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La Stampa Mercoledì 10 luglio 2002

LETTERA APERTA AI DEPUTATI: IL PROGETTO DI LEGGE PER IL RIENTRO È INUTILE, SBAGLIATO, DANNOSO

Indietro, Savoia

Maurizio Viroli
Roberto Balzani


ONOREVOLI Deputati,

i mazziniani italiani si rivolgono a Voi per invitarVi a compiere un atto di saggezza istituzionale e di intelligenza storica, respingendo in seconda lettura il progetto di legge costituzionale che consentirà il rientro dei Savoia in Italia come se si trattasse di un caso pietoso di discriminazione oppure di una indulgente concessione alla curiosità scandalistica dei rotocalchi.

Le cose stanno diversamente: quel progetto di legge è allo stesso tempo inutile, sbagliato e dannoso.

   
 

Una manifestazione antimonarchica a Milano nel 1946

È inutile, perché i discendenti maschi di Casa Savoia potrebbero rientrare oggi stesso in Italia, senza alcun intervento sul testo costituzionale, solo che rinunziassero (cosa che non hanno mai fatto) al titolo dinastico e quindi alla loro posizione di pretendenti al trono d'Italia sul piano del diritto internazionale. Questo atto fu a suo tempo richiesto e ottenuto dall'Austria per il rientro di Otto d'Asburgo. In tal modo, essi non sarebbero più appartenenti a un casato, ma sarebbero semplicemente dei cittadini come tutti gli altri il cui cognome sarebbe Savoia come Rossi o Bianchi. La XIII disposizione finale della Costituzione non li riguarderebbe più, perché essa è appunto letteralmente diretta agli appartenenti a Casa Savoia.

È sbagliato, sul piano del diritto costituzionale e della procedura legislativa, perché si riferisce alla XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione, mentre è del tutto evidente e confermato dai precedenti che tali disposizioni possono essere l'una o l'altra cosa, finali o transitorie. È la logica stessa a dirlo: sono transitorie quelle disposizioni che prevedono un termine prestabilito; le altre - come la XIII - sono soltanto finali, dunque non soggette ad alcuna limitazione nel tempo. Ad esempio, basti ricordare che De Nicola, nel promulgare la Costituzione il 27 dicembre 1947, si riferì alla «XVIII disposizione finale». Altrimenti, si sarebbe potuta adottare una formula simile a quella della legge costituzionale 18 marzo 1958, n. 1, che si riferisce alla XI «delle disposizioni transitorie e finali». Sembra un punto formale, ma in realtà è sostanziale perché è proprio il riferimento alla pretesa transitorietà a consentire l'escamotage giuridico che è stato inventato per placare le coscienze di chi si sarebbe dovuto opporre alla revisione costituzionale, e cioè la cessazione degli effetti della norma e non la sua abrogazione. Ma anche a questo proposito è stato commesso un grave errore: mentre il titolo del progetto parla appunto di cessazione degli effetti, il testo parla invece del loro esaurimento. I due termini non sono sinonimi: a prescindere dalla inaccettabile contraddizione che così si crea tra il titolo e il testo, l'esaurimento degli effetti può anche riverberarsi verso il passato, a differenza dalla loro cessazione, che è sempre e comunque ex nunc. Ultimo ma non meno importante argomento giuridico è poi l'inderogabilità dell'art. 139 della Costituzione che appunto esclude la revisione della forma repubblicana: questa norma è incompatibile con la presenza sul suolo nazionale di una persona che non ha rinunciato al rango di pretendente al trono d'Italia per sé e i suoi successori e continua invece a rilasciare diplomi cavallereschi e titoli di nobiltà. Diventano, allora, veramente insostenibili i cosiddetti riconoscimenti del regime repubblicano, che sarebbero avvenuti col semplice indirizzare una lettera al Capo dello Stato chiamandolo Presidente della Repubblica. La Costituzione repubblicana e la storia d'Italia non si possono giocare sull'indicazione di un destinatario epistolare!

È dannoso, perché la revisione costituzionale sta avvenendo secondo un andazzo buonistico e perdonistico che fa a pugni con le ragioni storiche, etiche e politiche della fondazione della Repubblica per referendum popolare e con il patriottismo della Costituzione che oggi può e deve rappresentare l'ancoraggio dei valori comuni a tutti i cittadini. Non si tratta di chiedere ai Savoia di scontare le colpe dei padri, ma non si può accettare che il loro rientro avvenga senza una discontinuità con l'eredità dinastica, senza una storicizzazione consapevolmente condivisa dalla popolazione. Si sta invece per infliggere un colpo durissimo alla memoria storica nazionale, quando dovrebbe ormai essere sin troppo chiaro a tutti, e in particolare ai politici, quali gravi conseguenze ne possano derivare. Su questa strada, anche la XII disposizione finale (anch'essa non transitoria) relativa al divieto di ricostituzione del Partito Nazionale Fascista potrà presto essere dichiarata esaurita, anche perché fa sistema con la precedente, essendo entrambe ispirate dall'avvento della dittatura mussoliniana e dalla successiva tragedia della seconda guerra mondiale.

Noi mazziniani non siamo dunque contrari al rientro dei Savoia in Italia, ne riconosciamo anzi il diritto, ma ci facciamo altresì carico di alcune responsabilità molto precise sul piano storico e su quello giuridico. Siamo perciò contrari a un rientro che avviene tra il detto e il non detto, sull'onda di un falso senso umanitario o peggio sulla pretesa di riscrivere una storia nazionale che è costata lacrime e sangue. Contestiamo poi che si tratti di un atto dovuto ai sensi del Trattato di Schengen. Innanzitutto, la Corte costituzionale ha sempre rivendicato i limiti al diritto comunitario derivanti dalla stessa Carta costituzionale (di cui la XIII disposizione finale è parte integrante); inoltre, l'Italia ha sempre aderito a Schengen e agli atti successivi esplicitamente ponendo una riserva a questo proposito. Dunque, nessun obbligo automatico e tantomeno una violazione.

Onorevoli deputati,

per queste ragioni, i mazziniani italiani Vi chiedono di bloccare il processo di revisione costituzionale, che è giunto al suo ultimo atto. In caso contrario, siamo comunque pronti a ricorrere al giudizio dei cittadini, grazie alla possibilità del referendum confermativo che è previsto dall'art. 138 della Costituzione. Ciò è possibile perché al Senato non si è raggiunta la maggioranza dei 2/3 dei componenti che l'avrebbe impedito. Ci rivolgeremo a tutte le forze politiche, sociali e culturali che hanno a cuore la memoria storica nazionale e vogliono preservare lo spirito della Costituzione repubblicana perché, come accadde il 2 giugno 1946, siano direttamente i cittadini a esprimersi su un punto che coinvolge direttamente il senso di appartenenza alla comunità nazionale, il senso dell'italianità. Dal giorno successivo al voto parlamentare che fosse definitivo, ci adopereremmo quindi per la raccolta delle cinquecentomila firme necessarie insieme a tutti coloro i quali vorranno essere nostri compagni di strada. Ci appelleremo anche a tutti i parlamentari, anche a quelli che avranno votato a favore del progetto di revisione, perché sottoscrivano la richiesta del referendum, riconoscendo il valore della consultazione popolare.

Siamo fiduciosi che gli italiani, che oggi pure appaiono favorevoli al rientro dei Savoia magari per scarsa attenzione, sapranno invece riflettere e comprendere le profonde ragioni di questa battaglia che non intende discriminare nessuno, ma pretende però il rispetto dei valori della storia e del diritto.

Viroli e Balzani sono presidente
e vice presidente vicario
dell'Associazione
mazziniana italiana

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