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La Padania
Domenica 18 e Lunedì 19 febbraio 2007
L'insurrezione contro i Savoia
Nel 1849 scoppiò la rivolta contro il regno di
Sardegna, soffocata nel sangue da La Marmora
Franco Bampi*
Come si seppe dell’umiliante sconfitta di Novara avvenuta venerdì 23
marzo 1849, i Genovesi si preoccuparono moltissimo. Due tristi episodi
erano ancora vivi nei loro cuori: il terribile assedio del maggio del
1800 e la bruciante e umiliante annessione al Regno di Sardegna, di
tutte la più odiosa. Ma soprattutto era vivissimo il ricordo
dell’insurrezione del 1746 quando la sassata del Balilla scatenò
la rivolta popolare che portò alla sconfitta degli Austriaci e dei
Piemontesi, che avevano invaso la Serenissima Repubblica di Genova.
Forse per volontà di resistere all’Austriaco come un secolo prima, forse
nella speranza, mai sopita, di riottenere la tanto desiderata
indipendenza, fatto sta che i Genovesi si ribellarono e insorsero.
Come chiaramente dimostrato da specifici studi, la rivolta fu una
spontanea rivolta di popolo. Pur tuttavia, al comando del generale
Giuseppe Avezzana, gli insorti ebbero la meglio sulle truppe
piemontesi. Saputo della cosa Vittorio Emanuele II, divenuto re
per l’abdicazione del padre Carlo Alberto, mandò il generale dei
bersaglieri Alfonso La Marmora a sedare la rivolta. Giunto a
Genova con oltre 30.000 soldati in una città che aveva circa 90.000
abitanti, ebbe facile gioco ad avere ragione di resistenze improvvisate
e disorganizzate.
Non contento di una vittoria che si prospettava facile, lasciò che la
soldataglia si abbandonasse al sacco della città, saccheggio che durò
dal 4 al 7 aprile 1849 e durante il quale uomini furono uccisi, donne
stuprate, case e chiese devastate e depredate. Non solo questo: nel
pomeriggio del giorno 5 aprile cominciò un incessante bombardamento che
durò ben trentasei ore e che fece vittime soprattutto tra i ricoverati
dell’Ospedale di Pammatone in Portoria.
Certo: fu il quartiere di Portoria, teatro dell’insurrezione del Balilla,
ad essere preso di mira e quasi certamente in maniera deliberata se è vero,
come è vero, che durante il sacco la soldataglia che violava case e chiese
e opprimeva gli abitanti gridava dov’è il Balilla?.
Genova fu domata. Domenica 8 aprile, giorno di Pasqua, in una lettera
scritta in francese, Vittorio Emanuele II, complimentandosi con La
Marmora per aver ben operato a Genova, definì i Genovesi vile e infetta
razza di canaglie, un’onta ancor oggi non sanata. Quando il giorno 11 aprile
La Marmora entrò in Genova trovò una città deserta con tutte le finestre chiuse.
Da allora Genova attende che i danni materiali e soprattutto morali le vengano
risarciti dagli eredi di coloro che autorizzarono quest’infamia.
*Docente
dell'Università di Genova
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