LETTERA APERTA AI DEPUTATI: IL PROGETTO DI LEGGE PER IL RIENTRO
È INUTILE, SBAGLIATO, DANNOSO
Indietro, Savoia
Maurizio Viroli
Roberto Balzani
ONOREVOLI Deputati,
i mazziniani italiani si rivolgono a Voi per invitarVi a compiere un
atto di saggezza istituzionale e di intelligenza storica, respingendo in
seconda lettura il progetto di legge costituzionale che consentirà il
rientro dei Savoia in Italia come se si trattasse di un caso pietoso di
discriminazione oppure di una indulgente concessione alla curiosità
scandalistica dei rotocalchi.
Le cose stanno diversamente: quel progetto di legge è allo stesso tempo
inutile, sbagliato e dannoso.
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Una
manifestazione antimonarchica a Milano nel 1946 |
È inutile, perché i discendenti maschi di Casa Savoia potrebbero
rientrare oggi stesso in Italia, senza alcun intervento sul testo
costituzionale, solo che rinunziassero (cosa che non hanno mai fatto) al
titolo dinastico e quindi alla loro posizione di pretendenti al trono
d'Italia sul piano del diritto internazionale. Questo atto fu a suo tempo
richiesto e ottenuto dall'Austria per il rientro di Otto d'Asburgo. In tal
modo, essi non sarebbero più appartenenti a un casato, ma sarebbero
semplicemente dei cittadini come tutti gli altri il cui cognome sarebbe
Savoia come Rossi o Bianchi. La XIII disposizione finale della Costituzione
non li riguarderebbe più, perché essa è appunto letteralmente diretta agli
appartenenti a Casa Savoia.
È sbagliato, sul piano del diritto costituzionale e della
procedura legislativa, perché si riferisce alla XIII disposizione
transitoria e finale della Costituzione, mentre è del tutto evidente e
confermato dai precedenti che tali disposizioni possono essere l'una o
l'altra cosa, finali o transitorie. È la logica stessa a dirlo: sono
transitorie quelle disposizioni che prevedono un termine prestabilito; le
altre - come la XIII - sono soltanto finali, dunque non soggette ad alcuna
limitazione nel tempo. Ad esempio, basti ricordare che De Nicola, nel
promulgare la Costituzione il 27 dicembre 1947, si riferì alla «XVIII
disposizione finale». Altrimenti, si sarebbe potuta adottare una formula
simile a quella della legge costituzionale 18 marzo 1958, n. 1, che si
riferisce alla XI «delle disposizioni transitorie e finali». Sembra un punto
formale, ma in realtà è sostanziale perché è proprio il riferimento alla
pretesa transitorietà a consentire l'escamotage giuridico che è stato
inventato per placare le coscienze di chi si sarebbe dovuto opporre alla
revisione costituzionale, e cioè la cessazione degli effetti della norma e
non la sua abrogazione. Ma anche a questo proposito è stato commesso un
grave errore: mentre il titolo del progetto parla appunto di cessazione
degli effetti, il testo parla invece del loro esaurimento. I due termini non
sono sinonimi: a prescindere dalla inaccettabile contraddizione che così si
crea tra il titolo e il testo, l'esaurimento degli effetti può anche
riverberarsi verso il passato, a differenza dalla loro cessazione, che è
sempre e comunque ex nunc. Ultimo ma non meno importante argomento
giuridico è poi l'inderogabilità dell'art. 139 della Costituzione
che appunto esclude la revisione della forma repubblicana: questa norma è
incompatibile con la presenza sul suolo nazionale di una persona che non ha
rinunciato al rango di pretendente al trono d'Italia per sé e i suoi
successori e continua invece a rilasciare diplomi cavallereschi e titoli di
nobiltà. Diventano, allora, veramente insostenibili i cosiddetti
riconoscimenti del regime repubblicano, che sarebbero avvenuti col semplice
indirizzare una lettera al Capo dello Stato chiamandolo Presidente della
Repubblica. La Costituzione repubblicana e la storia d'Italia non si possono
giocare sull'indicazione di un destinatario epistolare!
È dannoso, perché la revisione costituzionale sta avvenendo
secondo un andazzo buonistico e perdonistico che fa a pugni con le ragioni
storiche, etiche e politiche della fondazione della Repubblica per
referendum popolare e con il patriottismo della Costituzione che oggi può e
deve rappresentare l'ancoraggio dei valori comuni a tutti i cittadini. Non
si tratta di chiedere ai Savoia di scontare le colpe dei padri, ma non si
può accettare che il loro rientro avvenga senza una discontinuità con
l'eredità dinastica, senza una storicizzazione consapevolmente condivisa
dalla popolazione. Si sta invece per infliggere un colpo durissimo alla
memoria storica nazionale, quando dovrebbe ormai essere sin troppo chiaro a
tutti, e in particolare ai politici, quali gravi conseguenze ne possano
derivare. Su questa strada, anche la XII disposizione finale (anch'essa non
transitoria) relativa al divieto di ricostituzione del Partito Nazionale
Fascista potrà presto essere dichiarata esaurita, anche perché fa sistema
con la precedente, essendo entrambe ispirate dall'avvento della dittatura
mussoliniana e dalla successiva tragedia della seconda guerra mondiale.
Noi mazziniani non siamo dunque contrari al rientro dei Savoia in Italia, ne
riconosciamo anzi il diritto, ma ci facciamo altresì carico di alcune
responsabilità molto precise sul piano storico e su quello giuridico. Siamo
perciò contrari a un rientro che avviene tra il detto e il non detto,
sull'onda di un falso senso umanitario o peggio sulla pretesa di riscrivere
una storia nazionale che è costata lacrime e sangue. Contestiamo poi che si
tratti di un atto dovuto ai sensi del Trattato di Schengen. Innanzitutto, la
Corte costituzionale ha sempre rivendicato i limiti al diritto comunitario
derivanti dalla stessa Carta costituzionale (di cui la XIII disposizione
finale è parte integrante); inoltre, l'Italia ha sempre aderito a Schengen e
agli atti successivi esplicitamente ponendo una riserva a questo proposito.
Dunque, nessun obbligo automatico e tantomeno una violazione.
Onorevoli deputati,
per queste ragioni, i mazziniani italiani Vi chiedono di bloccare il
processo di revisione costituzionale, che è giunto al suo ultimo atto. In
caso contrario, siamo comunque pronti a ricorrere al giudizio dei cittadini,
grazie alla possibilità del referendum confermativo che è previsto dall'art.
138 della Costituzione. Ciò è possibile perché al Senato non si è raggiunta
la maggioranza dei 2/3 dei componenti che l'avrebbe impedito. Ci rivolgeremo
a tutte le forze politiche, sociali e culturali che hanno a cuore la memoria
storica nazionale e vogliono preservare lo spirito della Costituzione
repubblicana perché, come accadde il 2 giugno 1946, siano direttamente i
cittadini a esprimersi su un punto che coinvolge direttamente il senso di
appartenenza alla comunità nazionale, il senso dell'italianità. Dal giorno
successivo al voto parlamentare che fosse definitivo, ci adopereremmo quindi
per la raccolta delle cinquecentomila firme necessarie insieme a tutti
coloro i quali vorranno essere nostri compagni di strada. Ci appelleremo
anche a tutti i parlamentari, anche a quelli che avranno votato a favore del
progetto di revisione, perché sottoscrivano la richiesta del referendum,
riconoscendo il valore della consultazione popolare.
Siamo fiduciosi che gli italiani, che oggi pure appaiono favorevoli al
rientro dei Savoia magari per scarsa attenzione, sapranno invece riflettere
e comprendere le profonde ragioni di questa battaglia che non intende
discriminare nessuno, ma pretende però il rispetto dei valori della storia e
del diritto.
Viroli e Balzani sono presidente
e vice presidente vicario
dell'Associazione
mazziniana italiana
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