[ Indietro ] Note biografichedi Ezio BagliniManfredo Fanti è nato a Carpi (MO) il 26 febbraio 1806 ed è ricordato quale patriota ed organizzatore dell'esercito italiano.
Laureato in matematica, divenne ufficiale del Genio nell'esercito del duca di Mantova; disertò per partecipare ai moti insurrezionali a Rimini (25 marzo 1831) contro le truppe pontificie. Gli insorti però furono vinti e Fanti fu fatto prigioniero. Ricuperata la libertà dapprima emigrò in Francia, poi in Spagna, ed infine ritornò all'inizio della prima guerra di Indipendenza, partecipando alla difesa di Brescia, Milano ed Alessandria. Divenne comandante di brigata e, in pace, deputato al parlamento subalpino. Dopo la disfatta di Novara ed l'abdicazione di Carlo Alberto, nel 1849 Fanti assunse il comando della divisione Lombarda ospitata malvolentieri in Piemonte perché nel comportamento del suo generale, il piemontese Gerolamo Ramorino si volle vedere una delle cause della disfatta di Novara: processato quale reo di disobbedienza fu condannato a morte e fucilato. In attesa che la divisione venisse disciolta, il Fanti le fece giurare fedeltà a Vittorio Emanuele II il 28 marzo 1849. Dal Po furono inviati a Bobbio dove, delusi (perché mai avevano prestato un giuramento in quanto ingaggiati tacitamente per tre anni o fino alla fine della guerra), i soldati ebbero diserzioni e sbandamento. Durante il Sacco di Genova perpetrato dal La Marmora, il Fanti era stato invitato dall'Avezzana a soccorrere Genova ed i mazziniani con la sua divisione. Egli fu dapprima titubante ed insicuro ("io piemontese non porterò le armi contro il Piemonte") e tale era anche la massa di soldati ed ufficiali. Quando scesero a Chiavari furono accolti calorosamente pensando che andassero a Genova utilizzando alcune navi che li aspettavano in rada; ma lui stesso scelse di non venire per rimanere fedele al giuramento prestato, in contraddizione con i principi per i quali era nata la sua divisione. Il Fanti fu tuttavia accusato da La Marmora che lo sospettò di voler accorrere a Genova. Fu processato ed assolto.
Nel 1855, preferì tornare alle armi partecipando alla guerra di Crimea, e poi alla seconda guerra di Indipendenza, contribuendo alla vittoria a Magenta, Palestro, San Martino. Tornato alla politica cooperò con Cavour per l'annessione dell'Italia centrale (Toscana, Parma, Modena e Romagna) finché ebbe l'incarico di riorganizzare l'esercito del nuovo stato italiano. Per prima cosa, fondò l'Accademia a Modena di scuola militare e poi, divenuto nel 1860 ministro della guerra e della marina, favorì l'occupazione delle Marche e dell'Umbria fino ad interessarsi della campagna finale del sud con l'incarico di capo di stato maggiore. Negli ultimi anni dopo l'unità d'Italia, occupò sempre mansioni direttive quali ministro della guerra, diplomatico in Francia, senatore. Morì a Firenze il 5 aprile 1865. Per noi genovesi, per la scelta che ha fatto lasciando il popolo alla mercé del più forte, non è una figura che merita il titolo di una nostra strada. [ Indietro ] |