Avanti Savoia. Pagando
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Il Secolo XIX Domenica 4 gennaio 1998

STORIA & POLEMICHE
Due proposte per il ritorno dei reali

Avanti, Savoia. Pagando

Un rientro da 25 miliardi. «Ma via la statua»

Avanti, Savoia. Ma senza fretta, e pagando un cospicuo pegno ai genovesi. «Abbiamo quantificato la somma dovuta in 25 miliardi - dice Giorgio Doro, ex presidente della circoscrizione di Portoria e fondatore del Comitato "Martiri genovesi del 1849" - se i discendenti dei reali vogliono tornare in Italia è giusto che rimborsino la città per le vittime civili, gli stupri, le violenze alle persone che abbiamo dovuto patire».

Il Re Galantuomo - sic! - che trucidò e ingiuriò il popolo genovese   

Il monumento equestre a Vittorio Emanuele II in piazza Corvetto

È il ritorno dei Savoia che accende passioni sopite, risveglia ricordi che ormai fanno parte della storia. E fa discutere storici e politici come attorno a fatti di ieri. «La colonizzazione piemontese dopo l'annessione forzata voluta dal congresso di Vienna portò, nel 1849, alla rivolta - ricorda Doro - la repressione dei Savoia tramite Lamarmora fu spietata, e non vi fu in seguito nessun risarcimento». Fatti antichi, vecchi più di un secolo, che oltrettutto sembravano cancellati dall'atto di riparazione compiuto pochi anni fa dal duca Amedeo d'Aosta, in occasione del raduno nazionale del corpo dei bersaglieri organizzato proprio ai piedi della Lanterna.

La storia è nota. Nel 1849 Genova è una piccolissima pedina schiacciata tra Paesi molto più forti e asservita al Piemonte di Vittorio Emanuele II, ma la sua autonomia repubblicana è ancora fresca. La breve ribellione d'aprile contro il conquistatore sabaudo viene domata nel sangue, i cannoni seminano distruzione, le cronache dell'epoca registrano assassinii a sangue freddo, stupri e ogni crudeltà ai danni di cittadini inermi. «Non merita riguardo una città di ribelli», sentenzia il generale Alfonso Lamarmora, dando il via al sacco, al termine del quale si conteranno oltre cinquecento morti.

Centocinquanta anni dopo, nel 1994, il duca Amedeo di Savoia depone una corona di fiori sulla tomba di Alessandro De Stefanis, una delle vittime, accompagnandola con parole di umiltà: «Vengo a portare pace».

«Il gesto del duca di Savoia di porre una corona di fiori in omaggio alle vittime civili è stato certamente un atto giusto e dovuto - incalza Doro - purtroppo nulla si è mosso da parte dell'altro ramo dei Savoia. Il loro ritorno prossimo venturo in Italia ci ha fatto pensare di ricorre alla Corte di giustizia dell'Unione europea, a cui consegneremo le prove storiche delle violenze a cui fu sottoposta la popolazione, contro le leggi internazionali di allora e di oggi. Abbiamo quindi deciso di richiedere ufficialmente un'indennità a favore di tutta la popolazione genovese e in particolare agli eredi delle vittime». In soldoni? «Da calcoli approssimativi, non meno di 25 miliardi, una somma non alta per i Savoia, da devolvere a favore del Gaslini o per un centro di assistenza agli anziani».

La storia torna a bussare alla cronaca, e a distanza di poco meno di 150 anni si moltiplicano le proteste per una repressione crudele che pose fine alla libertà di Genova. Come se il tempo non fosse mai passato. «Noi non ce l'abbiamo coi Savoia - dice Vincenzo Matteucci, guida dell'associazione Repubblica di Genova e protagonista di un'altra "richiesta danni" storici, alla Francia di Napoleone - ma non possiamo perdonare il re Vittorio Emanuele II, il vero responsabile di quei fatti, che ordinò la repressione di Lamarmora eppure ancora oggi è onorato con un monumento equestre in piazza Corvetto. Abbiamo iniziato una raccolta di firme per farla rimuovere, da presentare in Comune. Il fatto che gli eredi di Vittorio Emanuele tornino o no è un problema politico che non ci riguarda, la statua comunque se ne deve andare».

Bruno Viani

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