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Seborga e la sua autonomia
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Il Sole 24 Ore NORDOVEST
Lunedì 11 marzo 2002
Seborga e un'autonomia
dalle origini millenarie
Un paese piccolo - Seborga, nell'entroterra di Bordighera - ma in grado di
vantare una lunga autonomia. Come feudo sottoposto alla tutela del monastero di
Sant'Onorato di Lérins, infatti, esso mantenne l'indipendenza (spirituale e
temporale) dai territori circostanti per un periodo che abbraccia tutto il
Medioevo e parte dell'età moderna.
Il borgo fu, peraltro, spesso al centro di rivalità e contenziosi legali fra
i monaci e gli altri poteri temporali e spirituali. Nel 1171 e nel 1182 dovette
intervenire addirittura la Santa Sede per mettere pace fra il monastero lerinese
e la diocesi di Ventimiglia. Sopiti per parecchi decenni, gli attriti esplosero
sul finire del XVI secolo, guastando definitivamente i rapporti fra le due parti
e terminando solo in seguito alla cessione del feudo ai Savoia avvenuta nel
1729.
Seborga e la sua autonomia
Principato millenario governato dal Priore del monastero di
Lerins fino alla cessione ai Savoia
di Luca Tosin
Posto nell'entroterra di Bordighera, il piccolo paese di Seborga vanta un
passato di feudo dell'Ordine Benedettino. Indipendente spiritualmente e
temporalmente dai territori circostanti esso rimase, infatti, sottoposto alla
tutela diretta del monastero di Sant'Onorato di Lérins per tutto il Medioevo e
parte dell'età moderna, fino a quando non venne ceduto ai Savoia nel XVIII
secolo.
L'atto con cui tradizionalmente si fa iniziare l'esistenza del Principato di
Seborga è il controverso testamento del conte Guido di Ventimiglia, datato 954,
col quale il nobile in procinto di partire per una rischiosa spedizione, donava
al monastero lerinese ogni diritto sul paese stesso: sebbene sia riconosciuto
come palesemente falso, il documento è tuttavia ritenuto abbastanza attendibile
per il contenuto in quanto esso venne indirettamente confermato nel 1177 in
occasione di una disputa fra i monaci di Lérins e i Conti di Ventimiglia.
E non fu questa l'ultima occasione in cui il borgo si ritrovò coinvolto in
vicende legali: la sua particolare situazione politica lo pose al centro di
costanti contese fra i monaci e gli altri poteri temporali e spirituali della
zona. Il rapporto con la diocesi di Ventimiglia fu sempre improntato a costante
rivalità, dovuta almeno parzialmente a motivazioni più economiche che
spirituali, cioè alla volontà delle due parti di percepire le decime del feudo,
peraltro piuttosto modeste e comunque difficilmente esigibili al punto che il
monastero dovette a più riprese chiedere prestiti fra il XIII e il XIV secolo.
Tuttavia la situazione di tensione arrivò al punto che nel 1171 e nel 1182 la
Santa Sede stessa fu costretta a intervenire per pacificare le parti in causa.
Sopiti per parecchi decenni, gli attriti ripresero in seguito: esplosero poi col
finire del XVI secolo, dando vita a ripetuti contenziosi che guastarono
definitivamente i rapporti fra i due poteri religiosi e che ebbero termine solo
con la cessione del feudo nel XVIII secolo ai Savoia, Questi ultimi assunsero la
prerogativa, mantenuta fino al 1946, di nominare il prevosto della parrocchia.
Quanto alla situazione temporale, col passare dei decenni l'assetto politico
della regione circostante subì numerosi mutamenti; i possedimenti dei Conti di
Ventimiglia andarono infatti contraendosi sempre più, cedendo alla pressione
genovese sulla costa; rimasto isolato nei domini genovesi, fra il XV e il XVIII
secolo il piccolo feudo di Seborga fu spesso al centro di liti con le vicine
comunità di Sanremo e Vallebona, i cui abitanti, sudditi genovesi, compivano
frequenti scorribande nel territorio alla scopo di sottrarre man mano parte del
territorio stesso al controllo dei monaci. È probabile che dietro queste liti di
confine vi fosse la Repubblica genovese stessa, che poneva quindi le basi per
ulteriori rivendicazioni.
Nonostante tutto, Seborga sopravvisse intatta nelle sua autonomia, rimanendo
costantemente sotto il controllo del monastero e governandosi secondo gli
Statuti che il Priore di Lérins, nel 1261, aveva deciso di far compilare
appositamente per il proprio feudo. Anzi, come ulteriore simbolo dell'assoluta
sovranità abbaziale, nel 1666 i monaci installarono nel borgo una zecca per la
coniazione di monete d'oro e d'argento; sebbene già nel 1667 i Savoia ne
proibissero la circolazione nei proprio territori, i Luigini coniati a Seborga
ebbero un certo smercio nel Levante, specialmente in Turchia. Tuttavia, dopo
pochi anni, nel 1687, in seguito a contrasti9 con la corona di Francia, da cui
ormai dipendeva Lérins, ed essendo accusati i monaci di falsa monetazione per
aver battuto anche monete sabaude, la zecca dovette chiudere.
Diventato difficile mantenere un possedimento poco remunerativo e fonte di
imbarazzo, i monaci benedettini avviarono trattative coi Savoia per la cessione
del Principato: dopo un primo acconto nel 1697 vanificato dall'intervento della
diplomazia genovese, nel 1729 si giunse infine alla vendita, mediante la quale
tutti i diritti precedentemente spettanti la priore del monastero di
Sant'Onorato passavano al re di Sardegna.
Tuttavia i seborghini non hanno dimenticato la passata autonomia: a metà
degli anni 90 la popolazione, riunita in consiglio, ha deciso per la propria
"autonomia", eleggendo un "principe" nella persona di Giorgio
I, dandosi un governo e una Statuto modellato su quello del 1261 e riprendendo
la battitura dei Luigini, sebbene solo con funzione numismatica.
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