Una selva di baionette coprì le sue vie già liete di canti e di popolari entusiasmi. Lo strangolo dello stato d'assedio - lo scioglimento della Guardia Nazionale - il disarmo immediato dei cittadini - la libertà della stampa per indirette vie soffocata - il diritto d'associazione impedito - le violazioni del santuario domestico e tutte quelle gravezze, cui va d'ordinario soggetta una nemica città, furono la corona di spine che circondò il venerando suo capo.

Noi vedemmo un altra volta dagli antri delle polizie tenebrose sguinzagliati i segugi, che ingrassano di delazione e d'infamia, incarcerarsi persone che ree di delitti politici avvisavano (incaute!) che la data amnistia fosse loro un usbergo; e ben l'onorando dottore Gillardi, l'amico di Byron nell'età sua più decrepita dovette scontare nel carcere l'italianità dei suoi sensi. Recco sua patria s'ebbe pure il conforto dello stato d'assedio. Vedemmo destituiti senza ombra alcuna d'accusa fra i magistrati Celesia, Montesoro, Balestreri e Grondona. Un Sauli colonnello del Genio, un Mameli contro-ammiraglio messi in riposo, ed altri prodi ufficiali che lungo sarebbe il rammentare.

Tratto da I moti genovesi del '49, Erga, Genova, 1967, pag.106-107



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