«Siamo però disposti - tuona Franco Bampi, segretario del Mil - a rimetterci all'equità del giudice. Non riteniamo giusto, però, che i Savoia possano vantare pretese sui propri beni personali dislocati sul territorio nazionale, senza ereditare anche le passività del patrimonio». Perfetto conoscitore della storia genovese, Bampi non fatica a ricordare le date più significative dei «maltrattamenti» che "casa reale" ha perpetrato nei secoli su Genova, non risparmiandosi un amaro commento sulla presenza del monumento di Vittorio Emanuele II al centro di piazza Corvetto, la prima tappa di un "tour raccogli firme" che, prossimamente, si concentrerà nei mercati e nei principali luoghi pubblici cittadini. «Vogliono i loro beni indietro - attacca - quello siamo disposti a regalarglielo subito. Dopo il sacco del 1849, il re, in una lettera, ci definì una "vile e infetta razza di canaglie". È una vergogna che lo si celebri con tanto di statua trionfalistica». Il prof non manca di stilettare anche sul Carlo Felice. «In uno scritto del 1837 Stendhal si stupì di come i genovesi, così gelosi del denaro come della propria indipendenza, avessero intitolato il proprio teatro all'oppressore. Noi, da anni, chiediamo che ne venga modificata l'intitolazione, omaggiando, magari, Nicolò Paganini, ben più meritevole di chi rappresenta, al contrario, una stirpe dominatrice. Del resto - conclude Bampi - Genova è forse l'unica città italiana ad aver avviato una rivoluzione toponomastica completa che ha cancellato ogni strada intitolata ai Savoia». [ Indietro ] |