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Il Secolo XIX
Il Lavoro - La Repubblica
Venerdì 2 ottobre 1998

La Fiumara

La disponibilità delle aree industriali dismesse rappresenta per Genova uno straordinario potenziale per ridisegnare il futuro sviluppo della città e risanare i quartieri periferici. Per non risolversi nell'ennesima occasione mancata è necessario un «pensiero globale» su Genova, che stabilisca quantomeno le direzioni che si intendono seguire e le vocazioni che si debbono assecondare.

Perché deve essere ben chiaro che le destinazioni d'uso di un'area non hanno in sé valenza positiva o negativa, ma possono produrre processi di riqualificazione, o di degrado, a seconda delle circostanze, del luogo, e della configurazione architettonica ottenuta.

È rigorosamente indispensabile quindi un esame complessivo che valuti, nella nostra realtà socio-economica, le conseguenze che derivano alla città, e in essa al quartiere, da ogni azione compiuta sul territorio.

La prima considerazione evidente è che una città in calo demografico clamorosamente fornita di appartamenti ed uffici vuoti, non necessita di nuove cementificazioni.

Risulta pertanto incomprensibile l'accanimento con cui questa giunta vuole imporre alla città il progetto Fiumara che comprende 220 alloggi ed una torre per uffici.

Bisogna capire chiaramente infatti che, tra tutti i possibili interventi che l'eccezionalità strategica dell'area offre, si è scelto di optare per la solita operazione immobiliare. Perché di questo si tratta.

Nell'attuale situazione socio-demografica genovese (con una disoccupazione tra le più alle d'Italia, una scarsissima qualità urbana delle periferie ed interi edifici disabitati da anni) le linee guida di una corretta strategia d'intervento architettonico e urbanistico debbono essere incentrale su un serio e deciso programma di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente che passi, semmai, attraverso la demolizione di degradanti cementificazioni già avvenute, e sull'insediamento di attività produttive.

Appare incredibile che gli organi preposti alla gestione politica del territorio consentano la sottrazione di aree indispensabili alla città. Alcune considerazioni:

  1. Il PRU (Piano di riqualificazione urbana) per Fiumara era stato accettato fondamentalmente per l'inserimento universitario che, se pur con opportune modifiche, avrebbe potuto tradursi davvero in un’opera di riqualificazione a livello urbano e di quartiere.
  2. Rivelandosi il progetto non conforme alle esigenze dell'università, l’accordo non si raggiunge. L’università rifiuta.
  3. Si attua quindi una stupefacente variante che esclude dal PRU il settore destinato all'università e modifica nella sostanza il significato stesso dell'intervento: l'università sparisce e compaiono una improbabile multisala cinematografica, un «misero polo scolastico» e un ennesimo centro commerciale!
  4. Anche il polo scolastico viene dimezzato, nel tentativo di arginare la forte opposizione da più parti espressa, per lasciar posto (poco) ad attività produttive.

Solo residenza e direzionale, di nessuna utilità al quartiere e alla città, resistono caparbie allo scandaloso susseguirsi di variazioni sostanziali: come se le parti di un progetto (e della città) fossero indipendenti e intercambiabili, senza relazioni e conseguenze le une sulle altre.

Poiché il quartiere ha necessità di attrezzature e servizi di qualità ed essendo nel frattempo totalmente cambiata la situazione del Porto, che è in ripresa, ci pare indispensabile un ripensamento globale sulla destinazione dell'area Fiumara.

E non possono peraltro essere ignorate le osservazioni espresse anche dalla Regione con delibera nº 1954, con la quale si pongono le seguenti gravissime riserve al Piano presentato:

«Studio di impatto ambientale non presenta una definizione progettuale tale da poter essere compiutamente valutato... Sono state rilevate incongruenze quali:

  • la mancata definizione quali-quantitativa del suolo, ai fini della definizione di un'eventuale programma di bonifica
  • la mancata giustificazione delle scelte delle funzioni urbanistiche collocate
  • la non idoneità della localizzazione della funzione residenziale in relazione alla zonizzazione acustica e la necessità dell'utilizzo di idoneo modello matematico per la mappatura del rumore
  • il mancato esame delle possibili alternative d'uso dell'area, con particolare riferimento all'utilizzo come area retroportuale o nell'ambito del ridisegno del nodo ferroviario di Genova
  • lo studio delle possibili relazioni, compresi i vincoli di natura ambientale, derivanti dalle attività previste nell'attuale area a caldo delle acciaierie di Cornigliano
  • il mancato approfondimento della problematica relativa al verde
  • la verifica della compatibilità degli accessi all’area con gli attuali progetti ANAS
  • la mancata analisi del numero dei potenziali utenti di tutte le funzioni previste, considerando la situazione contingente»

Ripristiniamo la logica.

Se è vero il declamato incremento portuale dei prossimi 5 anni, allora occorre prendere in ben più seria considerazione l'ipotesi che Fiumara a debba servire al porto per dotarlo di quelle attività produttive di prima manipolazione delle merci che garantiscono occupazione e servizi indispensabili escludendo quindi, ovviamente, la semplice movimentazione e deposito di containers. Questo almeno finché non si realizzino le aree retroportuali alternative espresse da Gallanti. Perché, se per tali aree si intende il riempimento dei bacini o altro (sperando che gli interventi siano stati seriamente verificati), sarebbe interessante sapere in quali tempi e con quali soldi si prevede di realizzare l'opera.

Investire sul porto nel senso sopra specificato - se oggi serve - non pregiudica contestuali, necessari, interventi di riqualificazione utilizzando quelle parti dell'area Fiumara adiacenti ai tessuto urbano esistente. Viceversa realizzare il progetto proposto può inibire drammaticamente l'attività portuale e quindi un più produttivo utilizzo dell'area senza peraltro produrre alcun riassetto a livello di quartiere.

Se Fiumara non serve al Porto - e quindi la Giunta e l'autorità portuale lo devono assolutamente dimostrare, salvo responsabilizzarsi della scelta politica di rinunciare al potenziamento delle attività portuali per favorire il potenziamento della consistenza immobiliare cittadina - non si millanti comunque questo progetto per «riqualificazione urbana». Perché sprecare l'opportunità offerta dall'area con la banale ed inutile costruzione di condomini ed uffici è un danno incalcolabile per Genova e non porta nessuna riqualificazione.

E compito degli amministratori della città - che hanno il potere ed il dovere di farlo - stabilire indirizzi e destinazioni delle aree ai quali i privati devono corrispondere. Non è tollerabile che avvenga il contrario.

Nell'ipotesi che i 220 alloggi progettati vengano occupati, altri 220 alloggi verranno abbandonati producendo sacche di degrado ambientale e sociale non più rimediabili.

E stupisce l’affermazione dell'assessore Gabrielli in merito al nuovo megacentro commerciale che sostituirà l'insediamento universitario che «assicura più posti di lavoro di quanti se ne avrebbero se si destinasse l'area ad attività industriali e retroportuali».

E infatti un concetto elementare di economia il principio che un forzato potenziamento del commercio al dettaglio riduce l’occupazione a scapito di attività preesistenti, mentre il prodotto interno lordo è incrementato da industria, servizi nazionali, trasporti, turismo.

Nell’attuale politica dei territorio genovese tutte le aree ex industriali - Polcevera, Porto, Fiumara, Fonderie di Multedo, Fonderie di Pra, S. Biagio ecc. - vengono in forte misura destinate ad aree commerciali al dettaglio: così non solo si riduce l'occupazione globale cittadina, ma - impedendo lo sviluppo di industria, turismo e servizi - si programma altresì un ulteriore riduzione della popolazione stessa, rendendo ancora più grottesca la parallela proposizione di nuove abitazioni.

Ma scherziamo? Si rende veramente conto la circoscrizione interessata di quanto stia accadendo? Il baratto, metro più metro meno, di verde fa tristezza. Come farà tristezza questo miserabile verde tra i grattacieli (vuoti).

Se il verde è una delle esigenze capitali del quartiere, il verde deve essere una prioritaria scelta progettuale, non un baratto secondario. E se deve essere un parco che sia vero, una coraggiosa posizione politica a privilegio della qualità della vita, come i parchi delle grandi città europee.

È preoccupante che l'amministrazione cittadina persegua la logica, squisitamente speculativa, che l'ottimizzazione economica delle aree trovi riscontro solo in banali opere di cementificazione. Come è preoccupante l'indefesso impegno con cui si accelerano i tempi con l'insufficiente giustificazione di non far perdere i finanziamenti che riguardano peraltro il solo palazzetto dello sport e che possono comunque rimanere utilizzabili per tale destinazione.

L'operazione avrebbe dovuto essere condotta, fin dall'inizio, in altro modo ma anche a questo punto nulla impedisce, senza mettere a repentaglio i finanziamenti già ottenuti, che la parte di area Fiumara esclusa dal PRU venga totalmente ripensata; d'altra parte anche ulteriori varianti al progetto potrebbero essere introdotte per le aree comprese nel PRU senza pregiudicare il finanziamento concesso.

Per concludere: che qualità di vita si offre in appartamenti assediali dal continuo via vai di macchine e camion, (del centro commerciale, palazzetto dello sport, cinema), con vista sulle acciaierie, una centrale termoelettrica dietro le spalle ed un inquinamento acustico insopportabile proveniente dai terminal Messina?

Ci si domanda come si potrà chiedere alla Regione di concedere il nulla osta di impatto ambientale, laddove, ringraziando il cielo, per molto meno non è stato concesso. Ci si domanda altresì il senso di un nuovo megacentro commerciale che penalizzerà tutto il commercio capillare del quartiere, (laddove in una reale ipotesi di riqualificazione sarebbe più opportuna la scelta di attività che ai cittadini ed al quartiere creassero ricchezza e lavoro), o che significato può avere favorire l'interesse distributivo delle case cinematografiche non preoccupandosi della gestione improbabile di 11 sale: le trasformeremo in supermercati?

Ci si domanda infine con grande preoccupazione in virtù di che cosa le imprese costruttrici pensino di guadagnare da un'operazione costosissima (basti considerare le fondazioni necessarie per costruire grattacieli sul fango) che per un qualunque altro operatore sarebbe economicamente inattuabile.

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