LA MARMORA VOLEVA «PUNIRE» LA CITTÀ REPUBBLICANA
Bersaglieri contro Genova
di GIOVANNI CATTANEI
I genovesi, il militare lo fanno in marina, con gli alpini, o in fanteria.
Raramente una scelta spontanea li porta tra i bersaglieri. In Liguria, ancora
oggi, i bersaglieri non sono prediletti. C'è, all'origine, una storia centenaria.
E, si dice, per questo in Liguria non ha mai avuto stanza un reggimento o,
neppure, un distaccamento di bersaglieri.
A chiarirlo è venuto un importante libro curato da Leonida Balestreri
(«I moti genovesi del '49» - Realizzazioni Grafiche Artigiana). Incredibile:
ma chi non crederebbe ai documenti? Quell'accozzaglia di soldati - di un corpo
scelto - inviata a reprimere le velleità repubblicane di Genova, rinnovò davvero,
in questa nolente suddita del Piemonte, le giornate dei lanzichenecchi manzoniani.
Averi depredati e persone torturate o uccise freddamente: fanciulli e mariti
costretti ad assistere all'orrenda aggressione di madri e sorelle.
Fu la truppa a prender la mano agli ufficiali, è vero, i quali talvolta
cercarono di mantenere l'ordine (ancorché qualche volta risultino accondiscendenti};
ma c'era, in fondo, un malcelato desiderio di far scontare ai genovesi
l'insofferenza, con la quale si erano sempre opposti alla forzata annessione
piemontese nel 1815. Balestreri, nel suo acuto saggio introduttivo, lo mette
bene in luce: la Liguria tradizionalmente antiaustriaca non aveva ambizioni
centrifughe; però aveva una tradizione profonda di autonomia e di fede repubblicana.
Dopo la disfatta di Novara, Genova rivelò «la volontà (...) di sostituire
all'iniziativa del governo di Torino clamorosamente fallita quella delle forze
democratiche, tramutando la guerra regia in guerra di popolo».
Balestreri, a fare il punto sulla situazione storica, e sulla detestabile
pagina dei cannoneggiamenti, dei soprusi e del vandalismo dei bersaglieri di
La Marmora, pubblica, con lucida analisi, cinque testi, finora poco noti ed
irreperibili, che è grande acquisto avere restituiti al lettore: alcuni «spunti
di cronaca storica» sui precedenti immediati dei moti genovesi, tratti dal
volume «La Italia - storia di due anni 1848-49» (autore C.A. Vecchi) edita a
Torino nel 1851; il testo dell'armistizio di Novara stipulato il 26 marzo
del '49 tra l'esercito austriaco e quello piemontese; le «memorie e documenti»
di un anonimo testimone oculare «Della rivoluzione di Genova nell'aprile del
1849 esposta nelle sue vere sorgenti»; la «Relazione degli ultimi fatti di
Genova», fascicolo stampato in Torino appena il 30 aprile '49, in cui il
comandante della Divisione militare di Genova De Asarta volle difendere
il suo operato, giudicato troppo poco energico, con La Marmora; infine la
drammatica relazione della «Commissione per i danni subìti dalla popolazione
di Genova» dall'occupazione piemontese.
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