BERSAGLIERI Intensa giornata
di Amedeo d'Aosta che ha deposto una corona sulla tomba di De Stefanis
Arriva il duca, pace fatta
«Genovesi, l'ordine di saccheggio partì dai Savoia»
«Grazie per il fiore che porterà e per l'amore che ha dimostrato per i genovesi e
per i bersaglieri» Un biglietto per il duca. Letterina di benvenuto a calligrafia
incerta e tremante. Ma incerte non sono le parole che padre Costantino, 73 anni, frate
del convento padre Santo, ha dedicato ad Amedeo d'Aosta, discendente dei Savoia, per
due giorni ospite di una Genova bersagliera e festaiola. Il biglietto lo ha trovato
il duca nella sua stanza d'albergo, lo Star hotel di Brignole. Alle 14 di ieri dopo
un viaggio in treno cominciato a Firenze. Il fiore è la corona di alloro che Amedeo
d'Aosta ha portato alla tomba di Alessandro de Stefanis, vittima dei moti del 1849.
Anno del sacco di Genova ordinato ai bersaglieri da re Vittorio Emanuele.
È stato quel biglietto il primo segno di amicizia verso il duca in missione di
pace. Poi ci saranno stati gli incontri con i rappresentanti della nobiltà genovese,
con il cardinale Canestri, il questore Carnimeo, e con Giorgio Doro, il presidente
leghista della circoscrizione dl Portoria. È in questa parte di città antica, compresi
i sestieri di Pré Molo e Maddalena, che è nata la lite. «Come possono i bersaglieri
radunarsi a Genova dopo averla saccheggiata?» ha tuonato il Comitato dei martiri del
sacco del 1849. «Roba di cent'anni fa» hanno ribattuto i fanti scelti. Ma ormai
sfilacciati i rapporti tra molti genovesi e i militari, Amedeo d'Aosta ha deciso di
intervenire di persona. Perché l'ordine ai bersaglieri di mettere la Superba a ferro
e fuoco era stato imposto dal suo avo Vittorio Emanuele. «Tocca a me, ora, pacificare
le parti».
E pace è stata fatta ieri alle 16 nel convento di Padre Santo, in via Mameli. È la
prima volta che, in Italia, un Savoia partecipa ad una cerimonia pubblica. Lui Amedeo,
è arrivato puntuale all'appuntamento con i frati e con un pezzetto di storia genovese.
Completo blu e distacco regale, depone sulla tomba di De Stefanis la corona di alloro.
Nastro azzurro, la "firma" del duca a letterine chiare, la ghirlanda si adagia
delicatamente sulla lapide. Sigillo sulle liti, i rancori e le stizze sollevate da
chi quel sacco del 1849 non vuole e non riesce a dimenticare. «Come scordare le decine
di morti, le donne violentate, le case bruciate dai militari?» ha più volte chiesto
il Comitato dei martiri tappezzando la città di manifesti bordati di nero. Città
spezzata in due, tra chi dimentica e chi no, Genova si ritrova meta di un viaggio
blasonato.
Qualcosa o qualcuno deve aver suggerito ad Amedeo d'Aosta, ufficiale di marina,
pilota per tradizione, una tranquilla ma decisa presa di posizione: «Il mio vuole
essere un gesto spontaneo più che politico. Se poi diventa anche politico, tanto
meglio». In che senso? «Beh, - sorride compassato il duca - nel senso che vengo a
portare pace. E in Italia ce n'è bisogno». Genova primo passetto della missione del
Duca, quindi. La guerra è finita da cent'anni, il Savoia va in giro per la città su
un auto blu da assessore. Accanto a lui siede la moglie, Silvia Paternò di Spedalotto;
veglia sulla coppia un funzionario della Digos, Giovanni Lai, telefonino e occhiali
scuri, e il gran cerimoniere di Genova, Gukj Polleri.
Ma nella chiesa di padre Santo, piccola e discreta scorta, sono i frati. Primo tra
tutti il priore padre Candido, modi semplici e gentili, un passato come "ospedaliero
al San Martino. Ma è una potenza padre Candido, le famiglie altolocate se lo
contendono. Amedeo d'Aosta e la duchessa lo ascoltano, attenti. Scrutano la salma
di Padre Santo, stringono le mani di Doro e annuiscono, La cerimonia è semplice.
Riservata. D'altra parte, osserva il duca, «I genovesi sono rudi, levigati dal mare.
Ma ospitali». Concede molti appuntamenti la coppia dei duchi. Non è in programma un
incontro con il sindaco Sansa di cui Amedeo «ha sentito molto parlare e a cui
manderò un messaggio», ma un atteso e alla fine ottenuto ricevimento da parte del
cardinale Canestri.
E non è soltanto la Genova del mare e delle grandi personalità quella che ricorda
il duca. «Ho visitato l'Italsider, e ho lavorato come consulente della Tubighisa». E
tornando al passato, ricorda: «genovese era il primo duca reale della mia famiglia».
Poi alle 17.30 il piccolo corteo, di cui fanno parte il sindaco di Rapallo Giannicola
Amoretti e il presidente dell'aereoclub genovese Claudio Senzioni, arriva in via San
Lorenzo, in Curia. Mezz'ora di dialogo con il cardinale Canestri. A parlare di pace.
Di ghirlande e bersaglieri.
Annalisa Rimassa
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