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Ritorno al mare: parte 3

Perduta la libertà, le città liguri, per ritrovare un ruolo nei mercati, devono attendere il genio politico di Cavour che riesce, pur con molta fatica per le incomprensioni dei genovesi, a coinvolgere i capitali di cui ancora dispongono nelle imprese di navigazione a vapore, nelle imprese manifatturiere e siderurgiche e nelle imprese ferroviarie, dando in cambio laute sovvenzioni e ricchi privilegi.

Genova, Savona tornano così al mare, La Spezia sul mare trova addirittura un inedito ruolo, quello di piazza militare e di primo arsenale del regno; ma anche Sestri Levante, Pietra Ligure e Finale hanno le loro avventure industriali lungo le rive, mentre Levanto, Varazze, Loano e Porto Maurizio hanno modo di reinserirsi nei traffici inter oceanici con la propria marineria.

I porti si ammodernano utilizzando gru e argani elettrici in sostituzione della forza delle braccia; Genova riceve dal marchese De Ferrari una dote straordinaria, venti milioni in lire oro, diventando così il primo porto commerciale e industriale del Paese e del Mediterraneo.

Nasce una nuova fase di crescita delle comunità liguri, inconsapevoli che le nuove fortune sono strettamente legate alla politica di potenza dello Stato italiano, intenzionato a fare della guerra lo strumento principe della sua azione.

E le guerre si perdono sempre: la prima guerra mondiale, che pure viene vinta, porta alla fine della democrazia e all'ascesa di un tiranno, la seconda, malamente perduta, porta alla distruzione di parte delle città liguri, della flotta e dei porti, anche se conduce al recupero delle libertà.

Oggi il sistema di protezioni pubbliche a favore della flotta e dell'industria di Stato è venuta meno, a causa delle scelte dell'Unione Europea, che ha condannato senza attenuanti le sovvenzioni statali dirette o indirette.

Così negli ultimi decenni, le finanziarie pubbliche, Fisinder, Finmeccanica, Finmare ed Enimont sono state costrette a smobilitare e si è aperto un grande vuoto economico e sociale a Genova, a La Spezia, a Savona, ma anche a Sestri Levante, a Cogoleto, a Vado, a Pietra Ligure, a Finale e nell'intera Val Bormida.

A causa di questo vuoto, genovesi e liguri sono nuovamente costretti ad affrontare la grande pianura liquida e i mercati finanziari, ormai privi di barriere, così stanno ripercorrendo rotte abbandonate da secoli negli sterminati campi della marineria, della finanza e del commercio globale.

Già si avvertono i segni di una ripresa che viene resa manifesta dal recupero dei "Water Front" di Genova, per mano dell'architetto Piano, e di Savona per mano dell'architetto Bofill. Vengono anche costruite delle splendide promenade a Pegli, Cogoleto, Varazze, Finale, e dopo lo spostamento a monte della ferrovia, anche nelle città comprese tra Finale e San Remo.

I mutamenti in atto dell'economia mondiale, aggredita dalla rivoluzione informatica e da Internet e trascinata dalla forza accumulatrice delle attività marittime e portuali, ripropongono la centralità del Mediterraneo che, infatti, in pochi anni, malgrado le guerre che insanguinano i Balcani e il Medio Oriente, è diventato uno spazio di traffici intensi, connotati da potenzialità a dir poco esplosive.

Le regioni rivierasche vengono così rivalutate, sicché per le comunità liguri si offrono delle opportunità fino a pochi anni fa del tutto impensabili.

Non si tratta solo di speranze: Genova può ridiventare il fattore di traino dell'intera comunità ligure e contribuire allo sviluppo del Paese se saprà ad un tempo aprirsi al nuovo e recuperare la propria antica civiltà.

Si tratta di un complesso di valori, quali la centralità del ruolo degli scambi, il dialogo alla pari tra le culture, il rispetto della dignità di ogni uomo, il riconoscimento del diritto di sottoscrivere dei patti, il neutralismo attivo, nei quali si riconosce la parte migliore del mondo contemporaneo.

Genova può quindi presentarsi nuovamente come Superba, degna del ruolo offerto dalla Comunità Europea di capitale europea della cultura del 2004, perché ad un tempo libera, aperta al nuovo, capace di arricchirsi, ma anche radicata nel mito di Giano bifronte, sempre aperto al dialogo con chiunque sappia darsi da fare ed abbia in mano il ramo d'ulivo, simbolo di pace.

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