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Genova indipendente

un esempio di pace alternativa (senza Bonaparte)

Pubblico qui un'intervista su un possibile mondo alternativo nel caso di un'improvviosa morte di Napoleone Bonaparte nel 1796, mentre era impegnato nella Campagna d'Italia. Questa azione militare ebbe uno dei più importanti assedi presso la fortezza di Cosseria, tra la Liguria ed il Piemonte, nella prima metà d'aprile. Avere il controllo di questa regione fu molto importante ba causa del ruolo economico di Genova. Ecco perché ho intervistato Franco Bampi, professore presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Genova. Nato nel 1951, Bampi è anche un rinomato esperto di storia locale ed è membro di varie associazioni culturali. Bampi è persuaso dell'importanza di salvare la lingua genovese e le traditioni e amerebbe restaurare l'indipendenza dell'antica Repubblica di Genova.

GS: Qual era il quadro storico reale in cui Genova si muoveva nel 1796, alla vigilia della calata di Napoleone in Italia?

FB: Nel 1796 la Repubblica di Genova era più intraprendente e più vitale di quanto comunemente si pensi. Era una fortissima piazza finanziaria che riceveva rendite da molti stati per gli interessi di prestiti pubblici e privati; aveva un commercio ancora fiorente ed era ricca: per questo, non solo le grandi e potenti famiglie godevano di ampio benessere, ma tutto il popolo poteva vivere con una qualità della vita sconosciuta in altri stati. La classe dirigente genovese, ossia i cittadini iscritti all’Albo d’Oro e facenti quindi parte del cosiddetto “patriziato”, teneva moltissimo alla Repubblica: ha da sempre rispettato i Feudi Imperiali, pur governati da famiglie genovesi, senza mai desiderare di annetterli, e ha in ogni occasione reclamato e difeso l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale di tutto la Liguria che già gli fu ceduta da Federico Barbarossa il 9 giugno del 1162. Tuttavia le leggi che governavano la Repubblica cominciavano a far sentire i loro anni. Le “Leges Novae”, approvate e giurate in San Lorenzo il 17 marzo 1576, sebbene modificate e integrate nel corso dei secoli, restavano pur sempre leggi dall’impianto medievale. E Genova continuava a mantenere nella Liguria una centralità che risultava sempre più problematica per gli abitanti delle Riviere, che volevano contare di più nel governo della Repubblica.

GS: Ecco, ipotizziamo ora che, al famoso assedio della Cosseria, o altrove tra Liguria e Piemonte, Napoleone cada ucciso. Che succede all’armata francese?

F: Ecco: Napoleone cade ucciso! Ma Napoleone allora era ancora un giovane generale, seppur valente: la notizia non avrebbe avuto grande risalto se la morte di Napoleone non avesse provocato lo scompiglio tra le truppe. Il personaggio, infatti, era di grande fascino e lasciava trasparire un forte carattere che tutti ritenevano preludio di grandi successi militari e di una splendente e spettacolare vita che, forse, avrebbe potuto cambiare i destini dell’Europa e della Francia... ma quest’uomo era morto! E la truppa, forse eccessivamente affascinata dal generale Bonaparte, perde il punto di riferimento, lo stimolo per combattere in terra straniera e, sebbene numerosa, cade in preda allo sconforto. C’è chi diserta e chi tentenna; gli ufficiali, anche loro disorientati, non hanno prestigio e autorevolezza sufficienti per evitare ciò che Napoleone avrebbe quasi certamente evitato: la sconfitta! Chissà... talvolta la fortuna aiuta: e il 13 aprile 1796 gli austro-piemontesi approfittano della situazione e, grazie anche al valore dimostrato dal colonnello Filippo Del Carretto, risultano vittoriosi. Ai Francesi sconfitti non resta che ritirarsi in patria: ad essi venne reso l’onore delle armi.

GS: Cosa poteva accadere alla Francia e al contesto europeo sul piano politico-militare? Ci sarebbe stata una Restaurazione anticipata? E gli ideali del 1789?

FB: Dopo la rivoluzione del 1789, la Francia, uscita dal Terrore, stava riorganizzandosi. La campagna d’Italia era appunto uno dei passi strategici sia per diffondere le nuove idee sia per qualificare la Francia rivoluzionaria come una grande potenza militare. La sconfitta dell’esercito francese in Italia rinforzò gli animi delle monarchie europee. Una Francia che predicava principi e valori che contraddicevano quelli plurisecolari della tradizione europea, cristiana e litigiosa, vedeva avversi non soli i principi e i re, ma soprattutto i popoli, bramosi di conservare e difendere i valori della tradizione che rappresentavano, pur coi loro limiti, un riferimento irrinunciabile. Molti pensavano che in Francia, prima della rivoluzione, qualcosa non aveva funzionato: ecco perché un manipolo di idealisti riuscì a far sollevare il popolo e ad imporsi! Ma, così continuava il ragionamento, fuori dai governi della tradizione non c’era cultura di governo: per questo si ebbero gli eccessi della ghigliottina, la follia del Terrore, l’incultura del tradimento e del sospetto, l’abbandono delle regole cavalleresche che da tempo immemorabile presidiavano i conflitti tra i re. Ma la rovina che avrebbe potuto rappresentare la Rivoluzione Francese non potrà verificarsi: l’esercito francese era sconfitto e con esso la tremenda e esiziale novità che avrebbe potuto imporre.

GS: Genova avrebbe salvato la sua indipendenza? Su che base sarebbe potuta sopravvivere? Come repubblica aristocratica, ipotizzando una sconfitta della Rivoluzione?

FB: Continuiamo nel ragionamento alternativo. A Genova giunse la notizia della sconfitta francese. He accadde allora? Prima di tutto venne convocato il Gran Consiglio per annunciare al Patriziato e alla nazione la sconfitta francese. Fatto straordinario: da tempo il Gran Consiglio era convocato solo per svolgere i compiti indispensabili: in sostanza, l’elezione del Minor Consiglio e l’elezione del Doge. A tutto il resto provvedevano il Minor Consiglio e i due Collegi, mentre gli affari economici erano, ormai da secoli, affidati al Banco di San Giorgio. In effetti i Genovesi, da sempre pacifisti perché attenti a salvaguardare i loro commerci e i loro traffici economico-finanziari, avevano fortemente temuto che una Francia, che osava presentarsi in Italia con un esercito di conquista, avrebbe potuto ledere, anche significativamente, quella libertà e quella garanzia che da sempre la Repubblica di Genova e il Banco di San Giorgio rappresentavano per tutta l’Europa. Ma, per arrivare a una pace duratura, sconfitta la Francia in battaglia occorreva sconfiggerla in guerra, in modo da debellare definitivamente quella retorica egualitaria della Rivoluzione che, alla fin dei conti, aveva generato solo il mostro giacobino, carnefice in Francia e terrorizzante in Europa. In questo tempo alternativo possiamo immaginare che la Repubblica di Genova mandò i propri emissari presso tutte le corti d’Europa, tutte indebitate con la Repubblica, per offrire nuovi prestiti e nuove proroghe al fine di consolidare la vittoria e riportare in Francia l’antica e affidabile monarchia. La Storia successiva dimostrerà la grande lungimiranza dei Genovesi.

Restando sempre nel filone alternativo, parliamo dei Rothschild. Questa famiglia di banchieri, tedesca ma d’origine ebrea, fu molto colpita dalla sconfitta francese. In effetti dal 1743 la famiglia Rothschild aveva cominciato a muoversi nei mercati e nelle corti europee e mondiali; nel far ciò aveva trovato come temibilissimi e quasi invincibili avversari i banchieri liguri. Si mormorò già all’epoca che i Rothschild fossero i finanziatori segreti della Rivoluzione Francese e, in particolare, dello stesso Napoleone che pare avesse promesso loro di entrare in Italia passando proprio per la Liguria per conquistarla e renderla francese. In cambio gli venivano garantite le ricchezze del Banco di San Giorgio che, destinate a finanziare le guerre napoleoniche, avrebbero certamente provocato la fine del Banco stesso e della potenza economica genovese.

Ma ritorniamo al 1796. La vicenda napoleonica e lo scampato pericolo, fecero riflettere la classe dirigente genovese. Fu allora che si cominciò a discutere sulla necessità di una riforma significativa della Costituzione che recepisse tutte quelle istanze positive che, comunque, stavano circolando per il mondo. La Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America del 4 luglio 1776 e le idee che da essa recepì la Rivoluzione Francese non potevano essere ignorate da alcuno. Fermo restando il meccanismo cardine di cooptazione della classe dirigente attraverso l’iscrizione annua di nuove famiglie all’Albo d’Oro, la nuova Costituzione, tra le altre cose, doveva dare finalmente maggior spazio di governo ai cittadini delle Riviere.

GS: Dal 1800 a oggi sempre mantenendo la nostra linea temporale alternativa. Una frenata della Rivoluzione con la fine di Bonaparte sarebbe potuta bastare a scongiurare l’avvento del nazionalismo e del romanticismo, e quindi di fascismo e comunismo e del mondo che abbiamo conosciuto nel XX secolo?

FB: In questo contesto alternativo, la sconfitta della Francia fu, in sostanza, la sconfitta della parte imperialista della Rivoluzione Francese. Le armi delle idee non sono i cannoni e i fucili, ma gli scritti e il convincimento dei popoli o, almeno, della sua elite intellettuale. E questo fu ciò che avvenne in questo contesto alternativo. Gli Stati Uniti d’America e la Francia rivoluzionaria avevano comunque insegnato che non possono essere ignorate verità che sono per se stesse evidenti: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti vi sono la vita, la libertà, e la ricerca della felicità. Gli stati e le monarchie, anche quelle più retrive come la monarchia sabauda, non poterono più affidarsi al mero diritto divino per opprimere i popoli. In Italia nel Regno delle Due Sicilie, i Borbone furono tra i primi a raccogliere la sfida e a offrire al proprio fiero popolo una legislazione che oggi potremmo definire moderna. Quasi contemporaneamente anche le altre monarchie italiane ed europee divennero presto costituzionali e moderate. Persino lo Stato della Chiesa dovette concedere maggior libertà e garantire maggior sicurezza ai propri cittadini. La storia registrò, all’inizio del Novecento, sparuti movimenti terroristici che, rifacendosi all’ala più oltranzista del giacobinismo francese, tentarono di coinvolgere i popoli in folli avventure totalitarie: essi si fecero chiamare nazisti in Germania, fascisti in Italia e comunisti, i più spietati, in Russia. Ma la saggezza dei governi e la pace di cui godette e gode l’Europa permise di stroncare queste follie direttamente sul nascere. Merito questo anche dei Genovesi che seppero intervenire economicamente a sostegno delle monarchie più sagge subito dopo la sconfitta della Francia e la morte di Napoleone.

GS: Avremmo in questo caso monarchie costituzionali, o no? E Genova avrebbe avuto interesse a unificare l’Italia?

FB: Qui la cosa è curiosa. Genova è repubblica da sempre e da sempre insofferente di signorotti e signorie. Chi nasce a Genova e in Liguria apprende questo già col latte materno. A Genova nacquero vari pensatori tra cui si distinse Mazzini, che propagandò per l’Europa l’idea di una confederazione di stati europei repubblicani e cercò, talvolta con gli eccessi della violenza di alcuni suoi seguaci, di abbattere le monarchie europee. In questa linea temporale alternativa abbiamo visto che gli ideali del 1776 e del 1789 trionfarono ovunque. Posso quindi immaginare che con tempi diversi tutte le monarchie divennero costituzionali; alcuni stati, la Francia ad esempio, divennero travagliate repubbliche, ma molti stati mantennero la forma monarchica anche se il re ha oggi quasi esclusivamente un ruolo di rappresentanza. Ma Mazzini, nonostante la sua ferrea fede repubblicana, ispirò i governi ed oggi si ha una confederazione di stati europei, chi repubblica, chi monarchia, che collaborano per il bene comune dell’Europa e del mondo; di fatto una confederazione degli stati esistenti prima del 1797, a parte qualche cambiamento (la Sicilia ottenne l’indipendenza nel 1860 e la Sardegna nel 1870), una confederazione rispettosa dei popoli e delle loro antiche tradizioni socio-culturali. In questo libero contesto un’Italia unica e indivisibile, come recita la formula giacobina, sarebbe impensabile e anacronistica.

Concludo con una nota. Con la nuova Costituzione del 1833, che dava più potere e più importanza alle Riviere, la Liguria decise di dare un segnale visibile assumendo il nome di Repubblica Mediterranea. Quindi consolidò il proprio potere economico rafforzando sempre più il Banco di San Giorgio e dotandolo di strumenti sempre moderni e all’avanguardia. E posso anche immaginare qualcosa di importante e di nuovo: in questa linea temporale alternativa nel 1846, in occasione del primo centenario dei fatti del Balilla, a Genova si tenne un congresso internazionale degli scienziati: essi terminarono i lavori progettando un sistema di misura unificato detto sistema metrico decimale: questo sistema fu introdotto in ogni stato a partire dal 5 aprile 1849.

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