NAPOLI, IL SINDACO ROSA RUSSO IERVOLINO NON LI RICEVERÀ.
POLEMICA TRA I MONARCHICI PER UNA DONAZIONE RIFIUTATA DAL COMUNE
«I Savoia non sono bambini, non sarò la loro balia»
Fulvio Milone
NAPOLI
«Non sono la loro baby sitter», taglia corto il sindaco. «Cafoni e
incivili», contrattacca il segretario dell'Unione Monarchica. Nubi
minacciose si addensano sul week end dei Savoia a Napoli. Il ritorno di
Vittorio Emanuele e famiglia, che si preannunciava come una festa, si sta
trasformando in una querelle tra i fans della casa reale e gli
amministratori pubblici «colpevoli» di non aver preparato un'accoglienza
ufficiale al principe, e soprattutto di aver rifiutato una donazione. Come
se non bastasse, ci si mettono anche i nostalgici del Regno delle Due
Sicilie, schierati dietro i vessilli dell'Associazione dei Neoborbonici:
preannunciano contestazioni con sventolio di fazzoletti con su ricamato il
giglio dorato e il boicottaggio di negozi e ristoranti intenzionati a
«fraternizzare col nemico». E propongono: «Accanto alle bandiere della
pace, facciamo sventolare dai balconi quelle dei Borbone». A dare manforte
ai «sanfedisti», sabato prossimo verrà a Napoli anche una delegazione del
Movimento indipendentista ligure. (ndr, il grassetto è mio)
Ma la polemica più aspra che in queste ore sta dividendo l'anima monarchica
da quella inguaribilmente repubblicana della città riguarda soprattutto
l'accoglienza che le istituzioni riserveranno, o meglio non riserveranno,
ai Savoia. Eppure le occasioni per un incontro fra Vittorio Emanuele e il
sindaco Rosa Russo Iervolino non mancherebbero. A cominciare dalla visita
al Duomo. Il primo cittadino potrebbe intervenire alla cerimonia in qualità
di presidente pro tempore della Deputazione di San Gennaro, ma si guarderà
bene dal farlo. E per motivare la sua assenza usa parole dure, quasi
sprezzanti: «I Savoia non sono dei bambini, quindi non devo accompagnarli
per mano in giro per la città». Poi, l'affondo: «Vittorio Emanuele è un
cittadino italiano che torna nel nostro paese. Non credo di dover fare
la baby sitter di nessuno».
I collaboratori di Casa Savoia rispondono con un aristocratico
silenzio allo sgarbo. Ma montano su tutte le furie quando vengono a sapere
che il Comune ha rifiutato le attrezzature per il valore di quindicimila
euro che Vittorio Emanuele intendeva donare al dormitorio pubblico,
intitolato per ironia della sorte a Vittorio Emanuele II. «Il sì
dell'amministrazione avrebbe significato un riconoscimento istituzionale
da parte di un ente pubblico a coloro che invece sono comuni cittadini -
spiega l'assessore agli affari sociali Raffaele Tecce -. Ma soprattutto
avrebbe in qualche modo avallato una passerella, una kermesse del tutto
inappropriata in un luogo di sofferenza qual è un dormitorio».
La carità deve essere silenziosa e non ostentata, commenta Tecce, le cui
frasi sono state accolte dai destinatari come uno schiaffo in pieno viso. La
replica stizzita è affidata a Sergio Boschiero, segretario nazionale dell'Unione
Monarchica Italiana: «Il rifiuto dell'assessore di accettare la donazione
è un gesto cafone e incivile», sbotta Boschiero, e con perfidia accusa di
«faziosità l'amministrazione Iervolino alla quale, evidentemente, dispiace
il ricordo di quell'80 per cento dei voti che Napoli dette alla monarchia
dei Savoia in occasione del referendum del 1946». Pronta la replica,
questa volta dell'ex sindaco di Napoli Maurizio Valenzi, uno dei padri del
pci napoletano: «Dopo il referendum i monarchici spararono sulla
federazione del partito di Togliatti: ci furono cinque morti e settanta
feriti».
Anche i Neoborbonici si preparano ad accogliere in modo tutt'altro che
amichevole Vittorio Emanuele. I contestatori hanno fatto stampare centinaia
di adesivi con la scritta: «Indietro Savoia»: «Il Sud non ha niente da
festeggiare - tuona il segretario dell'Associazione Gennaro De Crescenzo -.
Dal Risorgimento in poi la casa reale sabauda ha rappresentato lutti,
repressione e saccheggio delle nostre risorse».
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