Sulle tracce dell'altorilievo di Portoria
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In Genova
Mensile di informazione, cultura e tempo libero
n. 2 Febbraio 2003

In genovese

Sulle tracce dell'altorilievo di Portoria

Storia di Maistro Chiarlo "fabbro della vendetta" e delle catene di Porto Pisano

di Lucia Tartaglia

Correva l'anno 1290 e quella della Meloria era stata una delle battaglie navali più importanti del Medioevo. Si era giunti alla pace il 15 aprile 1288 e Genova ne usciva vittoriosa. I pisani rinunciavano alla Corsica, ai possedimenti sardi, a San Giovanni d'Acri e s'impegnavano a pagare un'indennità enorme a garanzia della quale cedevano l'Elba.

Non riuscirono a mantenere gli impegni presi e così, il 23 agosto 1290, la flotta genovese - comandata da Corrado Doria - salpava ancora una volta all'attacco della città rivale. Giunti a Porto Pisano, i genovesi lo trovarono difeso da due alte torri e, scrive l'Anonimo Pisano, "avute le torri le disfecieno, e disfecieno tutto il porto, e portonnone li genovesi e i lucchesi le catene delle porte".

Queste catene, di dimensioni titaniche, salparono così, come supremo trofeo, alla volta delle case dei Doria, di Porta Soprana e di diversi edifici e monumenti della città dai quali pendettero per quasi 600 anni a memoria della grande vittoria.

Fra gli uomini imbarcati in quella memorabile spedizione, incontriamo il fabbro di Portoria Carlo Noceti, da molti chiamato Noceto Chiarli da Rivarolo perché di quella zona originario.

Vuole la tradizione che le catene di Porto Pisano furono asportate grazie all'ingegno del fabbro che propose di accendere dei fuochi sotto le loro enormi maglie di ferro così che, divenute incandescenti, fosse più semplice spezzarle.

Così avvenne. Da quel giorno Chiarli fu l'idolo dei fabbri ferrai genovesi che fecero dire per molti anni una messa in sua memoria nella chiesa di San Siro. Non solo. Proprio in quell'anno, come dimostrato dall'archivio topografico del Comune, venne murato un altorilievo sulla facciata di Vico Dritto di Ponticello della casa n° 98: di Borgo lanaioli dove il fabbro abitava.

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Il rilievo rappresenta Porto Pisano chiuso dalle celebri catene  

Ma cosa rappresentava il rilievo? E che fine ha fatto oggi, dopo lo smantellamento del quartiere avvenuto nel 1935 per l'attuazione del nuovo piano regolatore di Piazza Dante? Andiamo per ordine. Il monumento era una rappresentazione in marmo del porto di Pisa ancora sbarrato dalle sue torri e le loro catene e si rifaceva a due altri rilievi del porto oggi murati rispettivamente sul muro a sud del coro della cattedrale pisana e al pian terreno del campanile. Quanto all'attuale collocazione, lo possiamo vedere - per altro ancora in ottime condizioni - presso il museo di Sant'Agostino dov'è custodito, appunto, dal 1935. Non è da escludere che il suo autore sia stato proprio un pisano fatto prigioniero nel corso della battaglia.

Del resto, le maestranze pisane, erano già da tempo attive in Genova come ricordano i capitelli interni di Porta dei Vacca. Ma non solo Genova partecipò alla famosa battaglia.

Accanto ad essa Lucca ed anche Moneglia capeggiata dai comandanti Ascasera e Stanco che, in segno di affetto e riconoscenza, ricevettero dal compagni genovesi alcuni anelli delle catene.

Questi pendettero fin dal 1290 dal fianco esterno dell'antica chiesa di Santa Croce (1130).

Oggi, però, le catene dalle enormi maglie non pendono più dai monumenti cittadini né da quelli di Moneglia: i genovesi restituirono infatti le proprie a Pisa il 22 aprile 1860. Si era infatti ormai in vista dell'Unità d'Italia e la si voleva far finita con le guerre municipali. In quell'occasione i barcaioli pisani corsero spontaneamente una regata in onore dei genovesi e da allora, le enormi catene, si possono veder pendere da un muro del Campo Santo Monumentale di Pisa in Piazza dei Miracoli. Sorte diversa ebbero invece gli anelli affidati a Moneglia.

Il Sindaco di allora, Giovan Battista Fidanza, nel 1860 fece infatti togliere la catena dal muro della chiesa ma, invece che affidarla alla Commissione genovese incaricata della restituzione, la gettò in un cantone della casa comunale e oggi si trova in totale abbandono presso l'ex Convento dei Francescani.

A ricordala resta però un rilievo in marmo murato sulla chiesa dal lato della strada, raffigurante due cavalieri che calpestano ciascuno un drago. Questa la storia delle catene e dell'ingegnoso fabbro ferraio Carlo Noceti passato alla storia come Maistro Chiarlo fabbro della vendetta.


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Bassorilievo (o Monumento) raffigurante Porto Pisano, sbarrato dalle famose catene, più tardi asportate dai Genovesi vittoriosi, murato, nel 1290 da Nicolò di Cugliano (A. De Andrade), o Nicolò di Guglielmo (F. Alizeri), sulla facciata di Vico Dritto di Ponticello della casa n. 98 di Borgo de' Lanaiuoli.

Figura e didascalia tratte da "La Voce di Genova",
n. XXVIII - XXIX, Settembre - Dicembre 1965

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