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La Repubblica Lunedì 1 dicembre 2008

Il lamento del monarchico

A Corvetto con la bandiera del nonno

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«CHE la repressione della rivolta di Genova sia stata un'operazione di polizia eccessiva è da condannare, d'accordo. Ma prendersela con Vittorio Emanuele II, che nel 1849 era l'unico sovrano costituzionale in Italia proprio no! è come se negli Stati Uniti qualcuno apponesse una targa contro George Washington...». Andrea Pedemonte Cabella, imprenditore alimentare e monarchico indefettibile nell'anima, ieri mattina ha tirato fuori la bandiera del nonno (con stemma sabaudo al centro, ovvio) e con una ventina di amici di ugual sentimento ha raggiunto piazza Corvetto. Per lasciare un mazzo di fiori ai piedi della statua di Vittorio Emanuele II, "offesa", a detta dei monarchici, dalla scelta del Comune di piazzarle proprio di fronte la targa che condanna il bombardamento e le violenze da parte dei bersaglieri di Lamarmora, oltre «all'indebita annessione» al Regno di Sardegna del 1815. «Siamo i nipoti dei nipoti di coloro che quella statua l'hanno pagata, visto che se c'è è per opera di una sottoscrizione popolare: il Comune non ci ha mai messo una lira, e ora... la scelta di apporre quella targa, e proprio da parte dell'amministrazione, a noi sembra un'offesa al primo capo di Stato italiano», rincara Michele Forino, avvocato, già leader dei monarchici genovesi (dimessosi dopo l'arresto di Vittorio Emanuele, a segnare la distanza dalle persone, ma non dall'idea). «Peraltro, il duca d'Aosta era venuto già anni fa a rendere omaggio ai caduti del 1849, sepolti nella cripta del Padre santo, cosa c'entra ora questa accusa a Vittorio Emanuele?», si chiede ancora Pedemonte Cabella. E Forino: «Se la targa deve rendere giustizia alle vittime di una repressione, perché il Comune non pensa a metterne una per le vittime di Scelba o per i fatti della Diaz?».

Donatella Alfonso

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