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La copertina del libretto in grandezza naturale

La storia è utile non già perché
vi si legge il passato, ma perché
vi si legge l'avvenire.

I. B. SAY

EPOCA ANTICA

La posizione geografica di Genova, addossata a colline, lievi e verdi, che cingono e riparano una insenatura sicura e quieta ci fa pensare che da antichissimo tempo essa dovesse essere rifugio della primitiva gente che qui doveva fiduciosa ristarsi, sia nel caso che vi arrivasse da lunga ed errabonda navigazione mediterranea, sia che vi giungesse per via di terra, seguendo le vallate che digradano dall'Appennino.

Data appunto la continuità della vita in questa zona, che dovette subito apparire di grande importanza marinara e mercantile, sono state disperse le tracce del periodo preistorico e si sono ritrovate solo tarde vestigia dei primi abitatori.

Essi, di razza ligure, fin dal 7° secolo furono in relazione con i Greci, poi con gli Etruschi e coi Cartaginesi, assimilandone i costumi ed elevandosi ad un notevole grado di civiltà, come attestano gli avanzi marmorei o fittili (tombe e vasi), trovati all'imbocco della vecchia via Giulia, quando si aprì la nuova via XX Settembre.

Genova città può dirsi quindi fondata, o per lo meno fiorente, nella stessa epoca in cui fiorirono le altre città greche del Mediterraneo (Marsiglia, Piombino) e le altre città etrusche (Luni, Pisa).

Notizie storiche tuttavia di Genova si hanno solo dall'epoca romana ed il primo documento in cui siano nominati i genovesi è la famosa «tavola di bronzo» dell'anno 117 a. C. (scoperta in val Polcevera nel 1506) ove è riportata la decisione presa da una commissione mandata da Roma per definire il confine fra Genuates e Vitruvii.

Si sa tuttavia che nel 218 a. C., durante l'invasione di Annibale a Genova, rimasta fedele ai Romani, sbarcò il console Publio Cornelio Scipione, che frettolosamente tornava dalla Gallia, per tentare di arrestare la marcia del Capitano cartaginese.

Per questa sua fedeltà ai Romani, Genova fu assalita da Magone, fratello di Annibale, che la distrusse, portandone il bottino a Savona, schieratasi a favore dei Cartaginesi (205 a. C.).

Due anni dopo (203 a. C.) la città fu riedificata dal pretore Spurio Lucrezio, fu nominata socia di Roma, cui fu allacciata mediante una strada consolare. La storia di Genova allora si confonde con quella di Roma, alle cui vicende partecipa in modo notevole, sia per la sua posizione strategica e sia per la perizia marinaresca dei suoi abitanti, che furono validi cooperatori tanto nella guerra mitridatica, quanto in quella contro i pirati.

La città fu Municipium, sicura sede della flotta, sì che quivi, Agrippa, ammiraglio romano, costruì il suo palazzo, i cui ruderi si veggono tuttora sotto la Chiesa di S. Maria delle Grazie. Negli anni successivi, data la crescente importanza di questa città, il porto fu ingrandito, fu allacciato col retroterra, mediante nuove strade e si estese l'Oppidum, che, seguendo le norme che regolavano la formazione dei «castra» romani, si distendeva sulle pendici del colle di Sarzano, sul cui vertice si erigeva l'Arx.

Sotto Augusto, quando l'Italia fu divisa in province, la Liguria rappresentò la IX provincia; sotto Costantino fu provincia consolare ed ingrandita di territorio; sotto Giustiniano la provincia prese il nome di Genova.

Secondo la tradizione, la Liguria fu convertita al Cristianesimo molto presto, per opera di S. Nazaro e di S. Celso, discepoli degli Apostoli, che si crede siano sbarcati sulla spiaggia detta appunto di S. Nazaro, presso cui era costruita una delle più antiche chiese, che fu deplorevolmente sacrificata alle cosiddette esigenze della viabilità moderna.

Non si hanno notizie storiche attendibili sugli inizi del Vescovato genovese: si ricorda San Salomone come uno dei primi e poi San Siro di Struppa, cui fu dedicata la prima cattedrale genovese, ove fu sepolto.

A Genova, come nelle altre città italiane di quell'epoca fortunosa, il popolo sentiva maggiormente la sua dipendenza dal suo Vescovo che non dal lontano Imperatore di Costantinopoli; tuttavia nominalmente Genova continuò a far parte dell'Impero bizantino, il quale si faceva saltuariamente rappresentare da un Duca.

Per la sicurezza delle sue fortificazioni e per la sua ricchezza, durante tutto il periodo delle invasioni barbariche, Genova risentì meno delle altre città italiane gli effetti dolorosi di quell'epoca travagliata, tanto che non solo poté resistere all'invasione longobarda, ma offrì sicuro rifugio ai cittadini di altre regioni italiane, che cercavano di sottrarsi alle persecuzioni dei feroci barbari. Qui anzi trasportò la sua sede Onorato, vescovo di Milano, ed i presuli milanesi vi conservarono Curia e possessi per circa settant'anni. Nel 641 purtroppo anche Genova fu conquistata da Rotari, che la ridusse a Borgata, facendone abbattere le fortificazioni.

L'attività marinara di Genova non si spense per questo, ché anzi delle navi genovesi si servirono i nuovi dominatori per tentare l'occupazione di altre terre o per difendersi dai pirati arabi e tale attività i Genovesi continuarono anche sotto il dominio dei Franchi, al comando di un Conte di Genova, Ademaro, che morì combattendo sulla «Armata d'Italia» contro gli Arabi che devastavano la Corsica (a. 806). La lotta contro i pirati divenne una necessità quando gli Arabi, padroni della Sicilia, ed annidati a Frassineto, nella Riviera di ponente, apparvero una continua minaccia per il commercio e le terre di Genova, la quale, anzi, nel 935 subì il saccheggio di S. Siro, sua cattedrale. Allora fu costretta ad iniziare la costruzione di S. Lorenzo per avere una cattedrale entro le mura; provvide a rafforzare nello stesso tempo le fortificazioni che portò fino a Castelletto ed accrebbe il numero delle navi per la difesa dei mari.

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