GENOVA, LI 28 febbraio 1989
Al sig. Presidente della Commissione
per la toponomastica cittadina
corso Torino, 11
GENOVA
Questo sodalizio, facendosi interprete dei sentimenti di quei
genovesi che hanno a cuore le sorti, l'immagine e la memoria storica della loro città,
intende protestare vivamente per la provocatoria decisione - cui codesta Commissione
è pervenuta con deplorevole leggerezza e insipienza - di intitolare al corpo dei
Bersaglieri il tratto di strada collegante via Gramsci con la piazza del Principe,
già teatro - 140 anni or sono - della sanguinosa repressione ordinata dal generale
La Marmora, Commissario del governo piemontese in Liguria.
Nell'aprile del 1849, infatti, le milizie sabaude,
entrate senza colpo ferire dalla porta della Lanterna (per il
tradimento di un ufficiale addetto a quel presidio), si
abbandonarono ad atti di inaudita ferocia nel cuore dell'antica e gloriosa Repubblica
marinara, rinnovando le scelleratezze dei lanzichenecchi di manzoniana memoria. Quella
"banda" di 30.000 soldati (in prevalenza Bersaglieri e Carabinieri) soffocò spietatamente
gli aneliti di libertà di una popolazione di appena 98.000 anime (un armato ogni tre
abitanti!): è come se ai giorni nostri un esercito di 250.000 effettivi occupasse
Genova con libertà di sacco. Queste le benemerenze, in terra ligure, del corpo dei
Bersaglieri!
I nostri amministratori civici, che in passato - sensibili
alle istanze popolari - dedicarono un importante arteria del quartiere d
i Marassi ad una vittima illustre di quelle efferatezze, Alessandro De
Stefanis, oggi hanno voluto, per basso calcolo elettorale, onorarne
anche i carnefici, dimostrando che il sacrificio di
quell'ardimentoso (i cui resti riposano nel Santuario dell'Assunta in Oregina) e di
tanti altri martiri per la causa dell'indipendenza (inumati in gran parte in una
fossa comune presso la chiesa dei Cappuccini di via Bertani) non è valso ad apprendere
alcun che alle nuove generazioni.
Neppure il fascismo, che pure identificava nei Bersaglieri
la sua immagine spavaldamente guerriera (Mussolini aveva militato nei Bersaglieri,
e Bersaglieri avevano combattuto nella guerra civile spagnola a fianco dei falangisti),
ebbe una simile impudenza!
Del resto, i fanti piumati non si distinsero certo in Crimea,
dove i caduti furono appena 12 su 18.000 uomini, o nella presa di Roma, occupata
già nel primo mattino di quel fatidico 20 settembre 1870 dalle truppe di Nino Bixio,
molte ore prima, quindi, che vi facessero il loro ingresso, per la porta Pia,
i nostri campioni.
Fatte queste precisazioni e considerato che, con i tempi
che corrono (nei quali tanti falsi eroi usurpano sulle lapidi cittadine il
posto ad altrettanti figli della Superba che si coprirono di vera
gloria), ben difficilmente qualcuno troverà il coraggio
civile di revocare un provvedimento che suona ad offesa della coscienza di ogni genovese,
si abbia almeno la decenza di trasferire il toponimo incriminato, unitamente a quelli
dedicati alle altre Forze Armate, in una diversa zona urbana (dove, ad esempio,
campeggiano denominazioni incredibilmente assurde o fantasiose), e si riservi,
alle vie che si affacciano sulla sontuosa dimora del Principe, l'intitolazione
agli altri insigni esponenti di quella nobile famiglia: Ansaldo, Simone, Nicolò,
Oberto, Lamba, Luciano, Pietro, ecc.
L'occasione delle prossime celebrazioni colombiane favorisce
una siffatta operazione che, oltre a rappresentare un doveroso omaggio a
quanti diedero lustro, con le loro imprese, alla patria comune, potrebbe
anche avere un auspicabile seguito con la creazione di nuovi toponimi a
ricordo dei dogi della Dominante i quali, stranamente,
non hanno diritto di cittadinanza sulle nostre targhe stradali.
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