[ Indietro ] Un simbolo «rubato» nel 1815La vicenda del rostro di
età romana GENOVA «Due pesi e due misure: nel 1860 Genova restituì con un gesto generoso le catene di Porto Pisano che conservava come trofeo di guerra dopo la battaglia della Meloria nel 1290, ma nonostante molte richieste non è mai riuscita a riavere da Torino il rostro romano del II secolo portato via, con tutta l'Armeria della Repubblica, nel 1815». Per Bampi e Matteucci la vicenda del rostro romano è una delle molte ingiustizie subite da Genova ad opera dei Savoia prima, e dello Stato italiano dopo. In breve i fatti: il rostro (ma più propriamente «sisto») è una scultura in bronzo a forma di testa di cinghiale che le navi da guerra romane portavano sulla prora al di sopra del rostro vero e proprio. Databile intorno al II secolo dopo Cristo, l'esemplare genovese fu ripescato nel 1597 tra Ponte Spinola e la Darsena, ed è oggi esposto nella prima sala dell'Armeria Reale di Torino. Una copia in ghisa è al Museo Navale di Villa Pallavicini a Genova. Nel corso degli anni ci sono state molte prese di posizione da parte genovese per ottenere la restituzione del cimelio che, tra l'altro, è raffigurato nello stemma del Comune. La stessa «Famija Turineisa», nel 1981, su richiesta della genovese «A Compagna», arrivò a interessare della cosa personalità amministrative e culturali, tutte favorevoli alla restituzione, senza ottenere risultati. Nel '92, quando il rostro fu portato a Genova per l'esposizione colombiana, un esposto alla magistratura provocò una richiesta di accertamenti da parte del sostituto procuratore Carlo Maria Napoli. Nel '97 il Consiglio comunale di Genova votò a maggioranza «trasversale» (27 sì, 6 no) una mozione presentata da Forza Italia e An (ma contro la quale votarono, a sorpresa, il sindaco Adriano Sansa e i consiglieri Morgano, Bertelli, Cassinese, Guglielmino e Musso). Tutto inutile: il rostro rimane a Torino, i vari soprintendenti che si sono succeduti negano la restituzione (o anche soltanto il «prestito» con esposizione permanente a Genova) spiegando che si tratta di una «donazione». Peccato che quella «donazione» nel 1815, anno della forzata annessione di Genova al Piemonte (mai sancita da un plebiscito) avesse avuto tutte le caratteristiche di una vera e propria razzìa, la prima di una lunga serie di umiliazioni inflitte a Genova per punirla delle sue velleità d'indipendenza. Marco Raffa Articolo apparso su «La Stampa» di domenica 29 dicembre 2002. [ Indietro ] |