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Il Secolo XIX
Mercoledì 22 novembre 2000
Città senza memoria
Che tristezza una città che non coltiva la propria memoria. Gli antichi moli
medievali che si affacciano sul porto sono una testimonianza storica unica nel
suo genere. Probabilmente non esiste nulla di simile nell'intero bacino del
Mediterraneo. Altrove sarebbero recuperati, restaurati, valorizzati e tutelati.
A Genova, purtroppo, abbiamo assistito in questi anni alla sistematica distruzione
(o interramento) delle pietre che formavano le banchine e le calate di Ponte
Calvi, Ponte della Mercanzia, Ponte Reale e Ponte Spinola. Negli anni Novanta
l'architetto Renzo Piano aveva vagheggiato la creazione, con i moli di Colombo,
di uno straordinario parco archeologico. Le cose sono andate diversamente.
Ora nel cantiere del "Cembalo" è venuto alla luce il cuore stesso
dell'antico porto di Genova: le poderose banchine attorno alle quali è nata e si
è sviluppata una città che sul mare e sui trattici ad esso legati ha creato le
proprie fortune. Vedere oggi gli antichi reperti oppressi dai piloni di cemento
delle palazzine in costruzione mette un senso di angoscia. Sapore che verranno
ricoperti e non diventeranno una testimonianza del glorioso passato di Genova
fruibile dai cittadini e dai turisti ti lascia un senso di rabbia impotente.
T. C. [Teodoro Chiarelli]
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