniera scientifica), ieri abbiamo indagato sulle loro origini.

Per tutta la giornata, poi, abbiamo ricevuto tante telefonate da parte dei lettori. Qualcuno si è limitato a esprimere sdegno. I più hanno offerto il proprio contributo e le proprie ipotesi di soluzione del giallo.

Pierino Albertelli ha settantacinque anni. Una vita trascorsa a lavorare in Darsena: «Quelle colonne — racconta — sono state abbandonate per almeno due anni in porto, nel quartiere Famagosta. Chiudo gli occhi e le vedo ancora. Poi le hanno portate via. Sono quelle, ne sono convinto. Erano state salvate dalla demolizione di una porta, che si trovava in via Gramsci e di cui ora non ricordo il nome». In archivio, l'unica testimonianza fotografica che abbiamo trovato riguarda Porta Reale, demolita negli anni '60 per fare spazio alla sopraelevata.

Tentare di ottenere una risposta dagli uffici comunali, in questi giorni, è invece un'impresa impossibile. Si rimbalza dal centralino a un ufficio, poi all'altro. L'assessore all'Urbanistica, Gabrielli, è in ferie. E come lui anche molti dirigenti e funzionari.

A casa, invece, abbiamo trovato Giorgio Olcese, ex ingegnere capo del Comune, ora in pensione: «Secondo me — ha spiegato — le colonne ritrovate non provengano dall'ex ospedale di Pammatone, perché quelle erano doriche e non scanalate. Così, a vederle, sembrano invece quelle di Staglieno o dell'Annunziata: ma chi le ha tolte da lì? La Soprintendenza dovrebbe saperlo». Così non è. La convinzione, invece, è ' che qualcuno negli uffici comunali possa saperne qualcosa di più. Dopo aver effettuato una miriade di telefonate, finalmente ci viene indicato un nome. È quello dell'ingegner Giovanni Cecconi, che ha seguito la direzione dei lavori di ristrutturazione del museo Sant'Agostino, del Carlo Felice e di Palazzo Ducale. Ma ci vuole pazienza: tornerà a lavorare solo lunedì.

Raffaella Ponte è invece la direttrice dell'Archivio storico che in passato, aveva espresso la sua tesi: la direttrice era a conoscenza dell'esistenza di quelle colonne. Tempo fa aveva avanzato l'ipotesi che potessero provenire dal cimitero di Staglieno.

Ennio Poleggi è un docente universitario e uno storico d'arte. «Le colonne ritrovate a Ca' de' Pitta - dice - sono solo l'ultimo sfregio alla memoria cui assistiamo in questa città. Basta pensare alla vicenda dei moli del Porto Antico, oppure alla porta Aurea di Piaccapietra. O, ancora, alle colonne del chiostro quadrato del Sant'Agostino: a parte le quattro agli angoli, le altre sono tutte rifatte. Dove sono finiti gli originali?»

Scusi? «Quelle colonne - ha piegato Poleggi - sono state abbandonate per anni vicino alla chiesa di San Salvatore. Poi sono sparite nel nulla». Ci siamo messi sulle tracce di due colonne dimenticate e abbiamo scoperto che ne sono sparite altre quaranta.

Claudio Caviglia

Le colonne di marmo abbandonate nella discarica di Ca' de Pitta (foto Welters)

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