Villaggio e
Vittorio Emanuele
Vorrei manifestare il disappunto e l'indignazione che ho provato (e
credo di non essere stato il solo) leggendo l'articolo di Paolo Villaggio,
pubblicato su "Il Secolo XIX", riguardante l'opportunità o meno
che in piazza Corvetto campeggi la statua equestre di re Vittorio Emanuele
II. Posto che nella Repubblica delle Banane (con tante scuse a questi
ottimi frutti), che si permette di pregiudicare i propri rapporti
internazionali e di mettere a repentaglio il proprio prestigio e il
proprio onore ospitando terroristi (era all'epoca in Italia il curdo
Ocalan, ndr), ci sarebbero cose più importanti cui pensare, mi accingo a
fare qualche considerazione sulle parole di Villaggio.
Egli vede la Storia filtrata attraverso due spesse lenti
"rosse", che gli mostrano il periodo monarchico come quello di
Bava Beccaris, del fascismo, delle persecuzioni antisemite. Vero. Ma
perché non ricordare anche che i Savoia hanno portato a compimento
l'Unità d'Italia e che hanno riunito alla Madre Patria Venezia, Roma,
Trento, Trieste?
Soprattutto, è inammissibile che Villaggio se la prenda con l'Altare
della Patria e con la tomba del Milite Ignoto: tralasciando i giudizi di
ordine estetico, non si può infangare il ricordo dei 650.000 italiani che
hanno sacrificato la vita per fare grande l'Italia. Eppoi, perfino D'Alema
ha reso onore (seppure, ritengo, per puro obbligo istituzionale) all'altare
della Patria. Dunque, Villaggio si adegui.
Lorenzo Ionata
Genova
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