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Il Secolo XIX
Giovedì 27 novembre 2008
LA TARGA A CORVETTO
Il sacco di Genova e il re galantuomo
A 159 anni di distanza dai fatti, con una decisione unanime delle forze politiche
rappresentate nel consiglio comunale genovese nel maggio 2006, si è posto rimedio
all'oblio al quale era stato condannato il sacco di Genova del 1849, ad opera dei
Bersaglieri piemontesi di Alfonso La Marmora, spediti contro la Superba che aveva
osato ribellarsi ai Savoia, chiedendo la ripresa della guerra all'Austria. Una targa
che commemora l'orrendo avvenimento, e opportunamente rammenta l'annessione forzata
della Repubblica di Genova al Regno sabaudo, decretata dal Congresso di Vienna nel
1814, è stata scoperta in piazza Corvetto, a poche decine di metri dal monumento
equestre del re Galantuomo, che ordinò il massacro dei genovesi e rese merito al suo
generale per aver liberato la città dalla "vile razza di canaglia infetta". Recita
la targa: "Nell'aprile 1849, le truppe del re di Sardegna Vittorio Emanuele II al
comando del generale Alfonso La Marmora sottoposero l'inerme popolazione genovese a
saccheggi bombardamenti e crudeli violenze provocando la morte di molti pacifici
cittadini aggiungendo così alla forzata annessione della Repubblica di Genova al
Regno di Sardegna del 1814 un ulteriore motivo di biasimo. Affinché ciò che è stato
troppo a lungo rimosso non venga più dimenticato. Il Comune di Genova pose".
L'iniziativa, assunta dal Movimento Indipendentista Ligure (Mil), ha suscitato
voci dissonanti. Si è polemizzato sull'accostamento tra l'annessione del 1814 e la
carneficina del 1849 che sono l'una il prologo e il presupposto dell'altra. Don Paolo
Farinella ha accusato la professoressa Anna Dagnino, assessore provinciale al Turismo,
di aver fatto «un minestrone di date ed eventi diversi che possono essere funzionali
solo alla controriforma scolastica del ministro Gelmini».
Dagnino ha replicato: «Il testo della targa, sobrio e non retorico, evita le
strumentalizzazioni in chiave politica. Non si deve a me, è frutto della consulenza
di storici qualificati. La targa non sottintende alcuna sterile rivendicazione,
segnala due episodi oscurati dalla storiografia ufficiale». Giorgio Guerello,
presidente del consiglio comunale genovese, ha ricordato che «il testo è il risultato
dello sforzo condiviso compiuto in commissione Cultura. La gloriosa storia del nostro
Risorgimento si è talvolta macchiata di episodi vergognosi come questo. È giusto che
le generazioni future ne siano consapevoli».
Franco Bampi, presidente del Mil, ha detto che «la memoria non è soltanto ricordo,
è anche fonte dell'identità di un popolo. L'episodio del 1849 fu rimosso, i Savoia
spesso riuscivano a cancellare ciò che nuoceva alla loro causa». L'annessione aveva
trascinato la città nella miseria e nella depressione economica. «Nel 1818 su 8O mila
abitanti si contavano ben 20 mila soldati piemontesi. Nel 1849 i Bersaglieri che
uccidevano e stupravano gridavano: "Dov'è Balilla?", evocando sprezzantemente l'eroe
della rivolta del 1746. Si trattava di una rivolta antipiemontese, non antiaustriaca».
I soldati bombardarono l'ospedale di Pammatone, causando decine di vittime, sepolte
nella chiesa del Padre Santo. «Fu un atto di guerra contro Portoria il cui nome venne
cancellato e sostituito con Piccapietra, che non ha alcuna radice storica».
Renzo Parodi
parodi@ilsecoloxix.it
La targa fra Guerello e Bampi
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