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Il Secolo XIX
Il Lavoro - La Repubblica
Venerdì 2 ottobre 1998
La Darsena
La Darsena offre alla città un'occasione preziosa per la riqualificazione
urbana e per il recupero del Centro Storico. Il piano urbanistico recentemente
approvato per la Darsena, che prevede la demolizione di un importante patrimonio
urbano a favore dell'ennesima speculazione immobiliare, non può invece che risolversi
in un danno irreparabile per la città. È opportuno motivare questa dura affermazione
che sosteniamo con certezza.
È bene sapere che:
- La Darsena è uno dei luoghi più antichi del Porto Storico. Realizzata tra il
1155 ed il 1283 come fatto a se stante, del tutto particolare (in parte militare
ed in parte mercantile), accolse poi l'Arsenale della Repubblica Genovese e quindi
divenne Emporio Commerciale.
La sua configurazione attuale è il risultato di una sequenza coerente di
trasformazioni che hanno sempre conservalo alla Darsena il significato di luogo
importante nella città, di luogo ove si esprimevano le raffinate competenze di
una cultura materiale che rappresentava la ricchezza e l'orgoglio di Genova.
Per questo la Darsena non è solo una testimonianza del passato ma è strettamente
legata all'identità di Genova, così come lo è, per intendersi, il suo mare.
- La Darsena ha carattere unitario. È composta cioè da edifici e spazi aperti in
stretta relazione che hanno una grande forza espressiva nel loro insieme.
È evidente che intervenire su una parte di essa, senza considerazione della
sua unitarietà, ha l'effetto di una menomazione mortale.
- Gli edifici sono di pregio, sono sette e si chiamano «Quartieri», prendendo
il nome dalle antiche colonie genovesi. Sono manufatti di notevole valore
architettonico per l'esemplare competenza con la quale furono concepiti e
costruiti, per lo straordinario vigore morfologico, particolarità tipologica ed
energia tecnologica.
- Gli edifici della Darsena sono flessibili, avvezzi da sempre ad adattarsi ad
usi e merci differenti; ciò non significa tuttavia che siano semplici contenitori,
scatole vuote da riempire in modo qualunque: è noto che il recupero, quando lo è
davvero, è rispettoso sicché, nella conversione a nuovi usi, non spinge mai la
trasformazione al di là del limite, invisibile ma concreto, oltre il quale
l'identità di un manufatto si sbriciola, la qualità architettonica decade, il
valore socio-culturale si perde naufragando nello squallore di una banalità
insignificante.
- Vi è poi in Darsena un insieme di spazi aperti: lo specchio acqueo, le calate
ma anche suggestive gallerie vetrate, passaggi coperti, collegamenti in quota e
grandi coperture piane, da dove si hanno vedute inedite e sorprendenti sulla
città e sul porto. Luoghi di qualità con spiccato carattere urbano che per la
loro dimensione possono offrite al Centro Storico spazi non altrimenti reperibili
nel serrato tessuto dei vicoli.
- La Darsena è di fronte al quartiere di Pré che, come rivela la stia stessa
morfologia, era un tempo connesso al porto mediante i suoi vicoli i quali,
trasversalmente alla via Pré, da via Balbi scendono a mare in una ricca e vivace
articolazione. Il collegamento è oggi interrotto ma può e deve essere ripristinato
come numerosi studi dimostrano. La separazione è fortemente negativa per un'azione
di riequilibrio ove la Darsena può avere un ruolo di primaria importanza; essa
può accogliere attrezzature e servizi indispensabili al quartiere ed è vocata a
diventare un polo sinergico capace di promuovere molteplici e complessi
interscambi fondamentali per la rivitalizzazione del Centro Storico.
Detto ciò occorre richiamare l'attenzione sul fatto che la riqualificazione
socio-economica di Genova impone il risanamento delle situazioni di degrado ambientale
e la ricostituzione di una identità della città basata sulle più autentiche
espressioni della sua cultura e sullo sviluppo delle sue potenzialità produttive.
Il risanamento della città antica, che deve essere rivitalizzata, e la
valorizzazione del patrimonio storico, che deve essere reinserito nel circuito delle
attività contemporanee, debbono essere dunque obiettivi primari dell'intervento
sulla Darsena.
Non vi è dubbio che la Darsena deve accogliere attività in grado di rispettarne
e valorizzarne il carattere, capaci di promuovere una azione di riqualificazione del
Centro Storico e di arricchire e rappresentare la città da un punto di vista
culturale ed economico. A titolo esemplificativo attività possibili sono state
peraltro individuate e suggerite in sedi competenti e ribadite dallo stesso
Consiglio di Circoscrizione: attrezzature e servizi che colmino le lacune della
città antica; attività produttive fondate su tecnologie avanzate e raffinate;
centri di ricerca orientati ai problemi della navigazione e dei mare; istituti per
l'istruzione tecnica superiore e universitaria; luoghi dedicati all'elaborazione e
all'esperienza di attività culturali; osservatorii e belvederi, spazi quieti dove
è piacevole stare e guardare la città ed il mare.
Trasformare la Darsena a beneficio della città, non vuole dire trattarla in modo
generico ma rispettando la sua singolarità, renderla complementare alle altre parti
di città con competenza e responsabilità; ristabilendo con essa connessioni forti
in termini di attività e di percorsi.
Il destino della città vale ed esige una operazione consapevole. Ma non sembra
che ciò accada.
- Nei primi anni '90 fu approvato un piano che, pur discutibile, prendeva tuttavia
in considerazione l'intera Darsena, prevedeva funzioni speciali di utilità
cittadina e - condizione indispensabile all'acquisizione del finanziamento
statale - precise connessioni funzionali con il quartiere.
- Nel 1996 il Consorzio Recupero Darsena, a cui l'Amministrazione Comunale aveva
peraltro demandato la progettazione abdicando ai suoi doveri istituzionali,
stralciò una parte dei progetto, lo stravolse e richiese i finanziamenti, che
ottenne.
- Comparve una nuova cooperativa edilizia e una «variante» al programma - quelli
approvata dalla Giunta Comunale nei giorni scorsi - che modifica ulteriormente i
contenuti del PRU 1996.
Il nuovo progetto circoscrive le zone di intervento alle parti più appetibili
dell'area. Nulla si sa di ciò che avverrà alle restanti parli della Darsena, né è
dato sapere alcunché sulle effettive connessioni col quartiere di Pré, solo
nebulosamente accennate. Sgomenta, a questo proposito, la soluzione espressa nella
relazione al Piano: «la connessione tra il fronte della Commenda e l'asse di
simmetria dei vecchi silos può essere prevista come passaggio pedonale a raso, ben
evidenziato da un rilevante disegno a terra di zebratura esteso oltre la norma, a
collegare due segni architettonici a forte valenza urbana» (sic): segni
architettonici forti, strisce pedonali doppie!
La citazione non è per amore di polemica ma perché mostra con assoluta evidenza
l'allarmante pochezza della proposta approvata.
In contraddizione con l'indirizzo del Piano Regolatore, che elimina pressoché
totalmente zone di nuova edificazione (considerato anche l'esubero di abitazioni
da recuperare nel Centro Storico) l'unica cosa certa di questo progetto è la
realizzazione di un considerevole numero di appartamenti nel Quartiere Cembalo
(già venduti, costruiti con finanziamento pubblico su area pubblica) sottraendo
alla città, in un colpo solo, un'area importante ed un finanziamento meglio
utilizzabile in più meritevoli operazioni. Questa era, per inciso, la finalità del
finanziamento concesso.
Non sono mancare obiezioni tali da rischiare di invalidare l'operazione; così con
inusitata prontezza è stata inserita all'ultimo momento la realizzazione di un asilo
nido e scuola materna, non meglio specificata né in sé, né nei suoi rapporti con il
quartiere. Inserimento questo che, nella sua modalità di adozione, dimostra solo la
casualità delle proposte, l'assoluta mancanza di approfondimento, lo scarso
convincimento e serietà nell'affrontare un siffatto progetto urbano.
Né del resto appare più pensata la generica proposta per l'edificio Bacinetto ove
«sotto forma di magazzini, o di piccole aule, o di uffici si prevede di ospitare un
complesso di funzioni che rispondono globalmente ad un centro di cultura e di
tradizioni marinare»!
Ma non è tutto; il piano, presentato come una operazione di riqualificazione e
recupero, prevede in realtà la totale demolizione dell'edificio Bacinetto,
sacrificato all'indeterminatezza delle funzioni previste e alle voglie
esibizionistiche di forme architettoniche senza contenuto, e la quasi totale
demolizione dell'edificio Cembalo giustificata, con poca convinzione e con oltraggio
anche alla lingua italiana, come si legge in relazione: «sembra abbastanza possibile
portare l'edificio esistente da una sua evidente monolicità a un trattamento
distributivo e tipologico per lo meno omogeneo al punto di non contraddirne
l'originale compattezza»!
Lo specchio acqueo, potenziale affaccio al mare per il quartiere (si noti che in
nessun altra punto del Porto Storico il mare è così prossimo all'abitato) viene
definitivamente separato dalla città da un banale quanto invadente parcheggio che,
per collocazione e dimensione, si risolve in un ulteriore danno al quartiere laddove
in un serio programma di recupero i posteggi, che sono esigenza primaria, dovrebbero
essere oggetto di ben più attenta valutazione.
E non è un caso che gli spazi aperti siano frettolosamente liquidati: quando un
progetto viene lasciato in gestione alle imprese è evidente che l'interesse si rivolga
alla più vantaggiosa incetta di metri i quadri costruiti.
Non pare dunque che si possa parlare di recupero. Demoliti gli edifici, tradita
la specificità del luogo, parcellizzati ed in gran parte privatizzati i suoi spazi,
alienata la sua identità sacrificandola ad interessi non certo collettivi, negata la
possibilità di un rapporto costruttivo con il quartiere e la città, cos'è che si
recupera, cosa si riqualifica? E altresì grave la più totale ignoranza della
qualificata quantità di studi e ricerche progettuali esplorative sull'argomento ben
noti e in alcuni casi finanziati nel passato con denaro pubblico, per servire alla
città; l'assoluta insensibilità alle autorevoli voci che si sono pronunciate in
questi anni e l'offensiva incuranza dell'ampiamente motivato parere contrario, si
noti all'unanimità, della competente circoscrizione.
Non si può pensare di intervenire sulla Darsena senza un chiaro programma che
definisca i rapporti tra le sue parti e le relazioni con la città. Senza coscienza
di avere a che fare con un patrimonio collettivo di grande importanza per il suo
valore intrinseco e per il potenziale ruolo di riequilibrio ambientale e
socio-economico.
La Darsena non può essere ridicolizzata, svenduta o addirittura demolita e una
operazione di riqualificazione urbana non può essere trasformata in una squallida
operazione immobiliare.
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