Un episodio di orgoglio pagato a caro
prezzo: la città fu presa d'assedio e saccheggiata dalle milizie regie
Quando Genova disobbedì a Carlo Alberto
Dopo la sconfitta dell'esercito sabaudo, nel
1849, non accettò l'armistizio con l'Austria
LUCIANO CAPRILE
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Alfonso La Marmora fu nominato commissario straordinario nella
Genova insorta dopo la fine della prima guerra di indipendenza |
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La storia, si sa, viene scritta dal vincitore a cui non piace raccontare due
cose in particolare: le sconfitte e le imprese affatto onorevoli. A proposito
del nostro Risorgimento, poco o nulla si è studiato a scuola della battaglia
di Bronte e ancor meno, forse, della "rivoluzione di Genova"
dell'aprile del 1849.
Che cos'era capitato? A seguito della sconfitta dell'esercito sabaudo a
Novara, Radetzky aveva concesso l'armistizio a Carlo Alberto a patto che gli
alleati deponessero le armi. Genova aveva disobbedito costituendo un governo
provvisorio retto dall'avvocato David Morchio, dal comandante della Guardia
Nazionale Giuseppe Avezzana e dal deputato Costantino Reta. Toccò quindi ad
Alfonso La Marmora e ai suoi bersaglieri conquistare con la forza la città.
Perché l'uso della violenza?
Ha scritto il generale nelle sue memorie pubblicate nel 1871:
"Rifugiavansi in Genova molti emigrati e fra non pochi onesti e
benemeriti patrioti, s'infiltrava pure in città un buon numero di esaltati,
di faccendieri, di spie e di facinorosi, di cui taluni rei di delitti comuni.
Dimodoché si trovò a Genova, in breve, riunita una massa di gente ogni giorno
pronta a sollevare la plebe contro il Governo e ad insultare l'esercito".
Tanto bastava per ordinare l'assalto e per permettere alle truppe libertà
di saccheggio e d'altro ancora. Queste notizie le abbiamo trovate su
un libretto pubblicato nel 1850 in una non specificata località italiana da
"un testimonio oculare" (che poi era l'avvocato Emanuele Celesia)
e intitolato "Della
Rivoluzione di Genova nell'aprile del 1849 esposta nelle sue vere
sorgenti". Si legge infatti nella prefazione rivolta "al lettore
italiano": "L'autore di queste memorie fu testimonio di fatti e
intende narrarli con interezza e senza studio di parte. Niuno finora, ch'ei
sappia, cercò indagare il concetto che ingenerò la vigorosa manifestazione
di Genova, e la verità soffocata pria dal cannone, venne quindi a gara
stuprata dalle note officiali e da prezzolati scrittori".
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Era stato costituito un
governo provvisorio e
toccò al generale
Alfonso La Marmora e
ai suoi bersaglieri
conquistare con la
forza la città |
Egli è certo che "la protesta di Genova contro l'alleanza coll'Austria
verrà registrata con nobile orgoglio nelle istorie d'Italia, quando l'Italia
sarà risorta a dignità di Nazione. Marsiglia, novembre 1849". E' dunque
il grido di un patriota fuoruscito che immagina già come le vicende verranno
manipolate. A nulla servì l'appello di Costantino Reta per far desistere La
Marmora da uno scontro fratricida. Le milizie reali riuscirono a occupare
alcuni forti e diverse zone strategiche della periferia nonostante la strenua
opposizione di uomini e di donne di ogni età e ceto.
"Ma gli orrori di una guerra sleale e veramente fraterna non bastavano
ad estinguere nei nostri aggressori la sete di sangue. Verso il meriggio del
dì 5 aprile un fiero bombardamento intronava l'intiera Città. Durava ben
trentasei ore. Le racchette, le bombe, le palle cadeano a diluvio, sfondando
i tetti e profondavano morti, incendii e rovine. Il quartier di Portoria ne
fu sovra tutti mal concio", annota il Celesia e più avanti inorridisce:
"In ben oltre trecento cinquanta famiglie () infuriò la bestialità delle
forsennate milizie che sfondarono gli uscii delle pacifiche case e tutto
mandavano a ruba. Oltre agli averi dei cittadini si diè piglio ai vasi sacri
ed agli arredi dei templi - si stuprarono vergini - le madri insultavansi -
nel palazzo del Principe Doria si fecero ingollare ad alcuni dei nostri
prigioni gallette inzuppate di sangue, diversi ufficiali animando
coll'esempio i soldati".
È l'inizio della fine: "Il giorno 9 le truppe entravano in Città,
le precedeano i bersaglieri a passo di carica, seguivano i squadroni di
cavalleria, venivano in ultimo i fanti. () Trentamila uomini che più non
esistevano contro il Tedesco posero l'ordine in Genova.() Entrate le
truppe, Genova fu la città del martirio. Noi vedemmo un'altra volta dagli
antri delle polizie tenebrose sguinzagliati i segugi, vedemmo destituiti
senza ombra alcuna d'accusa fra i magistrati Celesia, Montesoro, Balestreri
e Grondona." E Garibaldi?" Garibaldi, l'eroe di S.Antonio, di
Luino e di Roma non poté libero respirar l'aure della sua Genova, e tolto
di carcere venne duramente respinto dalla sacra terra d'Italia. Cacciati
i buoni () la sciabola era arbitra sola dei nostri destini".
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