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A volo sulle Riviere
di Corinna Praga
Perché le Riviere sono due e quale l'origine del loro nome? Ancora una volta
bisogna far ricorso alla lingua latina da cui, nel Medioevo, si formarono le
lingue del Mediterraneo occidentale.
In latino due sostantivi foneticamente simili tra loro, rivus e ripa,
indicano rispettivamente un corso d'acqua dolce (italiano = ruscello - rio) e un
ripido pendio, cioè il punto d'incontro tra il mare ed una terra piuttosto
scoscesa dove più facile è l'ancoraggio e la protezione delle navi.
I restanti tratti di battigia vengono indicati con il termine litus.
A Roma, ancor oggi, rimane l'antico nome per l'approdo di «Ripetta», e a
Genova, dove la «Ripa» è stata progressivamente ricacciata verso il largo, il
toponimo resta in quella «Sottoripa», unica loggia pubblica superstite in una
città che, con i portici, intendeva allargare lo spazio vitale delle sue
anguste strade.
Di «lidi», poi, è pieno lo Stivale italiano, paese marittimo per singolare
configurazione geografica; se ne trovano esempi nel Lido di Iesolo e nel Lido di
Camaiore.
Nella trasformazione linguistica moderna, consolidatasi nei primi secoli del
nostro millennio, in derivazione da rivus appare il nome comune
«riviera», in un primo tempo sostitutivo dello stesso rivus, così come
lo usa Dante e con il significato che, nella lingua francese, mantiene tutt'ora
il termine «rivière». Più tardi con esso si indicarono le sponde delle acque
dolci con quanto su di esse si trova. La «riviera del Garda» o la «riviera
del Brenta» ne possono essere esempi.
La «Ripa», che a Genova era sinonimo di porto, a causa delle variazioni
fonetiche della lingua genovese, mutò in «Riva», così come «rapa» si
trasforma in «rava», «capello» in «cavello», eccetera.
Dunque la «Riva». cioè il porto di Genova dove si «ad-rivava» (termine
nuovo, non derivato dal latino il quale usava tutti i composti di «venire»),
offriva alle navi possibilità di sbarcare e imbarcare merci, di instaurare
traffici commerciali attraverso le vie di monte, ma anche di trovare sicuro
riparo ed assistenza.
Ciò, però, avveniva solo su quella «Riva», in quel porto, al centro del
golfo, mentre a ponente e a levante di esso si poteva, sì, «adrivare»,
perché esistevano buone vie d'internamento, ma non era sicuro fermarsi, non
essendovi «Riva» attrezzata.
La «Riva» era unica, al centro. Le località minori, senza porto, a levante
e a ponente, per distinzione, vennero dette «Rivee», e per lunghi secoli i
Genovesi considerarono, in certo qual modo, cittadini diversi «quelli de Rivea»,
mentre non adoperavano il termine per gli abitanti di città con porti sicuri
come accadde, ad esempio, per Savona.
Nel Vocabolario Genovese-Italiano compilato da Giovanni Casaccia nel 1851,
alla voce «rivierasco» si legge: «persona che non è della nostra città»,
espressione che adombra, anche in tempi a noi vicini una certa qual
discriminazione tra «quelli de Zena» e «quelli de Rivea».
In italiano «Rivea» muta in «Riviera» e, con le aggiunte di Levante e di
Ponente, appare sulle carte nautiche e su quelle topografiche già dal secolo
XV, come nome proprio di tutta la costa ligure e solo di essa.
Sebbene anche sulle carte geografiche attuali nessun altro lido appaia con
questo appellativo, sui giornali si legge talvolta il nome comune «riviera»
riferito a spiagge di mare di altre regioni.
Se ci volessimo domandare il perché, potremmo scegliere tra due ipotesi: un
errore dovuto alla poca dimestichezza con la linguistica italiana e soprattutto
con la storia, oppure un senso di malcelata invidia nei confronti delle nostre
Riviere, famose in tutto il mondo.
E se invece, ipotesi più probabile, si trattasse di entrambe?
Corinna Praga, Strade di Genova - Storie di
Nomi nella storia, Sagep - Il Secolo XIX, Genova 1999, pp. 123-125.
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