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Gens Ligustica in Orbe N. 1/2009 marzo 2009

Archivi della memoria

In piazza Corvetto una targa ricorda le vittime del sacco di Genova

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Il 26 novembre 2008, il Comune e diverse associazioni cittadine hanno scoperto una targa in onore dei genovesi che nell’aprile del 1849 caddero per i bombardamenti e per le sanguinose azioni di rappresaglia dell’esercito sabaudo. La targa è stata posta in piazza Corvetto, non lontano dal monumento equestre a Vittorio Emanuele II di Savoia, lo stesso re che in quell’occasione ordinò il massacro di molti “pacifici cittadini” genovesi.

Dopo gli armistizi di Salasco (1848) e di Vignale (1849), che sancirono di fatto la sconfitta delle truppe italiane subita ad opera dell’Austria nella prima guerra di indipendenza dell’Italia, lo sconforto era palpabile nei territori del regno Sardo-Piemontese. Ad essi, nel 1815, fu forzatamente annessa anche la Liguria. A Genova, il rimpianto per la autonomia persa nel 1797 (o, se si vuole, il 27 dicembre del 1814, dopo il Congresso di Vienna, se si tiene conto anche degli otto mesi della “rinata” Repubblica di Genova dopo la parentesi “francese”) e la assai difficile crisi economica portarono a una rivolta che i Savoia decisero di reprimere inviando contro la Superba un esercito guidato dal generale Alfonso La Marmora.

Dell’episodio di allora, noto come il “Sacco di Genova”, non si parlò molto fino a quando una delibera comunale del 2006 decretò la messa in posa di una targa che, finalmente, dopo 159 anni e mezzo di quasi oblio, ha ricordato le tante vittime cadute fra la popolazione inerme per bombardamento.

«La memoria – ha dichiarato Franco Bampi, presidente del Movimento indipendentista ligure – non è soltanto ricordo, è anche fonte dell’identità di un popolo. L’episodio del 1849 fu rimosso, i Savoia spesso riuscivano a cancellare ciò che nuoceva alla loro causa. L’annessione trascinò la città nella miseria e nella depressione economica. Nel 1818 su 80 mila abitanti si contavano ben 20 mila soldati piemontesi. Nel 1849 i bersaglieri che uccidevano e stupravano gridavano: “Dov’è Balilla?”, evocando sprezzantemente l’eroe della rivolta del 1746. Si trattava di una rivolta antipiemontese, non antiaustriaca. I soldati bombardarono anche l’ospedale di Pammatone, causando decine di vittime, sepolte nella chiesa del Padre Santo: fu un atto di guerra contro Portoria il cui nome venne cancellato e sostituito con Piccapietra, che non ha alcuna radice storica».

Gens Ligustica in Orbe - Anno XX - N. 1/2009 (formato pdf) tratto dal sito Associazione Liguri nel Mondo

Il presidente del consiglio comunale Giorgio Guerello e il professor Franco Bampi scoprono la targa posta in piazza Corvetto a Genova in memoria dei caduti genovesi sotto le bombe dell’esercito guidato dal generale La Marmora del 1849.

Sotto una delle bombe lanciate dai cannoni di La Marmora su Genova è visibile ancora oggi in via Porta Soprana al 23. A seguito del bombardamento, invalse l’uso fra il popolo di murare “in loco” le palle di cannone che avevano colpito le abitazioni. Questa è una delle poche superstiti, sopravvissuta alle numerose demolizioni delle quali è stata oggetto la città vecchia, nell’area compresa fra Pammatone e Porta Soprana, il cuore della Genova di allora.

Questa bomba è stata murata dentro un alloggio in Campetto ed è tuttora presente. Resta da decifrare la scritta. È stato proposto che possa significare: “Fu Bombardata Genova – giorno 5 aprile 1849”

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