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Il Secolo XIX
Giovedì 10 giugno 1999

Fra le aziende e la coop "Il Cembalo"
accordo fatto, anzi in alto mare

 

Uno scorcio della Darsena
(foto Ambrosi)

 

In attesa che la battaglia a colpi di carta da bollo si concluda, dieci giorni fa in Darsena sono iniziati i primi lavori. «Stiamo mettendo mano alla sistemazione dell'edificio Tabarca - spiega Gianfranco Molisani, responsabile della cooperativa "Il Cembalo", fulcro del programma di riqualificazione urbana avviata nell'area - per potervi ricollocare le aziende che attualmente hanno sede al Cembalo. I lavori su quest'ultimo edificio, una volta svuotato, partiranno entro l'inizio di luglio. Così come previsto dall'accordo di programma sottoscritto, lo scorso ottobre, da Ministero, Comune e Regione».

Tutto a posto dunque? Non proprio. Perché ben quattro delle aziende che hanno ottenuto dal tribunale civile la sospensiva degli sfratti comunali, hanno sede proprio al Cembalo: sono la Armater, i cantieri navali Marino, la Cein e la Sepomar. Molisani minimizza: «La questione degli sfratti va per conto suo. Si tratta di un contenzioso fra le aziende e il Comune sorto più di un anno fa e collegato a morosità sul pagamento degli affitti, che erano stati aumentati. Noi ci muoviamo su un altro terreno. Le trattative per il trasferimento al Tabarca o in altri edifici portuali delle aziende in questione sono sostanzialmente concluse e positivamente. I locali del Cembalo attualmente occupati da magazzini e imprese saranno liberati entro fine mese».

Increduli? Molisani entra nel dettaglio. Dice che la falegnameria Armater, l'azienda di impiantistica Cein, il centro di noleggio barche Saylor e la compagnia di trasporti marittimi Sepomar hanno accettato di sistemarsi nei locali ristrutturati del Tabarca. «Il cantiere navale Marino - aggiunge Molisani - con ogni probabilità unificherà la sua attività a quelle che ha in Sardegna, la sede dell'istituto Nautico sarà ricollocata su indicazioni della Provincia e la Teckno Spanek che ha sede al Famagosta, così come la Canepa e Campi, si trasferiranno nei locali lasciati liberi dalla cooperativa Negro a San Benigno».

Peccato, però, che non siano esattamente dello stesso avviso i diretti interessati. Come i responsabili della Cein che prendono le distanze parlando di «un accordo verbale ancora tutto da definire». O la Sepomar che di traslocare al Tabarca non ci pensa proprio. «Abbiamo chiesto una sistemazione a Ponte Andrea Doria e, francamente, i 17 milioni che ci hanno offerto per sistemarci nel nuovo magazzino non bastano neppure per il progetto».

Ma non basta. A complicare il tutto c'è anche la questione della titolarità di aree ed edifici. Se davvero è tutto dell'Autorità portuale come sostengono in tribunale i legali delle aziende in lite con il Comune, a che titolo Tursi può portare avanti i suoi programmi di riqualificazione? «Sulla base - risponde senza esitazioni l'assessore all'Urbanistica, Bruno Gabrielli - di un tacito accordo suffragato da una lettera di impegno. Un accordo decennale secondo cui gli edifici della Darsena sono di proprietà comunale, acqua e superfici dell'autorità portuale. Ed è proprio su questa base che palazzo San Giorgio ha dato via libera con una lettera agli interventi di recupero nell'area. Lo ha fatto nel caso dell'insediamento di Economia e Commercio, lo ha ripetuto in occasione della firma del Pru della Darsena».

Andrea Casazza

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