La daga e l'ira di La Marmora
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Il Lavoro - la Repubblica Venerdì 6 maggio 1994

Tursi premiò il bersagliere contestato "Protesse dai saccheggi un senatore"

Quella daga che suscitò l'ira di La Marmora

di PIERO PASTORINO

Il caso del bersagliere Alessio Pasini si innesta nella spedizione delle penne al vento a Genova nell'anno 1849. Fu un episodio con strascichi notevoli e accuse tra il generale Alfonso La Marmora e la nostra municipalità. Merita rievocarlo in questi giorni che vede radunati centomila bersaglieri nella nostra città, anche per tentare di rivalutare la memoria di questo loro commilitone, in quei giorni ingiustamente perseguitato.

Il bersagliere, nativo di Mantova, ebbe il pubblico plauso della municipalità genovese "per avere salvato da violenze la famiglia del senatore Daneri" e molte altre famiglie genovesi. Senonché Pasini, il cui gesto altruistico non era stato altrettanto apprezzato dal comando dei bersaglieri, aveva disertato. Oltretutto, il lombardo non doveva nutrire soverchia affettività nei riguardi delle milizie savoiarde. Così fu che il tribunale militare che doveva decidere la sorte del contumace - Pasini era riparato a Parigi - perché sospetto di saccheggio e rapina, si trovò le mani legate di fronte all'inopinata decisione del comune di Genova. L'atto di accusa contro di lui era davvero di una stupefacente faziosità verbale: "L'aver salvato la famiglia Daneri non fu che a scopo di allontanare da sé ogni sospetto e procurarsi così l'immpunità".

Il processo fu istruito il 6 maggio. Forse gli fu favorevole, perché il giorno 20 dello stesso mese, il suo capitano, di cognome Longoni, che comandava la 4° compagnia, pubblicava una lettera nella quale affermava che: "il Pasini disertò due volte; fece ricco bottino negli svaligiamenti di casa: sarebbe tempo di finirla con le lodi".

Longoni era un ex deputato di Rapallo che nella seduta della Camera del 20 febbraio dello stesso anno aveva proposto si mettesse il bavaglio alla stampa durante la prossima guerra. Aveva anche detto, nella stessa seduta: "Il soldato piemontese non scenderà mai alla viltà di un giannizzero, non sarà mai lo strumento della tirannide".

I1 9 maggio era comparsa sul giornale "L'Imparziale Ligure" la lettera di stima e riconoscenza de1 municipio ad Alessio Pasini per avere "il giorno 5 di questo mese con pericolo vostro efficacemente protette, nelle sostanze, nell'onore, nella vita parecchie famiglie genovesi minacciate dalla militare licenza". Una daga fu il riconoscimento deciso a favore del bersagliere.

La lettera provocò le ire di Alfonso La Marmora, che inviò al sindaco Profumo una risposta di fuoco, richiedendogli il testo completo del plauso al bersagliere. Il giorno successivo, il generale convoca al comando il sindaco, accompagnato da alcuni consiglieri. Risultato dell'incontro fu che il sindaco scrisse una dichiarazione correttiva per alcune osservazioni che erano parse offensive nei riguardi dell'esercito piemontese. Entrando nei particolari, Profumo tuttavia sottolineò che solo l'azione di Pasini frenò alcuni commilitoni facinorosi che stavano mettendo a soqquadro l'abitazione di un magistrato in salita degli Angeli. La daga promessa al bersagliere gli fu poi recapitata nel suo rifugio di Parigi per mezzo di Raffaele Rubattino, amministratore dei vapori sardi. "Secondo l'incarico avuto dalla S. V. Ill.ma - scrive Rubattino al sindaco - ho rimesso a Parigi, via di Marsiglia, la daga d'onore inviata dal municipio all'ex bersagliere Alessio Pasini e mi pregio di rimetterle la ricevuta del Pasini".

L'ex bersagliere neanche in Francia ebbe vita facile. Trovò lavoro come minatore, ma riportò gravi lesioni per lo scoppio di una mina. Rimpatriato, fu ricoverato all'ospedale Celesia di Rivarolo, dove morì all'età di 46 anni il 23 luglio 1874.

Non sarebbe dunque atto doveroso dei bersaglieri riabilitare il loro compagno d'arme?

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