Non bisogna disperdere le tradizioni che sono una grandissima forza nella storia dei popoli. Voglio che Genova si slanci verso l'avvenire con l'impeto con cui Balilla lanciò il suo sasso. Questi concetti, così mirabilmente espressi dall'E. V. in memorabili discorsi, sono gli organi basilari su cui poggia la Compagna, ai quali si è ispirata nella sua costituzione, il giorno di San Giorgio del 1922. Difatti la nostra Associazione, considerevole per numero di aderenti, desidera conservate le gloriose tradizioni di Genova a maggior gloria d'Italia, e si propone d'incitare la Dominante a slanciarsi con impeto giovanile sulla via luminosa dell'avvenire, mantenendosi dominante nel commercio, sul mare, nelle industrie; nel rimettere in luce le bellezze dei suoi monumenti inconsideratamente occultate, nel far sì che l'arco dei suoi monti sia perforato da altri valichi ferroviari e sormontato da nuove vie, onde possano ascendervi invocati edifici e render facili le comunicazioni oltre monte e lungo le riviere. Ecco il dominio che la Compagna augura alla sua città ed alla Liguria, ripudiando ogni pensiero esclusivista, ben lieta di quelle intraprese che possano aggiungere lustro e fortuna alle altre regioni. Desidera le città italiane in perfetta armonia d'intenti e di lavoro, devote a Roma, maestra insuperata d'energia e di saldo imperio. Tali desideri e propositi debbono disperdere ogni supposizione di campanilismo: la Compagna s'augura che mercè ia guida possente della E. V. l'Italia possa assurgere nel mondo come ai tempi d'Augusto e d'Innocenzo III, mediante la feracità dei campi, la conquista dei mari e del cielo, la sempre maggior produzione dei suoi opifici. ECCELLENZA ! L'accusa di campanilismo venne rivolta alla Compagna, per aver essa favorito la causa dell'annessione dei mandamenti di Gavi e Ottone alla Provincia di Genova. Dati i suoi prlncipii, dato che dal seno della Grande Madre, con suo compiacimento, vide sorgere due provincie, quella della Spezia ed ora quella di Savona, poteva e può far essa altrimenti? Non lo poteva e non può oggi appartarsi: la domanda dei due mandamenti è troppo giusta perchè la nostra Associazione potesse disinteressarsene e rifiutare a quelle forti popolazioni il suo appoggio, avendo in loro favore ragioni geografiche, etniche, storiche e commerciali, troppo note e sentite per potersi assopire e far dimenticare. Purtroppo se il desiderio di quelle popolazioni non verrà soddisfatto, non avranno mai quella tranquillità che è necessaria onde esplicare assidua opera a profitto loro e della Nazione. Considerazioni che hanno perfetta rispondenza nel disegno di legge dall'E. V. recentemente elaborato: La etnica, la storia e gli interessi convergenti costituiscono il criterio nella formazione delle circoscrizioni provinciali.
Per Gavi Il Mandamento di Gavi, composto dei Comuni di Gavi Ligure, Voltaggio, Parodi Ligure, Carrosio e Fiaccone domanda l'annessione alla Provincia di Genova per questi motivi: In forza del trattato di Vienna del 1814 la Repubblica di Genova venne unita, com'è noto, al Piemonte a condizione che tutti i territori costituenti la Regione Ligure dovessero essere mantenuti in un regime di amministrazione assolutamente autonomo e nessun comune potesse essere smembrato e assegnato a diversa giurisdizione. Quest'obbligo fu integralmente rispettato finchè durò lo Stato Sardo-Piemontese; ma nel 1860, conquistata in buona parte l'unità Nazionale, l'obbligo fu violato e l'intero Circondario di Novi Ligure, di cui fa parte il Mandamento di Gavi, veniva strappato all'amministrazione autonoma della regione ligure e aggregato alla Provincia di Alessandria, dimenticando che Novi, Gavi, e Parodi erano contradistinti da secoli col nome di liguri, avendo soltanto presenti ragioni elettorali. Grave fu il danno che l'inconsulto smembramento cagionò all'intero circondario di Novi Ligure, ma di gran lunga maggiore quello subito dal Mandamento di Gavi per identità di stirpe, d'interessi e consuetudini che aveva e tuttavia mantiene con la regione ligure. La Storia di Gavi si allaccia di continuo a quella della Repubblica di Genova, ce lo dice l'illustre storiografo Cornelio De Simoni nei suoi pregiati Annali di Gavi. Nel 1447 Gavi non era ancora un paese propriamente suddito di Genova, ma di quelli che si dicevano convenzionati. Nel Secolo XVII, in seguito a contenzioni fra borghesi e plebei, il Consiglio di Gavi fu eletto dal Senato di Genova ed anche ulteriormente, finché al Repubblica restò in vita. Inoltre non si deve dimenticare che tuttora il Mandamento di Gavi appartiene alla Diocesi di Genova. A prescindere dal lato storico e dalla circoscrizione ecclesiastica, la maggior parte dei traffici di Gavi e della valle del Lemme sono rivolti verso la Provincia di Genova che ne è il naturale sbocco. Gli ammalati del Comune di Gavi e del suo mandamento, hanno ricovero ospitaliero in Genova per la munificenza della Duchessa di Galliera, la quale volle che nell'Ospedale Brignole-Sale, da essa eretto e sostenuto con ingente lascito, potessero aver ricovero gli ammalati abitanti nel territorio dell'antica Repubblica Ligure, entro il, quale si è rinchiusa ed affermata la stirpe ligure. Ma c'è un'altra considerazione di non lieve importanza che tiene avvinta a Genova gli abitanti della valle del Lemme, ubertosa di grano, di viti e boschi rigogliosi: essa spera nell'effettuazione della studiata linea ferroviaria che attraversando la valle, dia ad essa quello sviluppo industriale a cui ha diritto per l'abbondante ricchezza de' suoi corsi d'acqua. Genova avrà di certo vantaggio dalla progettata linea e dovrà favorìrla in ogni modo, il che non farà Alessandria, non avendone tangibile profitto. Per Ottone Il Mandamento di Ottone dacchè venne staccato dalla Provincia di Genova (1815, Congresso di Vienna) e assegnato a seconda delle vicende politiche della Nazione, ora al Piemonte (Alessandria), ora alla Lombardia (Pavia) e quindi, nel 1923, all'Emilia (Piacenza) si mantiene in continuo stato di agitazione per essere reintegrato alla Liguria, sua regione naturale.Prescindendo dalla manifestazione plebiscitaria svoltasi in Ottone il 2 Agosto 1797, di fronte a una Commissione francese inviata dal Bonaparte per la delimitazione dei confini tra la Repubblica Cisalpina e quella di Genova, nella quale la popolazione si dichiarò favorevole a restar unita alla Liguria, è bene ricordare che durante gli anni 1855 - 1866 - 1923 - '24 - '25 - '26 si manifestarono periodi di singolare risveglio da parte delle popolazioni dell'Ottonese per il loro definitivo assetto circoscrizionale amministrativo e giudiziario con Genova, in conformità ai loro molteplici interessi e alla comunanza di sentimenti, di costume, di dialetto e di storia. Il ripetersi di tali affermazioni sotto regimi diversi attraverso alle varie generazioni succedutesi nella vasta parentesi di oltre un secolo, la immutabilità del costume, della tradizione e del dialetto, il sempre maggiore orientamento del traffico ottonese verso Genova, costituiscono la prova più chiara delle gravi e serie ragioni poste a sostegno della causa che Genova ha intrapreso a difendere. Ed è in forza di ragioni preponderanti e inoppugnabili che l'on. Deputazione Provinciale di Pavia, con alto senso di giustizia (Luglio 1923) allorché Bobbio chiese di essere incorporato alla regione Emiliana, perorò per la sorte dei comuni ottonesi, proponendo al Governo ch'essi fossero assecondati nelle loro istanze per il ritorno alla Provincia di Genova. Anche la Provincia di Piacenza in un primo tempo non si oppose fossero restituiti a Genova i Comuni di Ottone, Zerba e Cerignale, casualmente ad essa assegnati, seguendo il falso indirizzo di una affrettata ed erronea circoscrizione giudiziaria che niente meno poneva tali Comuni sotto la Corte d'Appello di Bologna, sebbene a breve distanza da Genova. Piacenza spiegò tardivamente una certa opposizione perché sospinta dalle mire di Bobbio desiderosa di ritornare sede circondariale ed impedire la prosecuzione dell'importante arteria stradale (strada del Brallo) che dovrebbe collegare l'alta Val Trebbia, della quale l'Ottonese fa parte, con Voghera e Pavia, scartando la via di Bobbio-Monte Pennice. Spiegava tale opposizione nella tema che lo spostamento del confine ligure a nord della Val Trebbia venisse a pregiudicare il patrimonio idrico che è di suo diritto; ed oltre a ciò considerava la terra ottonese come compenso accordatole per avere perduto i due Comuni di Bardi e Boccolo dei Tassi, aggregati a Parma. Tali argomenti più non possono in oggi fornire alcuna preoccupazione alla Provincia consorella, essendosi verificate le seguenti circostanze: l'avvenuta costituzione del Consorzio Idro-Elettrico Aveto-Trebbia tra le due Provincie e i due maggiori Comuni di Genova e Piacenza; la restituzione a Piacenza di gran parte del vasto Comune di Boccolo dei Tassi e la non discussa assegnazione dei Comuni di Bobbio, Corte Brugnatella, Caminata, Trebecco e parte di Ruino; la recente soppressione di tutti i circondari, Bobbio compreso. Inoltre, l'annessione dell'Ottonese a Genova può dirsi già decisa e materiata in linea di fatto, in forza di imperiose necessità che superano ogni discussione. Per esempio: la manutenzione stradale della zona ottonese è affidata per ragioni logistiche, al Genio Civile di Genova, anziché a quello di Piacenza; i servizi ospitalieri, unitamente al trasporto dei feriti e degli ammalati vengono esclusivamente disimpegnati da Genova, dove l'intero Ottonese gode del suaccennato lascito Brignole-Sale; per necessità di ubicazione e comodità delle popolazioni, da poco tempo vennero staccati da Ottone e aggregati alla Pretura di Torriglia e perciò sotto la giurisdizione del Tribunale e della Corte di Genova, i comuni di Fascia, Fontanigorda, Gorreto, Rondanina e Rovegno. A dimostrare l'estrema necessità dell'invocato provvedimento si citano i seguenti dati di fatto: mentre la città più vicina all'Ottonese è Genova (Km. 67) sede di tutti gli uffici ed enti amministrativi, giudiziarî, finanziarî, scolastici, ospitalieri ed emigratori, gli abitanti di essa zona per essere attualmente compresi nella Provincia di Piacenza (Km. 74) allorché devono disimpegnare alcuna delle molteplici pratiche inerenti a tali uffici, vengono costretti ai seguenti dispendiosi e disagevoli viaggi:
Giova ricordare tanto a favore della domanda di Ottone che di Gavi quanto si riscontra nella Raccolta delle Leggi, Atti, Decreti e Proclami, pubblicata dal Senato della Repubblica Ligure durante il dogato di Girolamo Durazzo nel 1804, a pag. 45. Il territorio della Repubblica venne in allora distinto in sei giurisdizioni denominate del Centro, del Lemmo, del1'Entella, del Golfo di Venere, di Colombo e degli Ulivi. Nella giurisdizione del Lemmo figurano i Cantoni di Nove e di Gavi; in quello dell'Entella il Cantone di Ottone. Altro non aggiungiamo per dimostrare la fondatezza delle domande dei due Mandamenti. Voglia V. E. esaminarle con quell'alto e giusto criterio a cui si è ispirata nel mandare ad effetto ogni provvedimento legislativo, durante i quattro anni in cui l'Italia ha sentito il benefico influsso d'una disciplina necessaria per ottenere Ordine e Giustizia, capisaldi indispensabili perché una nazione possa guadagnarsi il posto che le compete nell'equilibrio mondiale. Con questa fiducia le popolazioni del Lemme e dell'Ottonese e la Compagna, che ne condivide le aspirazioni, attendono fidenti quella decisione che il Governo Nazionale riterrà equa e che riuscirà, senza fallo, a pacificare gli animi esacerbati da contese facilmente eliminabili, quando si mettano da parte le piccole rivalità di borgata e si ascoltino soltanto le ragioni storiche, etnografiche e si consideri la comunanza degli intenti, foriera sempre di sicure e grandi intraprese.
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