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Il Secolo XIX Sabato 29 novembre 2008

Un errore la lapide che accusa il re

Resto profondamente stupito della decisione dell’Amministrazione comunale di collocare una targa nei pressi del monumento equestre che la città, a suo tempo, volle dedicare alla memoria del re Vittorio Emanuele II e con la quale si è ritenuto necessario di stigmatizzare presunte colpe, nei confronti di Genova, di quel re.

Non voglio entrare troppo nel merito del così detto “sacco di Genova” - della cui gravità nessuno discute - voglio invece rimarcare come ritengo sia sbagliato, storicamente, assurgere a simbolo degli eccessi del governo che decise allora l’azione militare contro Genova unicamente la figura del re. Un re, tra l’altro, che era l’unico sovrano costituzionale d’Italia in quella primavera del 1849 e che proprio per questo riuscì a catalizzare la volontà di unità e di indipendenza di tanti italiani attorno al regno sardo-piemontese.

Colpendo Vittorio Emanuele II non si colpisce solo il sovrano che giovanissimo seppe resistere alle pressioni politiche della Austria, vincitrice nella prima guerra d’indipendenza contro lo stesso regno sardo, mantenendo la costituzione data dal re Carlo Alberto. Si colpisce, invece, uno dei simboli del nostro risorgimento al quale, nel centenario della morte, persino la Repubblica volle dedicare un francobollo.

Sia chiaro che sono il primo a riconoscere che una seria analisi storica del periodo risorgimentale vada fatta, ma in maniera scientifica, da persone realmente competenti, che ne smussino alcuni miti. E’ certo però che la storia non può essere fatta, mi consenta, con gesti - come la lapide di Genova - che presentano, sempre a mio avviso, alcuni aspetti di populismo che stonano con la tradizione di Genova che, nel movimento risorgimentale non fu certo tra le ultime protagoniste.

Credo sia ora di finirla con gli attacchi ai simboli che rappresentano la nostra storia unitaria sia monarchica che repubblicana. Gli ultimi due capi dello Stato Ciampi e l’attuale non hanno mai smesso di richiamare la memoria storica della nazione a quel periodo. Ripeto che ormai tutti si è consci che tra il 1820 ed il 1870 si verificarono atti orribili e deprecabili, ma che sono, purtroppo, atti inevitabili in ogni evento epocale quale la lotta per l’indipendenza nazionale fu. Si può e si deve discutere, ma ogni fatto deve sempre essere visto nell’ottica dei giorni in cui si verificò. L’Italia è una e non si discute. Oggi, in tempi di grave crisi, non solo economica, ma anche morale, sarebbe forse ora che gli italiani riscoprissero l’orgoglio di stringersi attorno a quelli che furono e sono i simboli attorno a cui i nostri avi vollero riconoscersi. Altrimenti tutto viene messo in discussione, con il vantaggio non sappiamo di chi. Non certo degli italiani.

Franco Ceccarelli e-mail

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