[ Indietro ] Il Secolo XIX Domenica 19 dicembre 1999Alla cerimonia del Confeugo il sindaco annuncia un simbolico ritorno all'antica grandeur Pericu: grifoni, coda in alto!Via dallo stemma comunale l'affronto dei Savoia
«Cambierà lo stemma di Genova. I due grifoni avranno di nuovo la coda alta e orgogliosa!». Entusiasta e fiero, il Doge dl questo secolo, cappotto grigio e fascia tricolore, annuncia un curioso cambiamento: «I grifoni che rappresentano la città - spiega il sindaco Giuseppe Pericu - hanno sempre avuto la coda alta. Nei secoli, il disegno venne corretto e la coda abbassata. Ma ora - è la promessa alla folla che assiste alla tradizionale cerimonia del "Confeugo" - è il momento di rialzarla». Volge così alla conclusione una vicenda tra araldica e voglia di autonomia, cominciata anni fa, quando anche le associazioni culturali chiedevano il ritorno all'antico stemma. Per la prima volta, la giunta ha emesso una delibera sul grifone "umiliato". Un centinaio di persone, raccolte nell'atrio di palazzo Ducale applaude soddisfatta: applaude alla metafora suggerita da Pericu che vuole Genova di nuovo grande e oltre la crisi, e omaggia quella pratica burocratica, ormai a buon fine, che culminerà con un decreto del presidente della Repubblica: cancellando definitivamente il sottile atto di prepotenza imposto dai Savoia. Nel 1816, fu Vittorio Emanuele a pretendere che, nello stemma dell'antica Repubblica, le fantasiose e rampanti creature tenessero la coda verso il basso come a chinare il capo di fronte alla casata nobiliare. L'annuncio del sindaco scalda la leggiadra atmosfera del Confeugo, la cerimonia medievale ricordata, ieri mattina, tra musica e poesia, stendardi e broccati di dame e cavalieri. Li avevano cuciti le studentesse del professionale "Duchessa di Galliera" non sfigurando certo accanto ai gruppi storici Sestrese, Sextum, e Compagnia Balestrieri del Mandraccio. «Ben truvou Messê o Duxe», dice l'Abate di oggi, il presidente della A Compagna Alessandro Casareto. «Benvegnuo messê l'Abbou», ribatte composto il Doge Pericu rinnovando un saluto di natale celebrato fin dal Cinquecento. Si trattava, così come rivela un documento custodito alla biblioteca Berio, un incontro solenne previsto per il 23 dicembre, tra Doge e Abate. Ogni anno, la cerimonia del Confeugo viene ripetuta, tra tradizione e folklore, per suggellare la concordia delle parti: tra il rappresentante del popolo e quello del Palazzo. Anche il nuovo disegno del grifo, sottolineano a Tursi, è un invito all'unione. Un segno di speranza. Sulla scalinata di fronte a palazzo Matteotti, tra due ali di folla, il giovane "Cintraco" (Marco Pepé del Circolo culturale Amon), presenta il Confeugo: il tronco di alloro comincia a bruciare e sarà l'ultimo di questo Millennio. L'Abate, il presidente della A Compagna, avanza le richieste del popolo: valorizzazione della storia e della cultura locali, ripresa del centro storico e utilizzo delle aree portuali non soltanto per un turismo mordi e fuggi. Quindi, l'architetto Casareto presenta un impegno formale al sindaco: perché si impegni a ricordare la figura di Paganini degnamente. Compie 900 anni il Comune di Genova e almeno per questo, ricorda l'Abate Casareto, varrebbe la pena di riportare a Genova gli Annali del Caffaro che dall'era napoleonica, si trovano a Parigi. Il pubblico, radunato sotto il portico del Ducale, trema per l'aria gelida ma ascolta con un tifo da giovanissimi: la Curia con l'Istituto ligure di storia patria ha cominciato a pubblicare una storia della città, è l'altro annuncio del Doge di oggi. Il quarto volume verrà edlto per il 2004, anno della cultura. Nel 2001 arriveranno a Genova i "potenti della terra": l'appuntamento è quello del "G7" futuro G8, quando entrerà la Russia. E Genova dovrà accogliere 10 mila persone. «Chiederemo - risponde il sindaco sull'oblio ufficiale di cui soffre Paganini - che il governo italiano inserisca nel museo genovese i manoscritti che ha appena acquistato». L'idea generale, che lega tutta la manifestazione è quella della storia che insegna per il futuro. La mostra "El siglo de los Genoveses", sempre a palazzo Ducale, abbraccia la solennità del Confeugo: l'alloro che arde, i poeti recitati in dialetto, le serenate cinquecentesche pizzicate dal maestro Gian Enrico Cortese. «Genova era un porto, inteso come "porta" - esordisce - anche per grandi musicisti. Non soltanto per i mercanti». Ancora il sindaco: «I genovesi lavorano nel mondo ma in casa propria vogliono essere autonomi. Il grifone abbia di nuovo la coda alta». Annalisa Rimassa [ Indietro ] |