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Il Secolo XIX
Sabato 22 gennaio 2000

Davanti a ciò che resta del nucleo originario dell'Ansaldo, gli operai rimuovono le macerie (fotoservizio Razzore)

 
    
Nella foto in alto si vede l’attuale aspetto dei capannoni Taylor e Prandi (i primi tre edifici da destra). Nella foto sotto si può vedere come erano gli edifici lo scorso quattro ottobre, prima delle demolizioni.  

Solo quattro pietre...

In fondo sono solo quattro pietre. Nulla di fronte a una fabbrica pulsante di lavoro e umanità sacrificata sull'altare della ristrutturazione (leggi tagli e chiusure) di Ansaldo. Quattro pietre che probabilmente non hanno neppure uno straordinario valore architettonico. Ma quelle quattro pietre rappresentano la culla dell'industrializzazione genovese. Lo stabilimento fondato da Philip Taylor e Fortunato Prandi nel 1846 fu finanziato da Cavour e nel 1853 ha costituito il nucleo originario di quella "Gio. Ansaldo & C." nata per costruire le prime locomotive italiane. Da quello stabilimento sono uscite nel corso di un secolo e mezzo anche rotaie, cannoni, tubature, motori marini e turbine. Da lì, insomma, è passata la storia industriale di Genova.

Il progetto di riconversione urbanistica dell'area della Fiumara, che tante polemiche ha suscitato in città, prevedeva comunque la conservazione degli edifici di valore storico: la torre saracena, il "Fiumarone" e, appunto, il "Taylor e Prandi". In particolare nelle navate neoclassiche di quest'ultima costruzione, debitamente ristrutturate, avrebbe dovuto trovare posto un suggestivo centro commerciale. Ora si scopre che l'edificio è da buttar giù (anzi è già stato in buona parte demolito) per essere ricostruito più o meno secondo i disegni originari.

Non sembra, francamente, una buona idea. Gli impegni presi dall'azienda costruttrice, Coopsette, con la città erano altri. Bisogna avere rispetto per la memoria storica, urbanistica e industriale di una comunità. Che poi significa difendere le proprie radici e la propria identità culturale.

Probabilmente operare in maniera diversa avrebbe comportato un esborso maggiore. Ma era un atto dovuto a Genova. Ora il presidente Donato Fontanesi dice che Coopsette è disponibile a discutere eventuali soluzioni diverse. Forse è troppo tardi.

T. C. [Teodoro Chiarelli]

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